Il Sole 24 Ore

Conte frena sul referendum per la Tav Salvini: lavori avanti, ma meno costi

Pressing delle opposizion­i per una mozione. Di Maio: se non sta in piedi non si fa Boccia: opere urgenti, non possiamo aspettare una consultazi­one popolare

- Manuela Perrone

Conte media, allontana il referendum come «ipotesi prematura» e prende tempo. Di Maio chiude. Salvini insiste. Sulla Tav va in scena il gioco delle parti per ritardare ancora la resa dei conti all’interno del Governo. Mentre il Pd incalza, con una mozione presentata dal gruppo in Senato che chiede di «procedere in tempi brevi alla prosecuzio­ne dei lavori, sbloccando gli appalti in capo a Telt».

In attesa della doppia analisi definitiva che dovrebbe essere pronta entro fine gennaio - quella economica costibenef­ici firmata dai consulenti guidati da Marco Ponti e quella giuridica del ministero delle Infrastrut­ture- dal M5S parte la carica contro l’opera. Al «non si fa» di Alessandro Di Battista si uniscono quelli del Guardasigi­lli AlfonsoBon­a fede (« Costa 20 miliardi per far risparmiar­e 20 minuti al trasporto merci», frase bollata subito come fake news da Piero Fassino) e di Roberto Fico, che al Fatto Quotidiano consegna il suo niet :« IlM5Sè costituzio­nalmente contrario all’opera». Di Maio, anche per fugare le voci secondo cui starebbe lavorando a una mediazione con i leghisti rispettosa del contratto di governo (che prevede l’«impegno a ridiscuter­e integralme­nte» la Tav), sfida la Lega: «Se un’analisi dei tecnici dice che non sta in piedi, si blocca il processo di costruzion­e».

Salvini, dal canto suo, continua a confidare in un’intesa: «C’è un progetto, si può rivedere se ci sono costi esorbitant­i, l’importante è avere il tunnel. Sono convinto che troveremo un’intesa, altrimenti penso che la parola debba passare agli italiani». Ma a frenare sull’idea di un referendum interviene il premier. «Non ha senso parlarne ora, è prematuro», dice Conte. «Qualsiasi consultazi­one non deve esprimersi su reazioni emotive o consensi ideologici, manichei, ma deve muovere da un consenso informato». Se emergerà «un’ istanza diffusa» si vedrà. Ma prima« il Governo nella sua piena responsabi­lità e collegiali­tà valuterà i pro e i contro e farà una sintesi finale».

Questo è il problema: la sintesi. Chi parla di un “piano B” - che contempli lo stop alla stazione di Susa progettata dall’archistar Kengo Kuma e l’addio o il rinvio della galleria da Bussoleno a Torino - sottolinea i possibili risparmi: 2 miliardi. «Si può migliorare l’impatto ambientale e si possono ridurre i costi nell’ambito di una rimodulazi­one concordata con la Francia e l’Europa», spiega il leghista Edoardo Rixi, viceminist­ro alle Infrastrut­ture. «Ma la Tav va fatta: rinunciare significa andare incontro a sanzioni. Una decisione va presa prima delle europee».

Mentre in Francia oggi nella piana di Saint-Jean-de Maurienne partono le demolizion­i propedeuti­che alla realizzazi­one di una stazione provvisori­a in capo a Sncf Reseau, nei prossimi giorni potrebbe tenersi in Italia un vertice di maggioranz­a. «Non si può aspettare il referendum per attivare opere che determinan­o occupazion­e», afferma il presidente di Confindust­ria, Vincenzo Boccia. Anche perché sull’eventuale consultazi­one popolare è buio pesto: quello consultivo nazionale non è previsto dalla nostra Costituzio­ne; per avviare la macchina di quelli locali servirebbe­ro mesi. Ma alle europee, che dovrebbero coincidere con le regionali in Piemonte, ne mancano soltanto quattro.

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