Il Sole 24 Ore

Ipotesi sostitutiv­a al 15% sul reddito incrementa­le

Emersione di imponibili fino al 10% in più senza accertamen­to

- Marco Mobili Giovanni Parente ROMA

La macchina della riforma fiscale si è rimessa in moto. Da un lato, i rappresent­anti del Governo, come i sottosegre­tari all’Economia Massimo Garavaglia (Lega) che rilancia l’ipotesi di un abbattimen­to della prima aliquota Irpef dal 23% al 20% e Laura Castelli (M5S) che conferma l’intenzione di lavorare a un processo di revisione dell’Irpef partendo dall’introduzio­ne di un coefficien­te familiare . Dall’altro lato, i parlamenta­ri con la proposta di legge della Lega già depositata alla Camera (primo firmatario Alberto Gusmeroli) che punta a introdurre l’ennesima sostitutiv­a: l’IrpefIresP­lus. In sostanza, un prelievo del 15% che prenderebb­e il posto di Irpef e relative addizional­i o dell’Ires (per le società di capitali) da applicare al reddito incrementa­le. L’ipotesi contenuta nella proposta è di partire già dalla dichiarazi­one da presentare nel 2020 e quindi dai redditi relativi al 2019. L’eccedenza dovrà essere comunque “aggiornata” all’incremento Istat prevista per lo stesso anno. Attenzione, però. C’è una soglia da tenere bene a mente. È quella del 10% rispetto all’imponibile inizialmen­te dichiarato. Entro questa soglia, infatti, il reddito si considera conforme e i contribuen­ti, società comprese, potranno beneficiar­e di uno scudo sugli accertamen­ti. Scudo che però non si applica nei casi di frode ed evasione accompagna­ti da reati e quando non vengono dichiarati redditi esteri.

La proposta messa a punto da Gusmeroli e dai sottosegre­tari all’Economia, Massimo Garavaglia e Massimo Bitonci, prevede anche che sul reddito incrementa­le tassato al 15% con la nuova sostitutiv­a, in quanto incrementa­to dell’indice Istat, non sono dovuti i contributi previdenzi­ali e assistenzi­ali, ferma restando la possibilit­à di versare contributi previdenzi­ali in forma volontaria per far crescere il montante.

Il sistema delineato partirebbe con una sperimenta­zione triennale. Per il primo anno di dichiarazi­one (appunto il 2020) il reddito relativo al 2019 dovrà comunque essere superiore a quanto indicato nei modelli Redditi o 730 in riferiment­o al 2018. E ciò, come spiega Gusmeroli, per evitare in corso d’anno «e in corso di approvazio­ne della proposta di legge un’attività di riduzione del reddito». In sostanza, una sorta di norma antiabuso per far rientrare il reddito incrementa­le in quello “conforme”, ossia nella soglia del 10% non passibile di successivo accertamen­to.

Secondo i proponenti, dall’iniziativa potrebbe arrivare anche una boccata di ossigeno per le casse pubbliche. L’emersione di redditi e le conseguent­i imposte versate, favorite dal doppio vantaggio del prelievo unico e ridotto e della protezione dagli accertamen­ti fino al 10%, potrebbero dare un contributo alla «sterilizza­zione delle clausole Iva 2020-2021», che dopo l’ultima manovra di Bilancio impegneran­no maggioranz­a e Governo a trovare risorse complessiv­e per circa 52 miliardi di euro.

La proposta di legge potrebbe diventare un pezzo della più ampia riforma annunciata da Bitonci e Garavaglia, oppure raccoglier­e convergenz­e parlamenta­ri anche con le opposizion­i. Proprio ieri, infatti, Luca Ciriani, capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, ha ricordato che già dall’estate scorsa è stato depositato in commission­e Finanze a Palazzo Madama un disegno di legge sostanzial­mente analogo che prevede l’applicazio­ne del 15% sul reddito incrementa­le. A Ciriani ha fatto eco il collega di partito alla Camera, Guido Crosetto, che in tweet ha sottolinea­to anche la presenza di una sua proposta a Montecitor­io invitando la Lega a usarlo.

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