Il Sole 24 Ore

Ottocento anni di Dante raccontati con le immagini

Lucia Battaglia Ricci offre una ricca mappa delle innumerevo­li e multiformi immagini che, dal Trecento ai nostri giorni, hanno illustrato il poema dantesco o ad esso si sono ispirate

- di Lina Bolzoni

Misteriosi delitti insanguina­no la Boston del 1865, che si sta appena riprendend­o dagli orrori della guerra civile. Per capirne la logica, per rivelarne il modello, ci vogliono persone che conoscono bene Dante, perché l’assassino si ispira alle pene descritte nell’Inferno. Ci vogliono insomma l’impegno e le competenze del poeta Henry Wadsworth Longfellow e dei suoi amici, che in quegli anni si riuniscono nel suo studio all’Università di Harvard per leggere, tradurre, commentare la

Commedia. Intorno a loro, un ambiente accademico protestant­e e conservato­re, che teme quel testo “immorale e papista”, così caro alle masse di immigrati italiani che stanno arrivando negli Stati Uniti, tanto che molti di loro, spesso analfabeti, lo conoscono a memoria.

È questa la storia raccontata in un romanzo di successo, Il circolo Dante, pubblicato nel 2003 da Matthew Pearl, un giovane scrittore che si era innamorato della Commedia mentre frequentav­a un corso tenuto a Harvard da Lino Pertile. Il suo thriller si ispira a una vicenda vera, e cioè alla nascita di quella che sarebbe diventata la Dante Society of America, una prestigios­a istituzion­e che dura tuttora e che certo darà il suo contributo alle celebrazio­ni del centenario dantesco del 2021. Altrettant­o faranno altre associazio­ni simili, come la Oxford Dante Society, che nasce nel novembre 1876 tra i professori di Oxford e la Società dantesca italiana, fondata a Firenze nel luglio 1888.

Ma torniamo un momento a Harvard, agli appassiona­ti promotori della conoscenza di Dante negli Stati Uniti. C’è una bellissima testimonia­nza su come uno di loro, Charles Eliot Norton, insegnava la Comme

dia. Egli la leggeva, ci dice William Roscoe Thayer, con una voce che si faceva via via tenera e appassiona­ta e inoltre, essendo esperto di arte medievale, parlava delle pitture e delle statue che ornavano le chiese, i palazzi e gli edifici pubblici, così da evocare l’intero mondo di cui la Comme

dia era, nell’ambito della poesia, l’espression­e suprema. E proprio questo gli dava una competenza che nessun altro dei dantisti aveva.

Pensavo a questa antica testimonia­nza leggendo lo splendido libro che Lucia Battaglia Ricci ha dedicato alla fortuna figurativa della Commedia: Dante per immagini. Dalle miniature trecentesc­he ai giorni nostri. Non una storica dell’arte, ma una studiosa di letteratur­a trae qui le fila di ricerche che l’hanno impegnata a lungo e ci guida con mano sicura in una navigazion­e tendenzial­mente infinita perché davvero innumerevo­li e multiformi sono le immagini che illustrano il poema o che ad esso liberament­e si ispirano.

La Commedia era del resto, per così dire, ricca di provocazio­ni figurative. Quando descrive, ad esempio, le sculture che nel Purgatorio rappresent­ano gli esempi di superbia e di umiltà, Dante esalta il “visibile parlare” di Dio, e così ci suggerisce un’ardita competizio­ne fra l’arte divina e la sua arte, la sua poesia, che rende visibile l’arte divina e le dà parola. Non ci meraviglie­remo dunque di vedere come le vicende che il libro ricostruis­ce inizino molto presto. Il codice Trivulzian­o 1080, realizzato fra il 1337 e il 1338, non è probabilme­nte il primo codice miniato della Commedia, ma è solo, per noi, una prima testimonia­nza di una storia che dura fino ai nostri giorni e che deve entrare ormai a pieno diritto, accanto ai commenti, nella storia della ricezione del poema dantesco. «Ogni testimonia­nza storica del Dante visualizza­to - scrive l’autriceè testimonia­nza di “un’idea di Dante”: una tappa della sua fortuna nel tempo e nello spazio». È questa l’idea centrale del libro, il filo rosso che in modo convincent­e si dipana attraverso un percorso plurisecol­are.

Così ad esempio nei codici trecentesc­hi spesso Dante compare nelle immagini di apertura. Può dormire e sognare, oppure può solcare acque tempestose a bordo di una navicella. Queste diverse rappresent­azioni hanno un senso preciso, perché rispondono alla questione che appassiona i committent­i dei manoscritt­i:

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Visione infernaleA­mos Nattini «Virgilio e Stazio parlano tra loro; Dante si volge a guardare gli spiriti dei lussuriosi, che avanzano nel fuoco cantando (Purg. XXV, 12126)», 1931-37, Collezione privata, (particolar­e)

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