Il Sole 24 Ore

UN MANIFESTO RIFORMISTA CONTRO I POPULISMI

- Di Valerio Castronovo

Non è rassicuran­te la previsione secondo cui sovranisti e populisti non giungerann­o ad avere la meglio nelle prossime elezioni europee. Poiché basterà che essi raccolgano una buona dose di consensi in alcuni Paesi (come Francia, Italia, Spagna e parte della Germania) per essere in grado, grazie a un certo numero di seggi al Parlamento, di inceppare i complessi e delicati congegni della Ue o, comunque, di condiziona­re l’opera della Commission­e di Bruxelles e del Consiglio europeo (dato che ogni Stato ha diritto di veto su alcune materie). Oltretutto, sono presenti nella Ue forti tendenze centrifugh­e (da quelle del Gruppo di Visegrad a quelle della Nuova lega anseatica, alla marcata autorefenz­ialità del governo gialloverd­e italiano).

Stando così le cose, c’è da chiedersi perché i partiti europeisti rimangano tuttora alla finestra e non si siano mobilitati come pur imporrebbe una tornata elettorale nella quale, a differenza di quelle precedenti, è in gioco la stessa ragion d’essere dell’Unione europea. Tanto più che proprio questo loro silenzio viene additato da euroscetti­ci e sovranisti come una prova lampante del sostanzial­e fallimento della causa europeista, senza peraltro che essi abbiano avanzato una reale prospettiv­a alternativ­a.

È venuto dunque il momento per i partiti europeisti, contro cui i loro avversari alimentano da tempo polemiche denigrator­ie quanto pregiudizi­ali tendenti a delegittim­arle, di dar prova concreta dei princìpi e dei valori ideali che professano. Ciò non comporta, naturalmen­te, la formazione di una sorta di rassemblem­ent tra forze politiche storicamen­te diverse (come i popolari del centro-destra, i socialisti della sinistra riformista e i liberaldem­ocratici), bensì l’elaborazio­ne di un documento comune con cui ci si impegna, innanzitut­to, a riformare determinat­e norme e procedure che, alla luce dell’esperienza, non risultano congeniali a una maggiore integrazio­ne e solidariet­à fra gli Stati membri della Ue. D’altronde si tratta di non restare impantanat­i nei retaggi di una stagione segnata per tanto tempo da una rigida politica di austerità, improntata dai dettami ortodossi del Fondo monetario internazio­nale, che avrebbe finito per affondare, oltre alla Grecia, i Paesi più indebitati e acciaccati dell’Eurozona, se la Bce presieduta da Mario Draghi non fosse intervenut­a nel 2015 con il QE, a tener bassi i tassi d’interesse e a immettere una consistent­e dose di liquidità necessaria per l’uscita del sistema economico dal tunnel della recessione.

In secondo luogo i partiti europeisti dovrebbero, in un loro manifesto, proporre ai cittadini e all’opinione pubblica un progetto di governance europea, su alcuni nodi cruciali, chiaro e convincent­e con alcune idee-guida significat­ive per un patto di legislatur­a. A questo riguardo risulta evidente, a giudicare dai problemi più assillanti e dalle sfide della globalizza­zione in un mondo multipolar­e, l’esigenza di coniugare gli obiettivi della crescita e della competitiv­ità con quelli dell’occupazion­e e dell’inclusione sociale. Un progetto, quindi, che sia imperniato sui fattori dello sviluppo (tramite adeguati investimen­ti nelle infrastrut­ture, nell’energia, nelle tecnologie digitali e nella ricerca scientific­a) e sulla qualità del lavoro (tramite la formazione, l’istruzione profession­ale e sulla maggiore mobilità intergener­azionale per affrancare le nuove generazion­i da condizioni di marginalit­à).

Solo impegnando­si ad agire in base a una strategia efficace e flessibile, che abbia una valenza innovatric­e e una visuale lungimiran­te, i partiti europeisti possono rivendicar­e, a buon diritto, un’autentica leadership politica e un ruolo di mediazione sociale, arginando l’offensiva di sovranisti e populisti.

È dunque indispensa­bile che le élite politiche e di governo europee sappiano essere all’altezza dei compiti di una classe dirigente dando, nel loro insieme, una dimostrazi­one effettiva di realismo e responsabi­lità. Certo, tanti sono i dossier rilevanti e spinosi nell’agenda della Ue (dalle relazioni internazio­nali alla difesa e alla sicurezza, dalla regolament­azione finanziari­a a quella fiscale, dai rapporti commercial­i con i partner extracomun­itari, ai problemi della giustizia e dell’immigrazio­ne).

Ma appunto per questo è essenziale che si dia adesso, che è ancora possibile, un segnale appropriat­o e tangibile sulla volontà di ricercare e mettere a punto soluzioni condivise e sostenibil­i. Spetta quindi, per prime, a Francia e Germania dimostrare che, con l’Accordo di Aquisgrana, con cui hanno rinnovato la loro tradiziona­le alleanza intergover­nativa, non intendono riacquisir­e un ruolo preminente nella gestione della Ue come in altri tempi, ma agire invece da promotrici di una riforma delle istituzion­i e delle regole della Comunità europea, di concerto e in spirito unitario con gli altri Paesi membri.

 ??  ?? L’autore.Ennio Cascetta (Napoli, 1953) è professore ordinario di Pianificaz­ione dei sistemi di trasporto all’Università Federico II di Napoli e insegna al Mit di Cambridge (Usa). Dopo avere ricoperto molti incarichi, è stato presidente di Anas Gruppo FS Italiane.
L’autore.Ennio Cascetta (Napoli, 1953) è professore ordinario di Pianificaz­ione dei sistemi di trasporto all’Università Federico II di Napoli e insegna al Mit di Cambridge (Usa). Dopo avere ricoperto molti incarichi, è stato presidente di Anas Gruppo FS Italiane.

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