CONTA LA RETE, NON I COSTI
In questi mesi il discorso pubblico del nostro Paese si è molto interessato ai risultati delle Analisi benefici costi (Abc) delle infrastrutture a seguito della rilevanza che a tale analisi viene assegnata nel contratto fra le forze politiche che esprimono il governo della Repubblica. Ai risultati della analisi benefici costi è stata in sostanza rinviata la valutazione sulla opportunità di realizzare o addirittura proseguire un’opera già avviata come sta accadendo in queste settimane per il collegamento ferroviario Torino-Lione (chiamare Tav un collegamento destinato a passeggeri e merci è una evidente semplificazione).
Questo ruolo discende da due assunzioni: tale analisi è uno strumento adeguato per decisioni pubbliche relative alla realizzazione o meno di infrastrutture strategiche e che i risultati di tale analisi siano sufficientemente solidi da potersi considerare “oggettivi”, ossia indipendenti da chi esegue l’analisi stessa.
A mio avviso entrambe le ipotesi sono largamente discutibili.
Sul primo punto è ampiamente condiviso che le decisioni pubbliche debbano basarsi su una visione ampia degli obiettivi, molteplici e spesso contrastanti, che si vogliono perseguire. L’efficienza economica, dalla cui valutazione nasce il fondamento della Abc, rappresenta solo uno degli obiettivi. Altri derivano dalla visione generale che si ha del Paese e dell’Europa , della sua coesione sociale e territoriale. L’Abc dovrebbe dunque contribuire alla scelta della singola soluzione progettuale all’interno di una visione strategica generale. Prendiamo, ad esempio, la stagione di costruzione delle autostrade nel secondo dopoguerra. Dentro quella cornice un uso corretto della Abc avrebbe forse evitato qualche scelta che si è rivelata discutibile.
Ma affidare le decisioni sulla utilità o meno dei singoli assi autostradali all’Abc sarebbe stato un errore. Autostrade come la NapoliBari, la Salerno-Reggio o la Palmanova-Udine-Tarvisio non avrebbero superato una severa analisi benefici costi, ma non costruirle avrebbe significato avere un Paese sconnesso, con divari economici ancora più ampi che pure oggi registriamo.
Un discorso del tutto analogo vale per l’Alta velocità ferroviaria, ancor di più a seguito dei risultati straordinari che questo nuovo modo di trasporto ha conseguito nei suoi dieci anni di vita sull’asse Torino-Milano-Napoli. I 43 milioni di viaggi all’anno, il 40% dei quali non si sarebbero effettuati senza l’Av, la riduzione delle tariffe, il notevole ampliamento del mercato pendolare, la promozione del turismo, i vantaggi ambientali sono documentati e giustificano ampiamente il grande investimento fatto, nonostante i costi di costruzione più alti del necessario. Il programma di estendere questi servizi, l’Alta velocità di rete, al resto del Paese deve derivare da una visione complessiva dell’Italia, non dalla analisi di convenienza delle singole tratte.
Lo stesso approccio si applica alle reti europee, le reti Ten. Qui la scelta strategica è stata quella di affidare alla ferrovia la integrazione dei mercati e dei cittadini europei. Treni merci lunghi 750 metri e capaci di trasportare i semirimorchi per competere con il tutto strada per percorrenze di centinaia di chilometri e treni Av, con velocità di oltre 200 km/h, per collegare città europee nel raggio fino a mille chilometri. Anche in questo caso non è corretto valutare la utilità del singolo collegamento, in queste
SI STA FACENDO UN USO ERRATO DELL’ANALISI, CON DECISIONI CHE POSSONO ESSERE DANNOSE
settimane il nuovo tunnel ferroviario del Frejus, al di fuori della intera rete. Quell’asse consente alle merci di muoversi su un asse che va dal Portogallo all’Europa dell’Est, ai viaggiatori di muoversi fra Milano e Parigi o Barcellona, non solo ovviamente di andare da Torino a Lione.
In questi mesi il dibattito è invece tornato alla analisi della singola opera, senza tener conto del sistema e del progetto nel suo complesso. Da questo punto di vista l’analisi benefici costi dei singoli progetti è l’altra faccia della medaglia della shopping list della Legge Obiettivo. Entrambe manifestazioni di quella che definisco la sindrome di Asperger delle infrastrutture (grave disturbo dello sviluppo caratterizzato da limitati interessi su singole attività, fatte anche benissimo, senza una reale comprensione del contesto più ampio).
Come ho detto , il ruolo corretto della Abc sarebbe di contribuire alla scelta della migliore soluzione progettuale fra alternative che comunque soddisfano gli stessi fabbisogni generali.
Vorrei sottolineare che anche in questa accezione più limitata, le teorie della valutazione dei progetti e delle decisioni pubbliche assegnano alla Abc un ruolo non esclusivo.
Un esempio concreto riguarda le nuove norme sul dibattito pubblico per le grandi infrastrutture, reso obbligatorio per legge in Italia nel 2016 e ancora non attivato nonostante il Dpcm dell’anno scorso abbia completato un estenuante iter amministrativo. Le norme prevedono che il dibattito avvenga su ipotesi progettuali alternative che vanno confrontate sulla base di diversi parametri fra cui i risultati dell’Abc, oltre agli impatti ambientali, socioeconomici e il grado di consenso. Una soluzione che gode di ampio consenso degli stakeholder locali e globali sarebbe certamente preferibile ad una con un rapporto benefici-costi leggermente migliore ma fortemente osteggiata.
Sul secondo punto, ossia sulla presunta “oggettività” dei risultati, è noto a tutti gli studiosi quanto gli esiti della Abc dipendano dalle tante ipotesi che sono necessarie per la sua applicazione, ad esempio sulla crescita del traffico, sulla disponibilità a pagare degli utenti, sul tasso di sconto sociale e altro ancora. Tanto è vero che l’Abc ha quasi sempre un valore convenzionale basato su manuali che limitano l’arbitrio nella scelta dei parametri e malgrado ciò vi sono molti esempi di analisi sulla stessa opera e coerenti con lo stesso manuale che danno risultati diversi, in alcuni casi addirittura opposti. La soggettività dei risultati del resto è indirettamente confermata dalle critiche che sono state mosse da diversi economisti e studiosi dei trasporti alla Abc pubblicata dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti sul Terzo Valico.
Insomma ritengo che si stia facendo un uso improprio e non imparziale della Abc con l’evidente danno di arrivare a decisioni che confliggono con gli interessi nazionali ed europei. Ma c’è un altro rischio più sottile, ma altrettanto pericoloso: quello di buttare il bambino della valutazione degli investimenti pubblici, con l’acqua sporca di un uso improprio e strumentale della Abc. In altri termini si rischia di screditare una sana valutazione comparativa degli investimenti in infrastrutture di trasporto e delle loro possibili conseguenze all’interno di un progetto generale strategico e tornare a decisioni disarticolate e non valutate.