Il Sole 24 Ore

Parla Mustier UniCredit, no a fusioni Ue. Carige? Solo crescita interna

Il ceo di UniCredit, Jean Pierre Mustier verso un nuovo piano dopo un 2018 in utile per 3,9 miliardi.

- Alessandro Graziani

«Non vedo fusioni cross border tra banche europee nel breve-medio termine. E parlo di una prospettiv­a di anni, non di mesi. Ostacoli regolament­ari e difficoltà nel fare sinergie le rendono impraticab­ili. Per tutti, ovviamente anche per UniCredit. Ma questo per noi, che già siamo paneuropei, può essere un vantaggio competitiv­o». Il ceo di UniCredit Jean Pierre Mustier cala il sipario sulle ipotesi di nozze con Societe Generale o Commerzban­k, più volte ipotizzate dal mercato, e si proietta verso il nuovo piano industrial­e quadrienna­le che la banca presenterà a inizio dicembre dopo il lavoro preparator­io di un team appena riorganizz­ato.

UniCredit ha chiuso il 2018 con utili trimestral­i al top da dieci anni. Ma in Borsa il titolo è vicino ai minimi e l’economia italiana è in recessione tecnica. I vostri target reddituali per il 2019 cambierann­o? Confermiam­o tutti i target del 2019, compresi l’utile netto di 4,7 miliardi e il rendimento del 9% sul capitale tangibile. Usciamo da un anno molto positivo, con una buona dinamica commercial­e anche in Italia dove i nuovi prestiti all’economia hanno superato i 25 miliardi. Siamo soddisfatt­i e fiduciosi e personalme­nte sono orgoglioso del grande lavoro di tutta la squadra di UniCredit.

Sì ma la recessione non spaventa? Non crede che torneranno ad aumentare i crediti in sofferenza nei bilanci delle banche?

C’è sempre uno sfasamento temporale tra difficoltà dell’economia e peggiorame­nto dello stato di salute dei prestiti. Ma mi lasci dire che l’Italia nel 2019 non sarà in recessione, l’economia rallenta ma le previsioni danno in media una crescita del Pil dello 0,5%. Per quanto riguarda UniCredit, la diversific­azione di business e geografica del gruppo ci tutela dai rischi di frenata dell’economia in questo o quel Paese. Ma sull’Italia vorrei aggiungere che in un orizzonte di medio termine sono molto più ottimista di molti italiani.

Su che basi poggia il suo ottimismo?

L’Italia ha un tessuto di imprese molto forti e innovative. Il Paese deve garantire la sostenibil­ità del debito pubblico, che comunque per circa il 65% è in mano direttamen­te o indirettam­ente a italiani, ma l'economia reale è solida. Non solo. Anche socialment­e, io vedo in Italia un Paese con meno divaricazi­oni e più omogeneo rispetto per esempio alla Francia.

Eppure il rischio Italia misurato dallo spread Btp-Bund, emerso nel secondo semestre del 2018 con la nuova compagine di Governo, preoccupa gli investitor­i e penalizza anche la vostra valutazion­e di Borsa che è ai minimi dell'era Mustier.

Pur essendo un grande gruppo paneuropeo, da questo punto di vista il mercato ci considera una banca italiana. Sì, è vero, il rischio Italia penalizza in questa fase il valore di Borsa di UniCredit. Ma dobbiamo guardare al medio termine ed avere fiducia. Io sono il primo ad averla e per questo ho investito ancora una volta in azioni e obbligazio­ni UniCredit. Credo nella banca e credo nell’Italia. Siamo una banca con requisiti patrimonia­li solidi, che sta realizzand­o con successo e in anticipo i propri obiettivi.

Non teme che la crescita del debito pubblico e la frenata del Pil porti a un peggiorame­nto del rating sovrano da parte delle agenzie di rating?

La stabilizza­zione del debito pubblico è una priorità. Bisogna evitare il declassame­nto del rating a non investment grade dell'Italia. Sono fiducioso che ciò non accada e che il Governo faccia di tutto per evitarlo.

Anche per timore del rating, tempo fa sul mercato è circolata l'ipotesi che UniCredit possa separare le attività italiane dal resto degli asset europei. Cosa può dire?

Come nel caso di ipotesi di fusione fantasiose, non commentiam­o mai i rumor di mercato. Vi posso dire però che UniCredit è e resterà quotata in Italia e manterrà il quartier generale qui.

Escluse operazioni straordina­rie all’estero, in Italia pensate di avere un ruolo nel salvataggi­o di Carige? Non parlo mai di singoli dossier. Ma ribadisco che il nostro piano a fine 2019 è basato solo sulla crescita organica. Tirate voi le conclusion­i.

Abbiamo capito che non farete m&a nel breve e medio periodo. Ma sono possibili nuove cessioni di asset? La banca in Turchia, per esempio... Nel 2018 abbiamo effettuato una svalutazio­ne degli asset in Turchia, che in futuro può diventare una ripresa di valore, ma da Yapi Kredi sono arrivati poi nel 2018 dividendi analoghi a quelli del 2017. La Turchia resta un Paese dalle grandi potenziali­tà economiche in cui UniCredit intende rimanere.

A dicembre presentere­te il nuovo piano quadrienna­le. Sarà ancora stand alone? Perché il riassetto della squadra managerial­e?

Come tutti i business plan, la previsione di partenza è di crescita in autonomia. Disegnerem­o la UniCredit di domani e per questo è necessario che i manager chiamati a realizzare il piano siano già in carica nella fase in cui stiamo progettand­o il nuovo business plan.

Il banchiere Andrea Orcel è temporanea­mente disoccupat­o. Di lui si sa che aveva due rapporti storici: con Santander e con UniCredit. Sfumata l’opzione spagnola, potrebbe approdare da voi?

Orcel è un banchiere d’affari molto capace. Ma il nostro modello di business è quello di una banca commercial­e.

La scorsa estate aveva chiesto a gran voce che i soci dello Ieo, centro ospedalier­o e di ricerca a Milano, accogliess­ero i piani di investimen­to di Leonardo Del Vecchio. Non risulta che siano stati fatti passi avanti. Che ne pensa?

La mia visione non è cambiata. Del Vecchio ha fatto una proposta di grandissim­a generosità. Se non venisse accettata o se lui fosse costretto a ritirarla, sarebbe un peccato per i cittadini, per Milano e per l'Italia. Spero che venga trovata una soluzione. Il tema ora è nelle mani del board dello Ieo.

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Fonte: Dati societari e elaborazio­ne del Sole 24 Ore
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ANSA Al vertice di UniCredit. Jean Pierre Mustier

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