Le aziende tedesche in Italia crescono più della media
Nel 2015-2017 fatturato aumentato dell’11% rispetto al 7,5% di italiane ed estere
Le aziende tedesche in Italia sono uno dei motori della nostra economia, crescendo a ritmi più elevati rispetto alle italiane e alle altre straniere, tanto che nel biennio 2015-2017 hanno registrato aumenti di fatturato dell’11% rispetto al 7,5% del totale delle imprese operanti nel nostro Paese. E negli anni della crisi hanno mantenuto l’occupazione stabile rispetto a tutte le altre.
Per le imprese della Germania l’Italia è la sesta destinazione di investimenti esteri, dopo Stati Uniti, Gran Bretagna, Cina, Francia e Svizzera. Ma le partecipate tedesche, con una quota di circa il 13%, si collocano al terzo posto in Italia per addetti e fatturato dopo Usa e Francia. E la piccola Germania d’Italia si trova in Lombardia e Veneto.
Presentato ieri, “Il valore delle aziende tedesche in Italia” è il report messo a punto dalla Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo per la Camera di Commercio Italo-Germanica (AHK Italien). Lo studio radiografa 1.900 partecipate tedesche per un totale di 168mila addetti e un fatturato complessivo (escluso il settore finanziario e assicurativo) che supera i 72 miliardi di euro e pesa per il 2,5% sul fatturato totale generato in Italia. «Gli investimenti tedeschi in Italia si concretizzano in un ecosistema produttivo che genera valore e crescita per tutto il sistema Paese» ha osservato Jörg Buck, consigliere delegato di AHK. Il presidente, Erwin Rauhe, ha sottolineato che l’interesse per l’Italia registra «un trend in crescita costante: aumenta il numero di società che chiedono supporto per entrare nel mercato italiano».
A livello settoriale, è la distribuzione a fare la parte del leone (800 imprese, 42 miliardi di fatturato, 63mila dipendenti), soprattutto di autoveicoli. Importante anche il manifatturiero (400 società, 19 miliardi di fatturato, 51mila addetti). Qui spiccano chimica (il 9% del fatturato totale della chimica nel nostro Paese è prodotto da partecipate tedesche), farmaceutico (6,2%) e automotive (4,8 per cento).
Le relazioni intense e la forte integrazione fanno sì che quando il motore tedesco rallenta anche la nostra economia soffre, come hanno mostrato i recenti dati sulla produzione industriale. Però, ha detto Rauhe, la frenata della prima economia dell’Eurozona, «appare più incidentale che strutturale».
I nostri distretti sono amati dai tedeschi mentre storicamente è bassa la presenza di investitori esteri. «Le imprese manifatturiere tedesche - ha detto Fabrizio Guelpa, responsabile Industry & Banking Research di Intesa Sanpaolo - mostrano una maggiore propensione a localizzarsi all’interno dei distretti industriali italiani». La quota è del 22,2% contro il 16% degli americani e il 15% dei francesi. Quanto alla distribuzione geografica delle partecipate tedesche, ha osservato Guelpa, la quota in Lombardia (49,8%) è uguale a quella degli altri Paesi (50%). Invece in Veneto le tedesche hanno una presenza (17,9% sul totale) molto superiore agli altri (6,3 per cento). Poco scelto il Lazio con il 9,6% rispetto al 25% di americani e francesi.