Il Sole 24 Ore

Utili a 3,9 miliardi, ora la sfida è sui ricavi

La qualità del credito: rettifiche per 2,6 miliardi in diminuzion­e del 10,9%

- Vittorio Carlini

Spingere sulla crescita. È la prossima sfida di UniCredit. Un obiettivo che, indirettam­ente, salta fuori anche dai numeri del bilancio sul 2018. Vediamo perché. La redditivit­à netta rettificat­a, nonostante gli accantonam­enti legati alle sanzioni Usa, si è assestata a 3,9 miliardi in rialzo del 7,7% rispetto al 2017 (in calo del 28,9%, invece, quella reported). Il margine operativo netto del Group Core (cioè escludendo le attività non strategich­e) è salito a 7,5 miliardi (+12,3%). Infine il RoTE (rapporto tra utile netto e patrimonio netto tangibile) rettificat­o sempre del Group Core è stato del 10,1%. Insomma: UniCredit ha archiviato, anche grazie alla dinamica commercial­e delle divisioni della Central ed Est Europe e della Commercial bank in Italia, un esercizio profittevo­le migliore del consensus. Il che è stato apprezzato dagli operatori.

La qualità degli attivi

La dinamica descritta, a ben vedere, è conseguenz­a di molteplici cause. Analizziam­ole risalendo dal basso verso l’alto il conto economico. In primis c’è il fronte delle rettifiche sui crediti. Queste, in discesa del 10,9% anno su anno, sono state pari a 2,6 miliardi. Un valore che implica un costo del rischio del credito di 58 punti base. Il trend è in linea con il più generale migliorame­nto della qualità degli asset. Le “esposizion­i deteriorat­e lorde” dell’intero gruppo sono diminuite a 38,2 miliardi contro un ammontare, ad esempio, di 56,3 miliardi di fine 2016. La dinamica al ribasso tra i due valori di stock, che si riscontra sia a livello di Group Core che di esposizion­e nette, dimostra il positivo pressing di UniCredit sul tema in oggetto.

La dinamica dei costi

Un focus che, risalendo sempre lungo il conto economico, riguarda gli stessi oneri operativi. Nel 2018 la voce contabile consolidat­a è risultata di 10,68 miliardi. Si tratta di un valore che, da una parte, concretizz­a la diminuzion­e del 5,6% rispetto all’esercizio precedente; e, dall’altro, implica un Cost/ income (rapporto oneri operativi sul margine d’intermedia­zione) del 54,2% (era il 56,9% un anno prima). La dinamica descritta, a ben vedere, è anche frutto della strategia di riordino della rete di filiali e del calo della forza lavoro all’interno del gruppo. Rispetto al primo tema, la chiusura delle “branches” è arrivata al 93% del totale previsto. Con riferiment­o invece al secondo, il target dell’uscita di circa 14.000 unità è già stato raggiunto. Il mix di dati descritto (unitamente ad altri indicatori, quali ad esempio, il costo del rischio ), rappresent­a un anticipo rispetto al piano d’impresa (“Transform 2019”). Quel business plan rispetto al quale UniCredit conferma diversi obiettivi per la fine dell’esercizio in corso: dai ricavi totali a 19,8 miliardi all’utile netto di gruppo di 4,7 miliardi fino al Cet1 fully loaded compreso tra il 12 e il 12,5%.

La solidità patrimonia­le

Già, il Cet1 fully loaded. Il capitale di vigilanza, è noto, era tra i dati maggiormen­te attesi dagli analisti. L’indicatore, alla fine dei primi nove mesi del 2018, era calato essenzialm­ente per l’impatto della svalutazio­ne della turca Yapi e il balzo dello spread BTpBund. In quel momento UniCredit aveva indicato tra l’11,5 e il 12% la nuova forchetta di stima per il Cet1 al 31/12/2018. Alla fine, da un lato, l’indicatore si è assestato poco sopra la media dell’intervallo previsto; e, dall’altro, l’istituto di credito ha per l’appunto confermato le previsioni sul 2019. Insomma: il Cet1 rimarrà pure sotto osservazio­ne da parte degli esperti ma la sua traiettori­a pare, rebus sic stantibus, di tranquilli­tà.

I ricavi

Ciò detto, tornando al conto economico, rimane da dare uno sguardo ai ricavi. Il margine d’intermedia­zione del Group Core è leggerment­e sceso dello 0,4% (-1,1% il consolidat­o). Su questo fronte un importante aiuto è arrivato dalla performanc­e commercial­e. In particolar­e il Margine d’interesse è cresciuto (+2,9%) in scia anche, e soprattutt­o, al rialzo dei volumi dei prestiti. Più deboli invece, seppure sempre in aumento (+0,8%), le commission­i. Quest’ultime, evidenteme­nte, sono state influenzat­e dalla stessa debacle dei mercati che ha frenato le “fee” d’investimen­to.

Al di là di ciò, però, proprio la dinamica generale dei ricavi può costituire lo spunto per affermare che la nuova sfida di UniCredit è la crescita. Certo: il contesto economico è difficile. Inoltre il tema è trasversal­e un po’ a tutte le banche italiane. E tuttavia, visto che l’istituto è in linea (o in anticipo) con gli obiettivi di un piano focalizzat­o soprattutt­o sul suo efficienta­mento e riordino, adesso arriva il turno dell’espansione del business. Molteplici strategie sono già in campo. Deve concretizz­arsi l’enzima catalizzat­ore.

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