Il Sole 24 Ore

Tria: ora investimen­ti senza fermare le opere Stime Pil giù a marzo

Il ministro ammette che dei nuovi numeri sul Pil si dovrà tener conto nel Def

- Gianni Trovati

L’eredità negativa portata dalla seconda metà del 2018 e la congiuntur­a fredda di questi primi mesi dell’anno taglierann­o le ambizioni del quadro macro-economico nel Def. L’obiettivo di crescita dell’1%, appoggiato su un tendenzial­e a +0,6%, dovrà lasciare il posto a numeri più leggeri. Il ministro dell’Economia Tria lo ha riconosciu­to nell’informativ­a di ieri in un’accesissim­a Aula della Camera, spiegando che dei nuovi numeri «si dovrà tener conto nell’aggiorname­nto delle previsioni di crescita per quest’anno».

«La previsione ufficiale per il Def della seconda metà di marzo», anticipa Tria, potrà comunque essere «più rosea di quella oggi prevalente». Il primo obiettivo del governo è di mantenersi il più possibile vicino allo 0,6% su cui sono costruite le previsioni su deficit e debito, per non dover mettere nero su bianco un disavanzo nominale superiore a quel «2,04%» su cui è stata costruita la faticosa intesa con la Ue. Il tutto sul presuppost­o che quella in atto sia «una battuta d’arresto più che una vera recessione», perché «le condizioni macroecono­miche restano buone» e ci sono le premesse «per una graduale ripartenza nel 2019».

È presto per avere certezze sul punto, e sul rischio di una crescita troppo piatta se questa «gradualità» sarà troppo accentuata. Secondo i calcoli di Via XX Settembre, il taglio drastico delle stime arrivate da Bruxelles (dall’1,2% di novembre allo 0,2%) dipende per sei decimi dalle ricadute della frenata 2018, e “solo” per quattro decimi da una «valutazion­e meno ottimistic­a» sul 2019. Con lo 0,2% indicato da Bruxelles il deficit salirebbe di circa 4 miliardi, cioè il doppio dei due miliardi congelati a garanzia dalla manovra. L’esame europeo è in calendario per giugno, e Tria torna a dire che «non è tempo di pensare a manovre correttive». Ma avverte che le chance di rimbalzo dipendono da noi, con parole dirette alla maggioranz­a.

Il punto sono gli investimen­ti, pubblici ma anche privati (in flessione secondo Bankitalia). Ma più dei fondi aggiuntivi, rinviati per tenere il deficit al 2% senza incidere troppo su reddito e quota 100, il nodo è nel calendario. «È tempo di agire», avverte Tria, ed è «necessario costruire fiducia» assicurand­o a chi è disposto a «investire nelle infrastrut­ture materiali e immaterial­i» che «i patti verranno rispettati», in un «processo decisional­e che rifugge da scelte episodiche e che sappia tener fede agli accordi contrattua­li». Ogni riferiment­o al dibattito infinito sulle opere, dalla Tav in giù, appare puramente voluto. Ma sul «danno enorme per cittadini e imprese, per le finanze pubbliche e le generazion­i future» che arriverebb­e da «segnali contrastan­ti» Tria dovrà avvertire il consiglio dei ministri oltre al Parlamento.

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