Negozi, la chiusura domenicale colpisce metropoli e turismo
L’azione dei sindaci delle aree metropolitane per cambiare la norma Il testo attuale sembra favorire i piccoli esercizi etnici perché «di vicinato»
Al via in Parlamento il Ddl sulle chiusure domenicali (almeno 26 su 52). Una misura che rischia di trasformarsi in un boomerang per i centri turistici e per le grandi città che avranno la deroga solo per i centri storici. Il testo attuale sembra favorire i piccoli esercizi etnici.
La stretta alle aperture domenicali degli esercizi commerciali rischia di trasformarsi in un boomerang per le mete turistiche più gettonate costrette a tenere le serrande chiuse per lo shopping dei turisti almeno 6 mesi l’anno, ma anche per le grandi città dove solo i centri storici potranno sfruttare la deroga dall’obbligo di 26 chiusure di domenica. Una delimitazione, questa, che rischia di tenere fuori nelle grandi metropoli molte zone commerciali importanti a ridosso che saranno escluse perché non considerate “centro storico” in base a piani regolatori spesso molto datati.
Da qui il pressing già iniziato da parte di alcuni sindaci delle città metropolitane pronte a chiedere una deroga più ampia. Non c’è traccia invece nel testo base del Ddl sugli orari di apertura depositato in commissione Attività produttive - dove ieri è iniziato il suo iter - di strette sull’ecommerce (si ipotizzava il divieto di consegne on line di domenica) che al momento non viene toccato dal provvedimento.
«Questo testo non è la bibbia inzia ora il suo percorso e quindi è sempre migliorabile, aspettiamo anche sul tema dell’e-commerce eventuali proposte sulla logistica mentre iltema della tassazione dell’on line non rientra in questo provvedimento ma nel caso in altri», avverte il relatore Andrea Dara (Lega). Scorrendo il provvedimento di soli due articoli- frutto di una sintesi della maggioranza gialloverde che tornerà all’esame da mercoledì prossimo - si scopre anche che i paletti e le deroghe sembrano favorire invece il fenomeno dei piccoli negozi etnici, spesso posizionati nei centri storici, che potrano sfruttare la “libertà di apertura” domenicale accordata dal Ddl agli esercizi di vicinato (150 metri quadri nei Comuni sotto i 10mila abitanti, 250 metri quadri per gli altri). Una conferma in più di come questa misura guardi molto ai piccoli esercizi commerciali e ai centri più piccoli penalizzando invece la grande distribuzione che non ha nascosto le sue critiche parlando del rischio di un taglio di 40mila occupati.
In sintesi il provvedimento prevede la chiusura degli esercizi commerciali nelle 12 festività nazionali (laiche e religiose), di cui 4 derogabili su scelta delle Regioni (concertate con associazioni di categoria e rappresentanti sindacali). Su 52 domeniche annuali, 26 potranno prevedere aperture di concerto sempre con le Regioni. Che anche se questo il testo non lo dice esplicitamente - potranno decidere di concentrare le 26 aperture domenicali nelle zone turistiche in un certo periodo (a esempio d’estate al mare e d’inverno nelle località montane). Una possibilità che però rischia di penalizzare le mete turistiche che hanno visitatori tutto l’anno - da Capri a Cortina - che non potranno sfruttare solo la deroga riservata per i centri storici (si pensi agli esercizi commerciali nel lungo mare di molte località).
Il testo richiama infine le esenzioni dalle chiusure domenicali del decreto “Bersani” (Dlgs 114/1998): dai generi di monopolio agli esercizi in villaggi, hotel e campeggi o nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali, negli stadi e nei parchi divertimento. Ma anche rivendite di giornali, gelaterie e gastronomie, rosticcerie e pasticcerie. Tra le deroghe di peso anche gli autosaloni, i mobilifici (catene come Ikea quindi saranno esentate dalle chiusure) ma anche la rivendita di «dischi, nastri magnetici, musicassette e videocassette». Una dizione datata (risale appunto al decreto del 1998) che dovrebbe aprire a una deroga per i grandi shop che vendono elettronica.