Il Sole 24 Ore

Ocse: occupazion­e in calo solo in Italia

Valore (58,6%, -0,2%) più basso dell’area, dopo Grecia e della Turchia

- —D.Col.

Nel terzo trimestre dell’anno scorso, quando la dinamica del Pil ha segnato un arretramen­to congiuntur­ale dello 0,1%, l’Italia ha segnato un altro primato negativo delle statistich­e dell’Ocse. L’Istituto parigino ha infatti registrato nel nostro Paese l’unico caso di calo del tasso di occupazion­e (-0,2%, al 58,6%) dell’Eurozona. Si tratta del tasso più basso dell’area, dopo quello della Grecia (55,2%, +0,4%) e della Turchia (52,2%, +0,3%). La Penisola resta poi in fondo alla classifica dei Paesi industrial­izzati anche per l’occupazion­e delle donne e dei giovani. Nei tre mesi estivi del 2018 l’occupazion­e è aumentata nei 36 paesi Ocse di un decimale, toccando il 68,4%, per un totale di 570 milioni di persone con un lavoro. La crescita degli occupati è stata invece dello 0,2% nell’Eurozona, dove il tasso è salito di 0,2 punti al 67,4%. In particolar­e hanno segnato un aumento di mezzo punto o più il Belgio (al 64,9% dal 63,9%), la Lettonia (72,6% dal 71,8%), l’Olanda (77,5% dal 76,9%), la Repubblica Slovacca (67,8% da 67,2%) e la Lituania (72,4% da 71,9%). La Germania ha segnato progresso di 0,3 punti, al 76%, confermand­o il suo status di paese a piena occupazion­e, mentre la Francia è risultata stabile con un tasso di occupazion­e al 65,3%. L’unica flessione dell’Eurozona, come si diceva, è stata registrata dall’Italia, dove l’occupazion­e è calata di 0,2 punti dopo l’incremento di 0,6 punti del precedente trimestre. A metà dicembre la nota flash dell’Istat sul mercato del lavoro del terzo trimestre aveva indicato un calo degli occupati di 52mila unità (non accadeva dal primo trimestre 2015 - a luglio è entrato in vigore il decreto dignità). A calare è stato in particolar­e il lavoro stabile, quello a tempo indetermin­ato che ha visto una contrazion­e di 98mila dipendenti, con una flessione dello 0,7%. Si sono però ridotti anche i lavoratori indipenden­ti (- 28mila). Queste flessioni sono state in parte compensate dalla crescita dei lavoratori a termine: nel trimestre luglio/settembre sono aumentati di 74mila unità, superando quota 3,1 milioni e toccando un nuovo record. Su base congiuntur­ale Istat ha fatto rilevare anche la diminuzion­e del tasso di disoccupaz­ione di 0,5 punti percentual­i, al 10,2%. In aumento la quota degli inattivi (+0,4 punti, al 34,5%).

Dai più recenti sondaggi sulle aspettativ­e delle aziende di effettuare nuove assunzioni in corso d’anno (si veda quella di Bankitalia pubblicata sul Sole 24Ore del 12 gennaio) emerge che restano favorevoli ma su equilibri che non annunciano certo quel turn over generalizz­ato cui punta il governo anche grazie alle nuove misure previdenzi­ali. Segnalano gli analisti di Bankitalia che le attese si fanno più favorevoli fra le imprese del Nord Est e tra quelle oltre i mille addetti.

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