Spread Il differenziale con il Bund s’impenna I tassi BTp verso il 3%
Il differenziale sui Bund sale da 267 a 285 punti base, BTp decennali al 2,96%
L’economia sta rallentando più velocemente del previsto. E i mercati non la prendono bene. Lo spread BTpBund si è impennato a 285 punti base ieri (rispetto ai 267 della vigilia) dopo che la Commissione europea ha aggiornato al ribasso le stime di crescita per il 2019 sia per l’Eurozona (dal +1,9% indicato a novembre a +1,3%) e dell’Italia (da +1,2% a +0,2%). L’impennata del differenziale Italia-Germaniamai così alto dadue mesi a questa parte - non dipende solo dall’aumento dei rendimenti dei BTp (passati, per la parte a 10 anni, dal 2,83% al 2,96%) ma anche per la contemporanea discesa dei Bund che ieri si sono appiattiti di cinque punti base allo 0,11% e secondo non pochi esperti potrebbero anche ritornare ad annullarsi (cioè andare a 0) nelle prossime sedute. Appena 24 ore prima il quadro era decisamente migliore dato che ieri sono stati pubblicati ulteriori dettagli del collocamento sindacato del BTp a 30 anni di lunedì, emesso per un ammontare di 8 miliardi ma a fronte di una domanda più che quintupla (41 miliardi). Il 73% delle richieste è arrivata da investitori stranieri, segnale di forza e appeal per la carta italiana.
Ieri però, come detto, il quadro è peggiorato dopo la gelata della Commissione europea sui dati macro. Va detto inoltre che sull’Italia - la cui crescita stimata si allontana sempre più dalle previsioni del governo (+1%) su cui è stata armonizzata la legge di Bilancio - pesa anche il rischio politico dovuto all’escalation dello scontro con la Francia che ieri ha richiamato l’ambasciatore da Roma protestando contro gli attacchi del vicepremier Matteo Salvini.
In questo clima ha sofferto anche Piazza Affari. Il Ftse Mib ha ceduto il 2,59% con ritracciamenti da parte delle banche (-1,5% in media), il comparto più sensibile al peggioramento del valore dei titoli di Stato, e del settore auto dopo i deludenti conti di Fca (-12,21%). Ma le vendite non hanno colpito solo Milano. Tutti i principali listini europei sono stati penalizzati dalla “bomba” macroeconomica della Commissione europea. Il Dax 30 di Francoforte ha perso il 2,52%, il Cac 40 di Parigi l’1,84% per un ribasso medio (Eurostoxx 50) dell’1,75%.
Le vendite si sono estese anche negli Stati Uniti dove le nuove richieste di sussidio di disoccupazione, nella settimana terminata il 2 febbraio, sono sì scese (da 234 mila da 253 mila), ma meno delle previsioni (221 mila). Gli indici a Wall Street hanno viaggiato con ribassi superiore all’1% mentre l’euro ha perso quasi mezza figura nei confronti del dollaro, ritornando nell’area bassa di 1,13.
Tra gli altri fattori di possibile tensione sui mercati nelle prossime sedute, oltre all’ormai evidente rallentamento del ciclo economico globale, ci potrebbero essere rinnovate pressione dei mercati nei confronti della Federal Reserve affinché interrompa il tightening, il drenaggio della liquidità in atto.