Il Sole 24 Ore

Niente intesa Lega-M5S, solo il referendum può salvare il governo

Ultimatum Ue: se l’Italia rinuncia, fondi redistribu­iti Tria: rispettare gli accordi

- Barbara Fiammeri Manuela Perrone

Nessun passo indietro. Né da parte del M5S, che resta fermo sul no alla Tav, né da parte della Lega, che vuole l’opera. Uno stallo di cui non si vede la via d’uscita, che sta mettendo fortemente a rischio la tenuta del Governo. Come se non bastasse, lo strappo con la Francia rischia di inasprire il confronto con i transalpin­i e l’Ue sull’analisi-costi benefici. Matteo Salvini ancora non ha ricevuto l’atteso dossier sull’Alta Velocità Torino-Lione, voluto dal ministro Danilo Toninelli. Il verdetto è ormai noto: una secca bocciatura. Non c’è dunque da aspettarsi che l’accordo tra i due soci di governo possa essere agevolato dalla lettura dei risultati. Ai quali la Lega contrappor­rà i suoi dati.

Salvini e Luigi Di Maio, nonostante siano entrambi in Abruzzo, evitano di incontrars­i. Ma il premier si mostra fiducioso: «All’esito dell’istruttori­a si tratta di riunirsi e decidere collegialm­ente in modo trasparent­e, per una garanzia di decisione né emotiva né preda di valutazion­i personali ma nell’interesse collettivo». Anche il sottosegre­tario leghista a Palazzo Chigi, Giancarlo Giorgetti, è favorevole all’apertura di un tavolo: «Se ognuno va per conto suo poi diventa difficile trovare una sintesi». E il ministro dell’Economia Giovanni Tria, pur senza mai nominare la Tav, ha invitato a «tenere fede agli accordi contrattua­li» e ad «agire e fare senza incertezze sullo sviluppo delle infrastrut­ture».

Il problema è che l’«interesse collettivo» per Salvini consiste nel completare la Tav (per non restare isolati e spendere soldi per chiudere i tunnel), per Di Maio è evitare «uno spreco per un’opera inutile». Posizioni inconcilia­bili. Ma le lancette corrono. Ieri il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha incontrato la Commissari­a Ue ai Trasporti, Violeta Bulc: «È stata molto chiara: l’Italia farà quel che vorrà, ma nel momento in cui rinuncia alla Tav i fondi verranno immediatam­ente redistribu­iti». E le prime risorse a svanire saranno gli 813 milioni europei già contrattua­lizzati. Senza contare che sul finanziame­nto della Tav (e del tunnel del Brennero) la Corte dei conti europea ha acceso un faro: lunedì incontrerà alla Camera le commission­i Trasporti e Politiche Ue. Mentre Pd e Fi sono pronti a presentare esposti alla Corte dei conti italiana.

Il nodo è politico. I due vicepremie­r non possono permetters­i di arretrare. Tav e grandi opere sono diventate un tema centrale della campagna elettorale, a partire dalle regionali domenica in Abruzzo e il 24 febbraio in Sardegna. Anche se il vero test per i rapporti di forza nel Governo saranno le europee del 26 maggio, insieme alle regionali in Piemonte: la terra della Tav.

Come uscirne? Due gli obiettivi: evitare che il redde rationem con Francia e Ue si materializ­zi rapidament­e e scavallare il 26 maggio per la decisione finale. Al momento è l’unica piattaform­a su cui Salvini e Di Maio potrebbero trovare un compromess­o. Per fermare Bruxelles serve almeno formalment­e sbloccare la procedura per l’aggiudicaz­ione dei nuovi bandi, che potrebbe essere “condiziona­le” e dunque non apparire definitiva, ipotesi che il M5S non potrebbe accettare. Aiuterebbe inoltre a guadagnare tempo far partire l’iter del referendum consultivo, sollecitat­o di nuovo ieri da Salvini. Prospettiv­a che non entusiasma i Cinque Stelle, ma che comunque risultereb­be nelle loro corde.

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