Da Gillette (P&G) a Barbie (Mattel) i nuovi super eroi dei brand
Diversità, inclusione, rispetto, gentilezza: il nuovo storytelling propone campagne valoriali che strizzano l'occhio soprattutto ai millennial
L’uomo che non deve chiedere mai ha deciso di mettersi in gioco. Di più. Si è posto in ascolto, provando ad essere migliore. Così il produttore mondiale di lamette Gillette è arrivato a tagliare letteralmente col passato. Lo ha fatto a distanza di trent'anni, ribaltando completamente una campagna che ha segnato la storia del marketing. E riuscendo in poche ore a fare il giro del mondo, sulle prime pagine dei giornali e nelle conversazioni sui social.
Il brand della galassia P&G ha deciso di schierarsi contro bullismo, machismo, sessismo. Siamo lontani anni luce dalla “mascolinità tossica”, ha titolato anche il Guardian. Oggi l’uomo deve guardareconrispettoalmondofemminile.Unastrizzatad’occhioalmovimentoglobale#MeToo,giocatainquestocaso anche con un hashtag diventato manifesto valoriale: #TheBestMenCanBe.
Dalle narrazioni alle azioni: alla nuova campagna è associato un programma di beneficenza. L’impegno è di donare un milione di dollari all’anno per i prossimi tre anni a organizzazioni senza scopo di lucro con programmi che supportanogliuominiarealizzareazionipositive.«Dobbiamoreciprocamente responsabilizzarci, eliminando alibi legati ai cattivi comportamenti e creando uncambiamentoneglianni»,hadichiarato Gary Coombe, presidente di P&G Global Grooming. E nelle sue parole il prodotto lascia spazio all’impegno sociale. In fondo nella relazione con la marca è un cambio di baricentro. La campagna sta polarizzando l’attenzione, attirando elogi e insulti. Al punto che persino il #BoycottGillette è entrato in tendenza su Twitter.
Gli eroi positivi dei brand
Al bando i cattivi maestri, le marche intraprendono la via maestra dell’inclusione. Nascono così nuovi eroi declinati al positivo. Un approccio controcorrente in un mondo incattivito e nel quale si annidano odiatori di ogni sorta, specialmente su Twitter e Facebook, ma oggi anche sul social fotografico Instagram, un tempo protetto da immagini patinate. Non si tratta di una scelta isolata. Perché dagli uomini di Gillette si passa alle donne di Mattel. Il produttore mondiale delle Barbie ha deciso di lanciare una campagna dedicata ai sogni delle bambine. Per farlo ha scelto la prima donna italiana presente negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea. Ne è nata così una bambola con le sembianze di Samantha Cristoforetti (si veda il box in pagina).
Non è più il tempo della generazione “bro-culture”, ovvero di quell’alleanza maschilista ancora troppo diffusa tra i colossi della Silicon Valley e tra le nuove startup emergenti. A denunciare questa tendenza era stato qualche mese fa il New York Times. «Oggi stiamo registrando una doppia convergenza sulla domandaesull’offerta.Dalmercatocon i suoi consumatori e stakeholder arriva una richiesta esplicita all’organizzazione per un impegno etico e sociale. Perchégrandiorganizzazionidevonoavere grandi impegni. Dall’altro lato le aziende stanno uscendo dalla comfort-zone, andando oltre la stessa domanda. Ecco perché parliamo di inclusività come modalità di differenziazione del brand e rafforzamento dell’advocacy», afferma Giampaolo Azzoni, docente di relazioni pubbliche all'Università di Pavia.
Unatendenzalegataaun«corporate activism»chestaregistrandoun’accelerazione, in un percorso però attivo da tempo. «Vent'anni fa ci si rivolgeva a temidialtissimaconvergenza:salvaguardiadell’ambiente,dellasalute,deglianimali.Averevocicontrarieeradifficile.Le sceltedioggiinvecesonomoltodivisive. E su questo fronte c’è stata una crescita esponenziale», precisa Azzoni.
Brand a caccia di millennials
Prendere posizione scendendo in campo. E in rete. Mantenendo un legame con la comunità. Così il colosso bancario Hsbc ha tappezzato le stazioni della metropolitana londinese parlando di inclusione, il love-brand Ikea si è schierato contro la violenza alle donne anche in ambito familiare, il complesso Disneyland Paris ha lanciato la storia di un papero alla ricerca della sua guida. C’è poi il gigante del denim Levi's che ha lanciato una campagna contro le armi da fuoco: il brand donerà un milione di dollari a Everytown for Gun Safety, Ong fondata dall’ex sindaco di New York Michael Bloomberg.
Messaggi di inclusione veicolati con tecniche di storytelling accattivanti, coinvolgenti, empatiche: l’istituto bancario austriaco Erste Group ha lanciato il cartoon di un riccio alle prese con un abbraccio collettivo. E ancora la Fondazione Cariplo ha intercettato l’interesse dei più giovani con la web-serie Involontario, prodotto in cinque episodi realizzato con Officine Buone all’Istituto Nazionale dei Tumori. Iniziative che guardano ai millennial: oggi il 75% di loro è orientato ad acquistare prodotti e servizi da brand impegnati socialmente o politicamente.
L’impegno coinvolge anche le piccole e medie imprese. Un’agenzia immobiliare svedese ha creato il muro della gentilezza sulle strade innevate di Uppsala. «Prendi un cappotto se hai freddo. Lascia un cappotto se non lo usi più»: questo il messaggio che racconta il cubo attaccapanni.
Scelte coraggiose, visionarie, anche divisive. Ma attenzione. Queste sfide si vincono nel tempo e la misura dell’efficacia è legata a coerenza, autenticità, continuità. Ne è convinto Azzoni. «Le aziende operano nell’economia dell’attenzione e la sola notorietà del brand ha immediate ripercussioni sullo scaffale. Ma non basta. Il consiglio è di non impegnarsi in narrazioni valoriali che potrebbero far emergere incoerenze». Perché in questo mondo connesso smascherare un brand sta diventando pratica ricorrente.