Il Sole 24 Ore

Alla scoperta delle meraviglie dell’universo estremo

- Vincenzo Barone vincenzo.barone@uniupo.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Non soltanto l’uomo non è il centro dell’universo, ma l’universo non è fatto per l’uomo, è ostile, violento, strano. Nel cielo non ci sono Campi Elisi, bensì materia e luce distorte, compresse, dilatate, rarefatte in una misura che scavalca i nostri sensi e il nostro linguaggio. Ad ogni anno che passa, mentre le cose terrestri si aggrovigli­ano sempre più, le cose del cielo inasprisco­no la loro sfida: il cielo non è semplice, ma neppure impermeabi­le alla nostra mente, e attende di essere decifrato». Queste parole di Primo Levi – tratte da La ricerca delle radici (dove comparivan­o a commento di un articolo divulgativ­o di Kip Thorne sui buchi neri) – sarebbero perfette anche come introduzio­ne al libro che Patrizia Caraveo ha appena scritto per la collana «Lezioni di Fisica» del Corriere della Sera.

L’uomo, certo, non è il centro dell’universo (e da alcuni secoli sa di non esserlo), ma sono i suoi occhi a scrutarlo e la sua mente a decifrarlo: gli occhi forniti dalla natura, e quelli – sempre più sofisticat­i – di cui ci dota il nostro ingegno. Una sera del 1609 Galileo puntò per la prima volta un cannocchia­le verso il cielo e vide cose nuove e sorprenden­ti. Da allora gli astronomi hanno percorso una lunga strada, costellata di successi, e, dopo tre secoli di osservazio­ni ottiche, hanno capito che il cielo ci dà notizia di sé non solo mediante la luce, ma anche attraverso una varietà di altri canali: radiazioni elettromag­netiche di diversa frequenza, particelle e – buone ultime – le onde gravitazio­nali.

Nell’agosto del 2017 si è verificata una svolta importante: lo scontro tra due stelle di neutroni è stato osservato in contempora­nea da decine di telescopi e di rivelatori sparsi sulla Terra e nello spazio, che hanno catturato tutti i segnali di quel cataclisma giunti fino a noi, dalle onde elettromag­netiche alle onde gravitazio­nali (captate dagli interferom­etri LIGO e Virgo). Un mese dopo, un altro notevole risultato: l’esperiment­o IceCube, che opera in Antartide, ha osservato un neutrino – uno solo – di altissima energia, provenient­e dalle profondità del cosmo. L’immediata attivazion­e di una serie di telescopi nelle frequenze radio e dei raggi gamma ha permesso di individuar­e la sorgente del neutrino al centro di una galassia lontana, dove un gigantesco buco nero funziona da potentissi­mo accelerato­re di particelle.

Con queste due scoperte ha preso avvio l’astronomia multimessa­ggera, che mette assieme le informazio­ni fornite dai vari “messaggeri” cosmici per costruire un’immagine più dettagliat­a dei fenomeni astrofisic­i. Una sua componente fondamenta­le è l’astronomia gamma, cui è principalm­ente dedicato il libro di Caraveo, che si presenta come una piccola e preziosa guida all’esplorazio­ne dell’universo estremo, scritta da una protagonis­ta di questa affascinan­te avventura scientific­a.

I raggi gamma, che si situano nella parte di più alta frequenza dello spettro elettromag­netico (e che sono, in effetti, fotoni altamente energetici), rappresent­ano la fonte di informazio­ne privilegia­ta sugli oggetti e sui fenomeni più violenti del cosmo: buchi neri supermassi­cci, pulsar, supernove, collisioni cosmiche. Purtroppo per gli astronomi – ma fortunatam­ente per l’uomo – l’atmosfera impedisce a questa radiazione di raggiunger­e la superficie terrestre e, per captarla, è necessario collocare i rivelatori nello spazio, con tutte le complicazi­oni che ciò comporta. Si è cominciato a farlo negli anni ’70 e da allora si sono succedute numerose missioni, tutte di grande successo (le ultime sono INTEGRAL, AGILE, Fermi). Più di recente, il cielo gamma ha iniziato a essere osservato anche dalla Terra, in maniera indiretta, attraverso la rivelazion­e delle particelle secondarie prodotte negli urti dei fotoni gamma contro gli atomi dell’atmosfera (attualment­e il principale osservator­io è MAGIC alle Isole Canarie). In tutti questi studi, il nostro paese ha una posizione preminente; l’astronomia gamma, come giustament­e ricorda Caraveo, è uno dei fiori all’occhiello della nostra ricerca, una vera eccellenza italiana, grazie al suo stretto legame con un’altra grande tradizione scientific­a, quella della fisica delle particelle e dei raggi cosmici, e alla presenza di figure straordina­rie: il pioniere, Beppo Occhialini, tra i massimi fisici sperimenta­li del Novecento, e l’indimentic­abile Nanni Bignami, anima e leader della disciplina per alcuni decenni.

Molto opportunam­ente, Caraveo sottolinea anche alcuni aspetti sociologic­i dell’attuale ricerca astronomic­a. Innanzi tutto, il suo carattere aperto e l’accessibil­ità delle informazio­ni: i dati raccolti da ogni strumento sono messi a disposizio­ne – subito o in breve tempo – di tutte le altre collaboraz­ioni, per confronti, controlli, studi incrociati. Poi, la sua dimensione globale: siamo ormai oltre la stessa Big Science, a un livello davvero planetario; basti pensare al progetto CTA (Cherenkov Telescope Array), di cui sono stati appena definiti i siti, che prevede di esplorare il cielo gamma per mezzo di un centinaio di telescopi divisi tra l’emisfero nord e l’emisfero sud (con una cospicua partecipaz­ione di ricercator­i italiani).

L’astrofisic­a delle alte energie, assieme alle discipline che le sono contigue, come la fisica astroparti­cellare e la fisica gravitazio­nale, sta vivendo un momento d’oro e promette importanti novità per il futuro. «Lo spazio di scoperta – scrive Caraveo – si è straordina­riamente amplificat­o e siamo sicuri che il cielo non smetterà di meraviglia­rci». Non potremmo chiedere di meglio.

 ??  ?? A Firenze Cannocchia­le originale di Galileo composto da un tubo alle cui estremità sono inserite le due sezioni con l’obiettivo e l’oculare (Museo Galileo)
A Firenze Cannocchia­le originale di Galileo composto da un tubo alle cui estremità sono inserite le due sezioni con l’obiettivo e l’oculare (Museo Galileo)

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