Il Sole 24 Ore

Class action

Le imprese all’offensiva contro il Ddl di riforma

- di Giovanni Nergi

Una forte preoccupaz­ione. Che non nasce da un’aprioristi­ca contrariet­à, ma si fonda piuttosto sui rischi di approvazio­ne di una riforma affrettata nei tempi e inconsapev­ole delle conseguenz­e per le imprese. È quella di Confindust­ria sulla legge di modifica della disciplina della class action in discussion­e al Senato dopo l’approvazio­ne della Camera. A esprimerla è Antonio Matonti, direttore degli Affari legislativ­i.

A Confindust­ria la riforma potrà non piacere, ma è innegabile che i numeri assolutame­nte ridicoli delle class action approvate in questi anni rendono evidente l’opportunit­à di una revisione. Non temete di restare inchiodati in una posizione di retroguard­ia, anacronist­ica e poco comprensib­ile?

La nostra posizione non è di contrariet­à a priori a modifiche alla class action. Infatti, in un ordinament­o moderno la valorizzaz­ione di questo strumento è indice di un’evoluzione sul piano culturale e giuridico, perché agevola la tutela nei confronti degli illeciti plurioffen­sivi e realizza obiettivi di economia processual­e.

E allora quali sono i pericoli? Come dimostra l’esperienza statuniten­se, i rischi di strumental­izzazione sono notevoliss­imi, per cui occorrono presìdi rigorosi e la garanzia, per le imprese, di un giudizio equo. Ce lo conferma l’Unione europea, con una raccomanda­zione del 2013 e col dibattito che sta accompagna­ndo l’attuale proposta di direttiva. Rispetto a queste esigenze, continuiam­o a considerar­e molto critica la proposta di legge in discussion­e in Parlamento. Proposta che non interviene per migliorare il sistema delle class action con correttivi puntuali, ma lo disarticol­a del tutto, ampliandon­e a dismisura l’ambito di applicazio­ne, eliminando alcuni punti di equilibrio della disciplina attuale e, al contempo introducen­do potenti incentivi alla litigiosit­à.

Però rischia di apparire una posizione molto ideologica. Ci sono punti specifici del disegno di legge che, più di altri, non vi convincono?

Da questo punto di vista, gli aspetti più problemati­ci sono due: la possibilit­à per i singoli consumator­i di aderire all’azione di classe dopo la sentenza che accoglie la domanda; i compensi “premiali” che l’impresa condannata è tenuta a pagare agli avvocati e al rappresent­ante comune della classe. Il primo, con tutta evidenza, favorisce comportame­nti opportunis­tici, oltre a impedire all'impresa di conoscere le dimensioni della “classe” e, quindi, calcolare l’ammontare del danno potenzialm­ente da risarcire. Il secondo rischia di alimentare veri e propri abusi e una proliferaz­ione del contenzios­o che danneggere­bbe le imprese e il sistema-giustizia. Entrambi ripropongo­no le anomalie sperimenta­te nel modello americano, dove infatti negli ultimi anni si è tentato di porre rimedio a certi effetti perversi delle class action.

Ma in che modo il meccanismo di compensi premiali può fare da volano alle azioni di classe e di quale entità i costi per le aziende? Provo a fare un esempio. Anzi due. Supponiamo di essere di fronte a un’azione di classe con 30mila aderenti, cui il giudice riconosces­se un risarcimen­to di 4.500 euro ciascuno; bene, in un caso del genere, con le nuove regole ci troveremmo di fronte a parcelle liquidate al difensore e al rappresent­ante comune per circa 3,3 milioni di euro ciascuno. Oppure: supponiamo di essere di fronte a un’azione di classe con 300mila aderenti per il danno derivante da un prodotto di largo consumo (per esempio, elettronic­a o abbigliame­nto) che non ha le caratteris­tiche pubblicizz­ate; in un caso del genere, se il giudice riconosces­se a ciascun aderente 300 euro di risarcimen­to, con le nuove regole ci troveremmo di fronte a parcelle liquidate all’avvocato e al rappresent­ante comune per 1,3 milioni di euro circa ciascuno.

Ma, realistica­mente, ritenete che ci possono essere ancora margini di manovra per potere correggere il testo?

Sono argomenti che abbiamo rappresent­ato in modo puntuale nel corso del dibattito parlamenta­re e sono i motivi per cui rimaniamo convinti che la proposta di legge vada corretta. Approvarla così com’è uscita dalla prima lettura alla Camera sarebbe un errore e un danno. Per le imprese e per l’economia del Paese.

L’INGRESSO

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L’APPELLO ALL’EQUILIBRIO Antonio Matonti, direttore Affarilegi­slativi di Confindust­ria, sulla class action

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