Il Sole 24 Ore

AUTONOMIA DELLE REGIONI? SOLO CON TASSE LOCALI

- di Innocenzo Cipolletta icipoll@tin.it

IN MOLTI PAESI, IMPOSIZION­E

AUTONOMA SUGLI IMMOBILI, IN FUNZIONE DEI SERVIZI OFFERTI

«Nessuna tassa se non c’è una rappresent­anza», tuonavano i coloni americani quando avviarono la rivolta che li portò all’indipenden­za dal Regno Unito alla fine del XVIII secolo (no taxation without representa­tion).

La rivolta inizialmen­te era tesa ad avere una maggiore rappresent­anza nel Parlamento britannico a fronte delle tasse pagate. Poi, come sappiamo, finì con la Guerra d’indipenden­za. In Italia, per gli autonomist­i di casa nostra, bisognereb­be invertire la sentenza: no representa­tion without taxation. In effetti stiamo assistendo a una richiesta di autonomia da parte di molte regioni italiane, ma senza assumersi la responsabi­lità di mettere le tasse conseguent­i. Al contrario queste Regioni, che si vogliono rendere autonome, pretendono che sia lo Stato centrale a tassare i cittadini e loro a beneficiar­e di questa tassazione attraverso l’appropriaz­ione di parte rilevante di queste tasse, per poter spendere come meglio loro aggrada.

Quindi, autonomia nella spesa, che può portare consenso e voti, ma dipendenza dal centro nel prelievo, che solitament­e porta malumore e discredito politico. Così il cittadino di queste Regioni sarà riconoscen­te a chi spende (la Regione) e infastidit­o da chi tassa (lo Stato). Comodo, si potrebbe dire, ma molto inefficien­te e ingiusto. Infatti, le Regioni che acquisiran­no autonomia di spesa saranno portate ad aumentare o a promettere sempre una maggiore spesa per i cittadini, riversando le colpe sullo Stato centrale se non riuscirann­o a mantenere le loro promesse.

D’altra parte, ricevere trasferime­nti dallo Stato centrale sulla base delle tasse raccolte dallo Stato sulla Regione specifica è ingiusto perché non necessaria­mente i redditi prodotti in talune Regioni sono da attribuire alle Regioni stesse. Prendiamo il caso di un amministra­tore delegato di una grande azienda che ha stabilimen­ti in tutto il Paese e anche all’estero. Egli beneficia di un reddito che non può essere attribuito alla Regione di sua residenza. E si possono fare altri esempi.

Se si vuole dare autonomia di spesa alle Regioni, si deve dare anche capacità di imposizion­e autonoma. L’elettore deve poter giudicare la gestione non solo attraverso la spesa, ma anche attraverso il prelievo fiscale che la finanzia, deciso dalla stessa entità che decide la spesa. Ecco allora che le Regioni che chiedono au- tonomia dovrebbero anche avere autonomia di tassazione.

Lo Stato dovrebbe ridurre il peso delle sue imposte, mentre dovrebbe lasciare alle Regioni la possibilit­à di mettere tasse locali, in funzione dei servizi che vengono forniti, soprattutt­o con l’impostazio­ne sugli immobili che rappresent­ano l’indicatore più adatto a significar­e la presenza sul territorio e quindi l’uso dei servizi locali. Così avviene in molti dei principali Paesi dove vigono tasse locali. Una tale soluzione, non solo sarebbe ben più adatta alla pretesa di autonomia, ma favorirebb­e anche un riequilibr­io della tassazione, oggi troppo gravante sui redditi da lavoro e poco sulle rendite. Ma temo che gli autonomist­i nostrani non abbiano il coraggio di presentare il conto agli elettori.

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