In stato di fermo Benalla, l’ex guardia del corpo del presidente Macron
Alexandre Benalla, ex collaboratore del presidente francese Emmanuel Macron, è stato fermato. L’uomo, licenziato dall’Eliseo il 22 luglio dopo la sua partecipazione ai pestaggi dei manifestanti del 1° maggio 2018 - non segnalata però alla procura dalla presidenza della repubblica - è ora sotto inchiesta anche per aver ottenuto per mezzo di documenti falsi un passaporto diplomatico, usato poi per la sua attività privata di consulente d’affari in Africa.
L’inchiesta è stata aperta il 29 dicembre ed è già stata oggetto mercoledì di una audizione alla commissione legislativa del Senato. La stessa Presidenza della repubblica, questa settimana, aveva fornito ulteriori elementi che avevano ampliato le ipotesi di reato. Benalla avrebbe usato una ventina di volte i suoi passaporti diplomatici tra il 1° agosto e il 31 dicembre 2018 per recarsi in diversi paesi. È stata in particolare confermata la sua presenza in Israele e nel Ciad, dove ha forse incontrato il presidente Idriss Déby.
Benalla aveva però dichiarato all’Assemblée nationale, nell’audizione del 19 settembre, di aver consegnato tutti i passaporti diplomatici che aveva a disposizione in qualità di collaboratore per la sicurezza di Macron. Il capo di gabinetto dell’Eliseo, Patrick Strzoda, ha invece rivelato che nell’inventario del 2 agosto, i passaporti non risultavano. Si tratterebbe di due documenti, uno rilasciato nel 2016, quando Benalla non lavorava ancora per l’Eliseo (allora occupato da François Hollande) e l’altro richiesto e ottenuto a giugno 2018, e quindi dopo le vicende del 1° maggio, con una lettera «dattilografata», ma non firmata, su carta intestata del capo di gabinetto. «Sospettiamo che sia stata frutto di una falsificazione», ha spiegato Strzoda.
Benalla è stato al centro di uno scandalo, l’anno scorso, dopo che un video lo aveva colto durante le manifestazioni del 1° maggio, alle quali partecipava al fianco della polizia ma senza alcuna autorizzazione, mentre picchiava i dimostranti insieme a Vincent Crase, un impiegato di La République en Marche, il partito di Macron, che in seguito avrebbe ricevuto - secondo indiscrezioni di Le Point e Mediapart - quasi 300mila euro da un oligarca russo, Iskander Makhmudov, vicino a Vladimir Putin.
La vicenda aveva messo in serio imbarazzo Macron, che aveva sospeso il collaboratore già a maggio, dopo aver visto il video, ma non lo aveva denunciato alla procura. Le successive indagini avevano fatto emergere, come aveva spiegato il prefetto di Parigi Michel Delpuech, «derive individuali inaccettabili, sullo sfondo di favoritismi malsani». In seguito aveva precisato che questi favoritismi si riferivano ai rapporti tra Benalla e la polizia - diversi agenti sono stati sospesi - e non con il presidente, che pure ha dovuto smentire che il suo collaboratore fosse un suo amante e, negli ultimi giorni, di essere rimasto in contatto con lui.
Benalla, per le vicende del 1° maggio, è sotto inchiesta per violenze e usurpazione di funzioni pubbliche e altri reati analoghi. A questi si sono ora aggiunte, tra le diverse ipotesi di reato,l’appropriazione indebita, il falso.