«Niente cannabis per Philip Morris»
Parla il ceo Calantzopoulos: utili oltre le attese, premiati dalla svolta in Italia
La svolta strategica di Philip Morris International (PMI) verso una progressiva sostituzione del business delle sigarette tradizionali con nuovi prodotti chiamati «a rischio ridotto»– che hanno il fulcro manifatturiero in Italia nella produzione di stick a tabacco riscaldato – resta complessa ma comincia a dare frutti: un 2018 molto difficile in Borsa si chiude per il gruppo con l'annuncio di risultati superiori alle aspettative, accolti bene dagli investitori. Il processo di trasformazione strutturale del business autorizza previsioni ottimistiche sui prossimi tre anni: a sottolinearlo è il Ceo André Calantzopoulos, secondo cui l’annata si è chiusa con «una robusta performance finanziaria e strategica». Se la forza di fondo del business tradizionale del tabacco a combustione resta «intatta», il Ceo evidenzia che «i prodotti a rischio ridotto rappresentano il catalizzatore per accelerare la crescita del nostro business e assicurare il futuro a lungo termine della società e la sostenibilità dell'aumento di utili e dividendo». Nel quarto trimestre gli utili per azione, a 1,23 dollari, hanno battuto le attese, su ricavi scesi meno del previsto a 7,39 miliardi (-9,6%). Nell’annata, i profitti operativi sono scesi dell’1,8% a 11,4 miliardi di dollari, su ricavi calati del 3,1% a 29,6 miliardi. Se i volumi di sigarette sono diminuiti del 2,8% su base annuale, le unità a tabacco riscaldato sono aumentate del 14,2% a 41,4 miliardi: i prodotti alternativi hanno generato ricavi per oltre 4 miliardi, con un balzo nella Ue da 269 a 865 milioni guidato da Germania e Italia. Il target triennale 2019-2021 contempla un aumento medio dei ricavi di almeno il 5% e dell’utile per azione di almeno l’8%.
Le vendite di prodotti a tabacco riscaldato, oggi effettuate in 46 Paesi, sono ipotizzate in espansione fino a 100 miliardi di unità nel 2021. «I nuovi IQOS lanciati a novembre stanno andando molto bene: abbiamo avuto problemi a soddisfare la domanda», afferma Calantzopoulos. La svolta di PMI ha avuto e ha l’epicentro nello stabilimento di Crespellano, nel bolognese, pioniere e lead factory per il mondo intero. «Sono molto soddisfatto dei nostri investimenti industriali in Italia», dice il Ceo: la scelta dell'Emilia per tecnologie e processi produttivi completamente nuovi, aggiunge, è stata fatta considerando le avanzate competenze dell'area nel packaging manifatturiero, che si sono aggiunte all'expertise che la società già aveva in loco. Calantzopoulos desidererebbe una regolamentazione più elastica in termini di comunicazione, anche in Italia: «Non vogliamo certo andare sui mass-media con la pubblicità. Ma ci piacerebbe essere in grado di poter comunicare meglio al pubblico, come già possiamo fare in Giappone , sui prodotti alternativi alla combustione. Che dall’Italia diffondiamo in tutto il mondo». A fine gennaio Calantzopoulos si è recato a Davos per cercare di veicolare il messaggio secondo cui i fumatori vanno messi in condizione di conoscere meglio le caratteristiche dei nuovi prodotti per essere indotti a abbandonare le sigarette. A suo parere, il meglio è nemico del bene: andrebbe avviata una «seria conversazione tra adulti, non ideologica» sulle alternative che comportano rischi minori per la salute anche se continuano a creare dipendenza. Ma l'Organizzazione Mondiale della Sanità non vuole aprire alcun dialogo e l'FDA statunitense non sembra pronta a dare autorizzazioni, specie dopo il successo negli Usa tra gli adolescenti dell'ecigarette Juul, in cui ha investito Altria. PMI si distingue da Altria per non voler investire in un settore in forte crescita: quello della cannabis. «Noi siamo del tutto concentrati sui reduced-risk products», sintetizza il Ceo, aggiungendo non senza malizia: «Certe Ong che sempre ci attaccano, anche quando proponiamo prodotti che eliminano la nociva combustione, non mi pare facciano osservazioni critiche su un settore come quello della marijuana, che va a combustione…».