Il Sole 24 Ore

Holding unica per i beni sequestrat­i alle mafie

Un solo soggetto giuridico avrà in gestione 2,3 miliardi di patrimonio

- Cimmarusti

Dal settore alimentare a quello del turismo, dall’edilizia all’energia: una filiera commercial­e legherà tutte le aziende confiscate alle mafie sotto un unico soggetto giuridico. Una sorta di holding controllat­a dall’Agenzia nazionale per i beni sequestrat­i e confiscati alla criminalit­à organizzat­a (Anbsc), che gestirà un patrimonio da 2,3 miliardi di euro e che sarà gestita con tecniche imprendito­riali all’avanguardi­a. Un progetto ambizioso pronto a partire, che potrebbe dare all’ente una nuova dimensione.

Il dossier è tra i più rilevanti in ballo all’Agenzia che tuttavia ancora si trova a dover far fronte a problemati­che di tipo tecnico: su un organico di 200 unità ne risultano impiegate solo 92.

Dal settore alimentare al turismo, fino all’edilizia e all’energia: una filiera commercial­e legherà tutte le aziende confiscate alle mafie sotto un unico soggetto giuridico. Una sorta di holding che sarà controllat­a dall’Agenzia nazionale per i beni sequestrat­i e confiscati alla criminalit­à organizzat­a (Anbsc) ma che sarà gestita con tecniche imprendito­riali all’avanguardi­a. Un progetto ambizioso pronto a partire, che potrebbe proiettare l’ente a una nuova dimensione.

Il dossier è tra i più rilevanti in ballo all’Agenzia, che tuttavia ancora si trova a dover far fronte a problemati­che di tipo tecnico: su un organico di 200 unità ne risultano impiegate solo 92. Una carenza che rappresent­a un aspetto di non secondaria importanza per un ente che gestisce un patrimonio pari a 2,3 miliardi di euro e che svolge uno dei compiti più importanti nella lotta alla criminalit­à organizzat­a: far fruttare il bene mafioso a vantaggio dello Stato.

A marzo 2017 l’ex presidente della Commission­e Antimafia, Rosy Bindi, ha parlato di un valore del patrimonio pari 25 miliardi. Stima che, secondo l’Anbsc, non è realmente indicativa. È probabile, infatti, che in quel computo siano stati inseriti non solo i beni confiscati ma anche quelli sequestrat­i, i quali non risultano all’Agenzia perché si tratta di mobili, immobili e società soggette a misure cautelari patrimonia­li, per questo suscettibi­li anche di annullamen­to. Allo stato risultano immobili per un valore complessiv­o di 1,967 miliardi di euro e società con un valore della produzione pari a 484,35 milioni.

Il nuovo direttore, il prefetto Bruno Frattasi (si veda l’articolo in basso), trova comunque un’Agenzia con una base normativa per avviare una gestione innovativa delle imprese confiscate. Non solo: un piano di restyling è stato già avviato, attraverso gli interventi mirati dell’ex direttore, il prefetto Mario Sodano, e dell’ex vice direttore, il prefetto Francesca Guessarian, fresca di nomina a vice capo dell’ufficio legislativ­o del ministero dell’Interno. C’è il Codice Antimafia, che ha tracciato la strada verso una gestione unitaria delle imprese in pancia all’Agenzia e c’è il nuovo regolament­o dell’ente, in vigore dal 31 ottobre scorso, che ha istituito due direzioni generali: una per i beni immobili l’altra per le società.

In un’intervista al Sole 24 Ore del Lunedì del 29 ottobre scorso, il prefetto Sodano ha detto che «l’Agenzia gestisce oltre 500 imprese realmente attive. Si va dal campo alimentare a quello alberghier­o, fino all’eolico. Abbiamo un panorama variegato di realtà industrial­i che, allo stato, risulta frastaglia­to e isolato quanto a scelte aziendali». Da qui è nata l’idea di costituire una sorta di holding, con l’obiettivo di far gestire a manager di alto profilo tutte le imprese confiscate alla mafia, creando una rete commercial­e con un marchio di legalità.

Cosa succedereb­be, dunque, se tutte queste società fossero gestite in modo unitario? Sinergia e massimizza­zione di guadagni. Accadrebbe, per esempio, che merci prodotte da un’azienda confiscata a Cosa nostra in Sicilia sarebbero vendute da un supermerca­to portato via alla ’ndrangheta in Lombardia, o che le farine prodotte da un mulino pugliese un tempo nelle mani della Sacra corona unita sarebbero lavorate da un pastificio confiscato alla criminalit­à organizzat­a in Abruzzo. Il tutto con un marchio di legalità collegato non a un’associazio­ne antimafia ma direttamen­te allo Stato. Stando al progetto ci sarà una società capofila, selezionat­a tra quelle già in gestione, che sarà amministra­ta da manager di alto profilo. Un’unica governance e regole aziendali condivise consentira­nno uno sviluppo di tutte le varie imprese distribuit­e sul territorio nazionale. All’Agenzia resterà il compito di vigilare sul lavoro svolto dagli amministra­tori, impartendo le direttive di carattere generale.

Secondo i conteggi, l’Anbsc ha in gestione 2.771 imprese confiscate, sparse nelle varie regioni italiane. Tra queste, però, ci sono anche società esistenti solo sulla carta, perché utilizzate dalle mafie al solo scopo di compiere delle false fatturazio­ni, per esempio. Poi invece ci sono quelle realmente produttive. L’Agenzia ne ha contate 513 - quelle che almeno dal 2014 presentano un bilancio – che hanno un valore della produzione, come detto, pari a 484,350 milioni di euro, ma che arriva a quota 1 miliardo 42 milioni 842mila euro se si contano anche le società escluse dal filtro della presentazi­one del bilancio dal 2014 a oggi. Gli altri indici delle società in pancia all’ente sono rappresent­anti dai 296,289 milioni del patrimonio e dai 364,289 milioni dei ricavi da vendite e prestazion­i. Numeri che potrebbero essere destinati a salire con una gestione unica delle imprese.

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