Primo ok al taglio parlamentari Camera a quota 600, Senato 200
Esulta il M5S, sì anche da Fi Il Pd vota contro e valuta ricorso alla Consulta
Primo via libera, ieri in Senato, al disegno costituzionale che taglia il numero dei parlamentati: da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 in Senato. In tutto 600 invece degli oltre 900 attuali, un taglio di oltre un terzo. Esulta il M5S, che può piantare una prima bandiera sui suoi temi storici in vista delle europee di maggio: «Evviva, approvato il Taglia poltrone in Senato! Presto ci saranno 345 parlamentari in meno e un risparmio di mezzo miliardo di euro a legislatura. Se lo diciamo lo facciamo», è il commento del leader pentastellato e vicepremier Luigi Di Maio. Sì anche della Lega, certo, ma a sottolineare che la bandiera appartiene soprattutto al M5S c’è il fatto che in due giorni di discussione è intervenuto in Aula il solo Roberto Calderoli. Pur con mille criticità ha votato infine a favore anche Forza Italia, che fa così salire ai due terzi il quorum di approvazione cancellando - se e quando si arriverà alla fine del percorso, dopo la doppia lettura da parte delle due Camere - la possibilità di richiedere il referendum confermativo.
Contro un taglio giudicato «spot» e che non risolve l’anomalia italiana del bicameralismo paritario si sono schierati alla fine solo il Pd, Leu e le Autonomie: in tutto 54 su 185 sì e 4 astenuti. Il no del Pd è arrivato un po’ a sorpresa dopo l’astensione in commissione. Il gruppo Senato è ancora molto influenzato da Matteo Renzi, ed è stato proprio lui nei giorni scorsi a convincersi infine per il no e a dare la linea ai senatori a lui più vicini. Confluendo così sulla posizione critica già espressa da un senatore di lungo corso come Luigi Zanda: «Tutto fa pensare che 5 stelle e Lega abbiano scelto di trattare il Parlamento e la democrazia rappresentativa come un carciofo, spogliandolo e indebolendolo foglia dopo foglia», ha detto Zanda nel suo intervento in Aula facendo riferimento al combinato disposto con l’introduzione del referendum propositivo all’esame della Camera. Né ieri è mancata una nuova occasione di scontro della minoranza con la presidente dell’Aula Elisabetta Casellati, che ha dichiarato inammissibili per estraneità di materia una serie di emendamenti del Pd tesi a unire il taglio del numero dei parlamentari alla differenziazione delle funzioni tra Camera e Senato e a uniformare l’età dell’elettorato attivo e passivo tra le due Camere (18 anni e 25). Dura la reazione dei senatori dem, che non escludono un nuovo ricorso alla Consulta dopo quello sul timing della legge di bilancio: «Ci rivolgeremo a qualsiasi istanza costituzionale possa essere legittimamente invocata affinché si ponga l’attenzione sul fatto che si vuole impedire al Senato e alla minoranza di discutere», ha detto Dario Parrini.