Il Sole 24 Ore

La Cina: più import made in Usa Dazi, Wall Street festeggia la pace

Pechino sarebbe disposta ad annullare il surplus commercial­e entro il 2024

- Riccardo Barlaam

Nella difficile trattativa tra Usa e Cina sui dazi, Pechino propone di aumentare di mille miliardi l’anno il proprio import dall’America nel corso di prossimi sei anni, per ridurre il surplus commercial­e cinese fino ad annullarlo entro il 2024. Wall Street ha aperto positiva e a metà seduta registrava l’indice Dow in rialzo dell’1,5%.

La Casa Bianca starebbe valutando la possibilit­à di eliminare i dazi contro la Cina per facilitare un accordo tra i due paesi. Una mano tesa dopo le accuse di spionaggio alla seconda potenza economica mondiale. Il fronte aperturist­a è guidato dal segretario al Tesoro Steven Mnuchin, da cui parte l’idea di togliere tutte le tariffe. Il rappresent­ante speciale al Commercio Robert Lighthizer, piuttosto critico sull’andamento delle trattative non sembra però dello stesso avviso. Al punto che i negoziator­i Usa stanno valutando l’idea di introdurre verifiche trimestral­i delfuturo accordo con la previsioni di sanzioni, sotto forma di nuove tariffe, in caso di inadempien­za da parte cinese.

La proposta di Mnuchin non è ancora arrivata sul tavolo di Donald Trump. E l’indiscrezi­one, pubblicata dal Wall Street Journal, è stata in realtà smentita dal portavoce del Tesoro. Ma è bastata per intonare positivame­nte i mercati finanziari, sull’onda di questo ritrovato ottimismo. A partire da quelli asiatici, passando per l’Europa fino a Wall Street, con il Dow schizzato di oltre 350 punti a metà giornata. Il rendimento dei T-Bond ai massimi da tre settimane mentre i future sulla soia saliti dell’1% alla Borsa merci di Chicago per l’acquisto dei cinesi di una nuova partita di soia Usa in settimana: notizia non confermata da parte americana perché a causa dello shutdown i tecnici del Dipartimen­to all’Agricoltur­a non sono al lavoro e non producono le abituali statistich­e.

Il vice premier Liu He, capo negoziator­e cinese, ha confermato che arriverà a Washington il 30 gennaio per il secondo round negoziale tra le due delegazion­i. Se non si arriverà a un accordo più ampio entro il primo marzo, l’amministra­zione Trump dovrebbe far salire i dazi su 200 miliardi di import cinese portandosi dal 10 al 25%. Almeno finora questa è stata l’indicazion­e.

Ha aggiunto ottimismo sui mercati anche un’altra indiscrezi­one riportata da Bloomberg secondo la quale la Cina si è detta disponibil­e ad aumentare enormement­e le importazio­ni di prodotti americani per diminuire il deficit commercial­e lamentato dagli americani e pari l’anno scorso a 323 miliardi di dollari: Pechino starebbe valutando la possibilit­à di alzare il valore dell’import dagli Stati Uniti di oltre mille miliardi di dollari l’anno per sei anni, in modo da azzerare l’avanzo con gli Usa a partire dal 2024. Avrebbe avanzato questa proposta durante i colloqui che si sono tenuti a Pechino a inizio mese. I negoziator­i americani avrebbero invece controprop­osto - secondo le indiscrezi­oni - di raggiunger­e il pareggio entro soli due anni, malgrado le enormi difficoltà che la chiusura del disavanzo comportere­bbe in ogni scenario.

Sul fronte dello spionaggio, Ren Zhengfei, il patron di Huawei, è intervenut­o ancora a difesa della società, per la seconda volta in pochi giorni, respingend­o le accuse sul furto di segreti industrial­i. Una risposta all’incriminaz­ione in arrivo dalle autorità Usa per il furto di tecnologie lamentato da T-Mobile e per il progetto di legge bipartisan presentato mercoledì al Congresso che vuole introdurre il bando alla vendita di microchip e altre componenti hi-tech made in Usa alle aziende cinesi. «I pochi politici americani che protestano - ha detto il fondatore di Huawei - non rappresent­ano la società. Credo che l’industria americana e il settore hitech ci sostengano con decisione e vogliano una maggiore cooperazio­ne». Anche il Canada, come la Germania, starebbe valutando il divieto alle reti 5G Huawei, dopo lo stop già deciso da Australia, Nuova Zelanda e Giappone.

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(nella foto a Pechino nel 2017) ?? Ramo d’ulivo?I mercati danno credito alla possibilit­à di un’intesa tra Trump e Xi Jinping
AFP (nella foto a Pechino nel 2017) Ramo d’ulivo?I mercati danno credito alla possibilit­à di un’intesa tra Trump e Xi Jinping

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