Tria: «Non cambiare il Dl Carige» Pronto l’ok al paracadute sui bond
L’ingresso dello Stato resta «un’ipotesi del tutto residuale»
Il decreto Carige non dovrà allargarsi, ma potrà ospitare interventi limitati «all’oggetto nel suo titolo». L’indicazione è arrivata ieri dal ministro dell’Economia Tria, nell’audizione alle commissioni Finanze di Camera e Senato. Il decreto, nell’ottica “ortodossa” rilanciata da Tria, serve a sostenere la banca ligure e la «soluzione di mercato»; e anzi dovrebbe a breve dare i suoi primi frutti con l’arrivo del via libera Ue all’applicazione delle garanzie statali sui nuovi bond di Genova. Sotto questo ombrello, la banca dovrà ultimare il piano industriale e cercare sul mercato un candidato al matrimonio, che secondo Tria potrebbe essere attirato anche dai «tesoretti» come quello costituito dai crediti d’imposta presenti anche nei bilanci di Carige. In quest’ottica, l’intervento dello Stato nel capitale resterebbe un’ipotesi «del tutto residuale», e temporanea come impongono le regole Ue. Anche per questo, «è improprio accostarla a una nazionalizzazione», come hanno però fatto Salvini e Di Maio. La richiesta arrivata diretta da Tria di mantenere più o meno blindato il decreto, che in questo caso avrebbe il voto anche di Pd e FI, va letta su due piani. Il confronto più immediato è con la spinta M5S a utilizzare il provvedimento come treno per rilanciare la procura dedicata ai reati finanziari, i prelievi ai compensi dei manager per finanziare un fondo risparmiatori e lo stop alle porte girevoli fra ruoli di vigilanza e posti da amministratore (tutto anticipato sul Sole 24 Ore di ieri). Ma sullo sfondo resta l’idea, rilanciata per esempio ieri da Guido Crosetto (FdI), di tentare una «soluzione di sistema» per un settore del credito che resta pieno di incognite. L’ipotesi è ovviamente respinta da Tria, perché un rilancio sul punto moltiplicherebbe gli allarmi sulle banche italiane. Ma molto dipende da come si muoveranno le prossime tessere del puzzle, a partire proprio da Genova. La prima tappa è rappresentata dal «sì» Ue alle garanzie sui bond Carige, che secondo le interlocuzioni fra Roma e Bruxelles dovrebbe arrivare a breve. Il via libera serve a dare gambe più solide al cantiere del piano industriale di Carige, che dovrà garantire il ritorno della banca a livelli di redditività sostenibili e soprattutto aprire le braccia a un partner. E qui i punti interrovativi superano le certezze. Oltre ai nodi su capitale ed Npl, sono tutte da affrontare le questioni di governance. Ieri Malacalza ha chiesto alla vigilanza Bce i documenti sul commissariamento, e Francoforte avrà fino a 40 giorni per rispondere o motivare la mancata risposta. La ricapitalizzazione precauzionale prospettata dal decreto serve a preparare il terreno in caso di mancata soluzione di mercato. Ma l’eventuale ingresso dello Stato a Genova, oltre a diluire gli azionisti e a far pagare alle altre banche l’obolo sui 320 milioni prestati dal Fondo interbancario, ha bisogno di un altro semaforo verde a Bruxelles, con il riconoscimento del rischio sistemico di un default di Carige.