Dal crollo dell’auto in Cina un freno all’export
Verso Pechino -62%, perso un miliardo in 11 mesi Al palo Germania e Francia
Il traino lo scorso anno. La zavorra ora. È ancora il settore auto a condizionare le sorti dell’export tricolore, questa volta in peggio, sottraendo ai valori totali del made in Italy 1,3 miliardi di euro nei primi 11 mesi dell’anno. Il rallentamento della domanda mondiale di vetture ha una evidente responsabilità, anche se non spiega tutto. A calare in modo evidente (-15% in 11 mesi) è l’export di auto extra-Ue, in particolare in Cina. Dove tuttavia il primo calo in 20 anni del mercato, una frenata del 4,2%, non è coerente con una perdita di quasi i due terzi dei volumi per il nostro export, riduzione che vale in undici mesi un miliardo di euro e che evidenzia o un serio problema di gradimento dei nostri modelli a Pechino o un eccesso di ottimismo nelle consegne effettuate nel corso del 2017, che per converso aveva visto un boom senza precedenti, raddoppiando i valori del 2016. Peggior comparto nel mese (-16,2%), unico settore manifatturiero in rosso (-5,8%) nel 2018, l’auto mette un freno alle medie Istat, che a novembre indicano un calo dello 0,4% in termini congiunturali e un aumento di appena un punto rispetto all’anno precedente.
Debolezza su base annua diffusa a quasi tutte le aree, testimoniata dal +1,4% in Europa e dal +0,4% extra-Ue, risultati che riducono ulteriormente il già magro bottino del 2018: tra gennaio e novembre per il made in Italy resta una crescita del 3,5%, meno della metà rispetto a quanto realizzato nel corso del 2017.
Se i pesanti cali di Turchia, Russia, Medio Oriente e Svizzera vanno quasi ad azzerare il bilancio extraUe, in Europa il clima è più variegato, con crescite ancora interessanti in mercati non marginali come Spagna o Paesi Bassi. A pesare sulla media è però soprattutto la stagnazione degli acquisti di Francia e Germania, dove le crescite ci sono ma inferiori al punto percentuale.
Il brusco calo della produzione di auto in Germania, già concretizzato a novembre con un calo del 20% e proseguito a dicembre con la stessa intensità, sarà forse maggiormente visibile nel dato di fine anno, anche se qualche effetto è già riscontrabile. Le vendite oltreconfine di componentistica di gommaplastica, ad esempio, crescono solo dello 0,8% (+5,3% nei primi 11 mesi) e anche nei metalli (+3% rispetto al +9,7% del periodo gennaio-novembre) il rallentamento è evidente. E sono del resto numerosi (si veda il Sole 24 Ore del 12 gennaio) i fornitori italiani che segnalano nell’ultimo bimestre dell’anno cali di fatturato nell’ordine del 10-15%, proprio per effetto dello stop alle fabbriche di Berlino. La crescita degli acquisti tedeschi in media nel mese si ferma così allo 0,8%, negli 11 mesi è pari invece al 4,1%, segnalando anche in questo caso un trend per nulla favorevole.
Dal lato delle importazioni la crescita apparente è ampia (+3,4%), valore che tuttavia si dimezza all’1,6% escludendo dal calcolo l’energia e considerando solo la manifattura. Il saldo commerciale degli undici mesi si attesta poco oltre i 36 miliardi di euro, quasi 6,5 in meno rispetto allo stesso periodo del 2017.
La frenata dell’export tricolore non è isolata e coinvolge anche altri paesi europei, che tuttavia in termini di crescita riescono a mantenere un passo superiore. Rispetto al +3,5% dell’Italia tra gennaio e novembre, solo Bulgaria, Danimarca e Lussemburgo realizzano performance peggiori.