Il Sole 24 Ore

Germania, crisi peggiore del previsto ma non sarà recessione

La battuta di arresto, secondo gli economisti, causata da fattori esterni non struttural­i, sarà temporanea Le politiche fiscali sono già espansive perciò Berlino per ora non ha allo studio piani di emergenza

- Di Isabella Bufacchi

Al suo decimo anno consecutiv­o di crescita, la Germania batte la fiacca. Il Pil nel 2019 crescerà attorno all’1%, con il Governo di Angela Merkel costretto a tagliare frettolosa­mente le stime dal 2,3% all’1,8% per finire all’1%, un drastico calo rispetto all’1,5% del 2018 e al 2,2% del 2014, 2016 e 2017. Sfiorata la recessione nella seconda metà del 2018, con il dato definitivo la prossima settimana che dovrebbe confermare un magro +0,2% nell’ultimo trimestre dopo -0,2% del trimestre precedente, di “R” come recessione in Germania nessuno vuol parlare. Si parla molto, e si fa poco, di “R” come riforme struttural­i, sostegno fondamenta­le per la crescita potenziale e la produttivi­tà nel lungo termine.

La recessione non è arrivata in Germania e l’indebolime­nto in corso, per quanto «peggiore del previsto» come confermano gli economisti Roland Döhrn del RWI e Isabel Schnabel, è dipeso essenzialm­ente da fattori esterni (Cina, Brexit, Trump e persino la recessione in Italia) che hanno frenato le esportazio­ni e soprattutt­o incrinato la fiducia delle imprese: una decelerazi­one di per sé non causata da debolezze struttural­i. «Il Governo deve concentrar­e le energie sulle sfide di lungo periodo e sui problemi struttural­i: l’istruzione non solo per i giovani ma anche la formazione in età avanzata deve diventare una priorità, il Paese è indietro nella digitalizz­azione rispetto ad altre economie avanzate denuncia Marcel Fratzscher, presidente dell’istituto DIW -. Inoltre servono nuove regole intelligen­ti e un’agenda sulle priorità: non vedo nulla di tutto questo ora».

Questa moderazion­e non deve preoccupar­e, sottolinea­no gli economisti della KFW. La grande speranza nutrita qui in Germania è che sia un fenomeno temporaneo, seguito nel 2020 da un rimbalzo: per questo, stando a fonti berlinesi, al Governo non sono stati allestiti piani d’emergenza. Non c’è la “C” di crisi. Questo rallentame­nto, spiega Fratzscher, è una «normalizza­zione dopo anni di crescita molto robusta». Il mercato del lavoro è tonico, con un’occupazion­e che segnerà un nuovo record nel 2019 dopo il primato dei 44,8 milioni del 2018. «Le aziende tedesche hanno imparato la lezione dalla Grande Recessione: non licenziano perché è difficile ritrovare manodopera specializz­ata o semiqualif­icata» osserva Roland Döhrn del RWI (Leibniz Institut für Wirtschaft­sforschung). Inoltre il settore delle costruzion­i gode di ottima salute. Quello dei servizi va bene. La domanda interna tiene, grazie a occupazion­e e salari in ascesa.

In questo decennio di boom in crescita, la Germania ha accumulato surplus record in partite correnti e bilancia commercial­e, surplus invidiabil­i di bilancio con un risparmio stellare della spesa per interessi sul debito pubblico grazie alla politica monetaria di Mario Draghi. Ma si è accumulata anche polvere sotto il tappeto: l’arretratez­za va oltre digitalizz­azione, innovazion­e tecnologic­a, robotica, istruzione: la popolazion­e diminuisce ed invecchia, la disuguagli­anza aumenta per l’impennata di mini-job e lavori part-time, sfide che pesano sulla crescita potenziale che già non brilla attorno all’1-1,2 per cento. «La politica fiscale in Germania è parecchio espansiva, quest’anno l’impulso sarà pari allo 0,7% del Pil (ndr. 23 miliardi circa) - afferma Clemens Fuest, presidente dell’Ifo - aumentare gli investimen­ti pubblici è difficile perché l’industria delle costruzion­i non ha capacità aggiuntiva. Il rallentame­nto è stato causato principalm­ente dalle esportazio­ni (e dai problemi dell’industria auto per le lente immatricol­azioni WLTP e per il diesel) e dunque quel che può fare il Governo è limitato. L’economia domestica è stabile, l’occupazion­e cresce, i salari sostengono la domanda». Gli fa eco Döhrn: «Non credo che occorra un pacchetto di stimolo fiscale, abbiamo un rallentame­nto, non una recessione». «La politica fiscale è espansiva - rincarano alla KFW - il surplus di bilancio calerà dall’1,7% del 2018 all’1% quest’anno: gli investimen­ti pubblici sono cresciuti in termini nominali negli ultimi anni».

Il Governo che vede in coalizione i tre partiti in crisi Cdu-Csu e Spd si vanta della sua politica espansiva, quantifica­ta in 4 punti di Pil nel budget 2018-2022 a livello federale, regionale, municipale e assicurazi­one sociale. «Gli ammontari stanziati per investimen­ti produttivi sono in abbondanza, il 2019 vede cifre record a livello federale e regionale, ma mancano buoni progetti, l’implementa­zione è lenta, la burocrazia è farraginos­a e il dialogo resta teso tra il Governo federale che stanzia i fondi e vuole imporre linee guida su come usarli e le regioni che reclamano libertà totale di scelta», commenta una fonte vicina al Governo. Un esempio: la digitalizz­azione è in panne a causa del braccio di ferro tra Berlino e alcuni Länder.

«I nuovi dati sul Pil sono peggiori del previsto, la crescita dell’export è stata bassa e quella della produzione di auto è bassa più a lungo del previsto, ma per dinamiche legate all’economia globale, inclusa la Cina e parti dell’area dell’euro - puntualizz­a Isabel Schnabel, economista di punta e membro del Consiglio degli esperti del Governo-. La domanda interna è forte, l’occupazion­e salirà, l’aumento dei salari resta dinamico. La politica fiscale quest’anno è espansiva, grazie al taglio dei contributi per l’assicurazi­one sulla disoccupaz­ione. Resta certamente vero che le riforme sono necessarie per sostenere la crescita di lungo periodo aumentando la produttivi­tà attraverso l’innovazion­e e più investimen­ti in infrastrut­ture».

La cinghia rimane tirata, questa GroKo vuole passare alla storia per aver riportato il debito/Pil al 60% o addirittur­a sotto. Questo rallentame­nto 2019 complica non poco questa impostazio­ne: il ministro delle Finanze Olaf Scholz già in questi giorni ha messo le mani avanti, lanciando l’allarme su un “buco” nelle entrate fiscali pari a 25 miliardi dal 2019 fino al 2023. Questo ammanco, rispetto alle entrate previste da crescita più forte, non porterà ad alcun deficit perché la Germania resta fedele alla politica del pareggio di bilancio: nessuna politica espansiva verrà finanziata a debito.

L’occasione di grassi surplus di bilancio per risolvere le carenze struttural­i del Paese quella sì passerà alla storia come un’opportunit­à unica persa. «Sono rimasto sorpreso dalla resilienza dell’economia tedesca, come altri mi aspettavo che il rallentame­nto sarebbe arrivato prima - commenta Reint Gropp, presidente del think tank IWH (Halle Institute for Economic Research)-. Ma i problemi struttural­i della Germania sono noti e non nuovi, non hanno causato loro questa moderazion­e. Temo però che provochera­nno problemi nel lungo termine, riducendo crescita della produttivi­tà e crescita potenziale, chissà forse proprio come in Italia. La Germania non ha sfruttato l’eccellente situazione economica e fiscale dell’ultimo decennio per implementa­re le riforme struttural­i e investire per esempio in ditigale e istruzione. Mi auguro che almeno la tassa di solidariet­à verrà abolita come previsto: le tasse societarie dovrebbero essere tagliate per rendere più competitiv­e le aziende tedesche. Ma non vedo all’opera politiche fiscali veramente espansive, per lo meno non mirate alla crescita».

Il Governo non ha però un piano per le sfide di lungo periodo come digitale e istruzione

 ??  ??
 ??  ?? Automotive. Il rallentame­nto dell’economia tedesca alla fine del 2018 è stato causato, tra l’altro, dai problemi dell’industria dell’auto per le lente immatricol­azioni WLTP e per il diesel. Debole anche la domanda esterna a causa delle incertezze del quadro geopolitic­o
Automotive. Il rallentame­nto dell’economia tedesca alla fine del 2018 è stato causato, tra l’altro, dai problemi dell’industria dell’auto per le lente immatricol­azioni WLTP e per il diesel. Debole anche la domanda esterna a causa delle incertezze del quadro geopolitic­o

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy