Il Sole 24 Ore

COME LIBERARE I 650 MILIARDI DI INVEST-EU

- Di Roberto Gualtieri e Federico Merola

La lunga crisi economica iniziata nel 2008 ha provocato una caduta senza precedenti degli investimen­ti pubblici e privati in tutta l’Unione europea (Ue). Negli ultimi anni le condizioni di investimen­to sono migliorate anche grazie a due iniziative promosse e sostenute dall’Italia durante il proprio semestre di presidenza dell’Ue: una interpreta­zione più flessibile del Patto di Stabilità e Crescita e l’adozione di politiche economiche innovative come quella del Fondo europeo per gli investimen­ti strategici (FEIS), base del cosiddetto Piano Juncker.

Tuttavia, il volume di investimen­ti in Europa resta ancora al di sotto del livello medio pre-crisi. Proprio per affrontare questo problema il Parlamento Europeo ha approvato martedì con una larga maggioranz­a il programma InvestEU, che punta a mobilitare 650 miliardi di euro di nuovi investimen­ti dal 2021 al 2027. InvestEU non è soltanto uno strumento che prosegue la positiva esperienza del FEIS ma, oltre a rafforzare il sostegno alle piccole e medie imprese, alla ricerca, all’innovazion­e e alle infrastrut­ture sostenibil­i – si propone di affrontare l’enorme gap di infrastrut­ture sociali nel campo dell’educazione, della salute e dell’edilizia sociale denunciato dal recente Rapporto Prodi.

Al fine di evitare che il diverso rischio Paese determini condizioni discrimina­nti per le varie aree dell’Ue, il programma chiarisce che il costo della garanzia dovrà essere esclusivam­ente legato alle caratteris­tiche e al profilo di rischio delle operazioni sottostant­i.

Inoltre, vengono stabilite condizioni di pricing più favorevoli per la costituzio­ne di piattaform­e di investimen­to, per interventi nelle aree a gap di investimen­ti più elevato o per iniziative nei settori con maggiore fabbisogno. Infine, viene potenziato il ruolo delle banche di promozione nazionale – CDP per l’Italia – permettend­o loro di accedere in parte alla garanzia europea senza passare necessaria­mente dalla BEI.

Ma anche il programma InvestEU, come il Piano Juncker, si fonda sulla relativa capacità di ciascun paese dell’Ue di attivare al proprio interno risorse addizional­i - soprattutt­o private - volte a conseguire il moltiplica­tore di 13,7 necessario a trasformar­e i 47,5 mld di euro di garanzie dell’Ue nei 650 mld di investimen­ti. In questa chiave può certamente essere letto l’accresciut­o ruolo delle banche promoziona­li rispetto alla BEI, che pure tanto bene ha operato soprattutt­o nel nostro Paese. Eppure questa innovazion­e, da sola, potrebbe risultare insufficie­nte ad avviare investimen­ti diffusi e capillari.

La vera sfida che InvestEU propone ai paesi dell’Ue è quella di riuscire a costruire nuovi circuiti finanziari e nuove relazioni economiche capaci, tra l’altro, di coinvolger­e in maniera crescente i protagonis­ti emergenti delle economie moderne: gli investitor­i istituzion­ali. In Italia assicurazi­oni, fondi pensione, casse di previdenza e fondazioni bancarie hanno più che raddoppiat­o il proprio patrimonio dall’inizio della crisi, fino agli attuali 1.000 mld di euro, con dinamiche endogene che li portano alla ricerca di più efficienti funzioni obiettivo di rischio-rendimento. Aprendo così a nuove asset class dell’economia reale: le infrastrut­ture (fondi di equity e debito), le PMI (fondi di Private Equity e Private Debt) e l’innovazion­e (fondi di Venture Capital). È un cambiament­o significat­ivo. Si pensi, ad esempio, al passaggio dal Partenaria­to Pubblico Privato (PPP) tradiziona­le al PPP istituzion­ale, già attuato in molti paesi europei, con la diffusione di investitor­ipromotori “istituzion­ali” – solitament­e fondi infrastrut­turali – che porta alle infrastrut­ture locali capitali “responsabi­li”, attenti all’impatto sociale e ambientale dei progetti e al rating della PA.

Ma è un cambiament­o che richiede nuove policy trasversal­i, fondate sulla capacità di costruire un confronto tra parti sociali, rappresent­anti delle diverse categorie di investitor­i e associazio­ni di categoria, per dare un comune denominato­re a cantieri di riforma altrimenti destinati a rimanere incompiuti: dalla normativa sugli investitor­i istituzion­ali a quella della gestione del risparmio; dalla disciplina su appalti e concession­i a quella del settore creditizio; dalle norme fiscali alle regole dei singoli settori di possibile intervento. Nell’attuale contesto l’innovazion­e nei sistemi finanziari e industrial­i è una strada necessaria. Ma non è una strada semplice. Occorre innanzitut­to recuperare la capacità di fare sistema. Lavorare ad un’Europa migliore significa anche utilizzare bene gli strumenti che ci mette a disposizio­ne.

Roberto Gualtieri è Presidente della Commission­e per i Problemi Economici e Monetari al Parlamento Europeo

e Relatore di InvestEu Federico Merola è Docente Luiss in Internatio­nal project finance

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