Londra e Bruxelles riprendono a parlarsi sul confine irlandese
Dal nostro corrispondente
BRUXELLES
Dopo che Westminster ha votato contro l’accordo di divorzio negoziato tra Londra e Bruxelles negli ultimi due anni, la Commissione europea e il governo May hanno annunciato ieri il ritorno al tavolo delle trattative. In ballo non c’è l’intesa di recesso, ma solo eventualmente la dichiarazione politica associata al trattato di quasi 600 pagine. L’esito della partita rimane incerto, soprattutto per via della caotica situazione politica nel Regno Unito.
Dopo un incontro a Bruxelles, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e la premier Theresa May hanno annunciato nuove discussioni «in modo da capire se sia possibile trovare una soluzione che abbia il sostegno più ampio possibile nel Parlamento britannico, rispettando le linee-guida del Consiglio europeo». La loro conversazione è stata definita «vigorosa e costruttiva». Successivamente la signora May ha assicurato che Brexit avrà luogo «nei tempi stabiliti», ossia il 29 marzo.
In gennaio, Westminster ha votato contro l’accordo di recesso negoziato tra Londra e Bruxelles, criticando la soluzione-paracadute trovata per risolvere la questione della frontiera tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda. In attesa di finalizzare un accordo di partenariato, il cosiddetto backstop prevede che dopo la fase di transizione - dal 1 gennaio 2021 - il Regno Unito farebbe parte dell’unione doganale pur di evitare il ritorno di un confine fisico nell’Ulster.
La premier May vorrebbe quindi ottenere modifiche al backstop. Il sentiero è strettissimo. L’accordo di divorzio non verrà rinegoziato, ha precisato il presidente Juncker, mentre è possibile rivedere la dichiarazione politica relativa al futuro accordo di partenariato. Il Labour si è detto pronto proprio mercoledì a sostenere l’accordo di divorzio purché il futuro partenariato preveda la partecipazione del Regno Unito all’unione doganale.
A Bruxelles Guy Verhofstadt, il liberale belga che segue i negoziati per il Parlamento europeo, si è aggrappato a questa soluzione che nei fatti renderebbe inutile il backstop. Insomma, sul tavolo tra le possibilità vi sarebbe una revisione della dichiarazione politica che prefiguri un rapporto così stretto tra le parti da evitare d’emblée una frontiera fisica in Irlanda. Sono pronti i Tories ad accettare la mano tesa del Labour e quindi la partecipazione all’unione doganale?
«Non vi sono svolte in vista», ha ammesso ieri il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Si stanno affrontando ormai due visioni. C’è chi ormai ammette l’idea di una hard Brexit il 29 marzo. E chi è convinto che messe alle strette le parti opteranno per una proroga del periodo negoziale, possibilmente fino al 30 giugno, ossia entro la prima riunione del nuovo Parlamento dopo il voto di maggio, in modo da evitare che debbano sedere in aula deputati inglesi, poi costretti a lasciare l’assemblea dopo Brexit.
IL RITORNO DI THERESA MAY La premier britannica sta cercando di ottenere modifiche alle intese sul backstop. Ieri ha ripetuto ai leader europei che Brexit avverrà nei tempi stabiliti