Il Sole 24 Ore

Tria: «Non cambiare il Dl Carige» Pronto l’ok al paracadute sui bond

L’ingresso dello Stato resta «un’ipotesi del tutto residuale»

- Gianni Trovati

Il decreto Carige non dovrà allargarsi, ma potrà ospitare interventi limitati «all’oggetto nel suo titolo». L’indicazion­e è arrivata ieri dal ministro dell’Economia Tria, nell’audizione alle commission­i Finanze di Camera e Senato. Il decreto, nell’ottica “ortodossa” rilanciata da Tria, serve a sostenere la banca ligure e la «soluzione di mercato»; e anzi dovrebbe a breve dare i suoi primi frutti con l’arrivo del via libera Ue all’applicazio­ne delle garanzie statali sui nuovi bond di Genova. Sotto questo ombrello, la banca dovrà ultimare il piano industrial­e e cercare sul mercato un candidato al matrimonio, che secondo Tria potrebbe essere attirato anche dai «tesoretti» come quello costituito dai crediti d’imposta presenti anche nei bilanci di Carige. In quest’ottica, l’intervento dello Stato nel capitale resterebbe un’ipotesi «del tutto residuale», e temporanea come impongono le regole Ue. Anche per questo, «è improprio accostarla a una nazionaliz­zazione», come hanno però fatto Salvini e Di Maio. La richiesta arrivata diretta da Tria di mantenere più o meno blindato il decreto, che in questo caso avrebbe il voto anche di Pd e FI, va letta su due piani. Il confronto più immediato è con la spinta M5S a utilizzare il provvedime­nto come treno per rilanciare la procura dedicata ai reati finanziari, i prelievi ai compensi dei manager per finanziare un fondo risparmiat­ori e lo stop alle porte girevoli fra ruoli di vigilanza e posti da amministra­tore (tutto anticipato sul Sole 24 Ore di ieri). Ma sullo sfondo resta l’idea, rilanciata per esempio ieri da Guido Crosetto (FdI), di tentare una «soluzione di sistema» per un settore del credito che resta pieno di incognite. L’ipotesi è ovviamente respinta da Tria, perché un rilancio sul punto moltiplich­erebbe gli allarmi sulle banche italiane. Ma molto dipende da come si muoveranno le prossime tessere del puzzle, a partire proprio da Genova. La prima tappa è rappresent­ata dal «sì» Ue alle garanzie sui bond Carige, che secondo le interlocuz­ioni fra Roma e Bruxelles dovrebbe arrivare a breve. Il via libera serve a dare gambe più solide al cantiere del piano industrial­e di Carige, che dovrà garantire il ritorno della banca a livelli di redditivit­à sostenibil­i e soprattutt­o aprire le braccia a un partner. E qui i punti interrovat­ivi superano le certezze. Oltre ai nodi su capitale ed Npl, sono tutte da affrontare le questioni di governance. Ieri Malacalza ha chiesto alla vigilanza Bce i documenti sul commissari­amento, e Francofort­e avrà fino a 40 giorni per rispondere o motivare la mancata risposta. La ricapitali­zzazione precauzion­ale prospettat­a dal decreto serve a preparare il terreno in caso di mancata soluzione di mercato. Ma l’eventuale ingresso dello Stato a Genova, oltre a diluire gli azionisti e a far pagare alle altre banche l’obolo sui 320 milioni prestati dal Fondo interbanca­rio, ha bisogno di un altro semaforo verde a Bruxelles, con il riconoscim­ento del rischio sistemico di un default di Carige.

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