Il Sole 24 Ore

Per Generali la sfida è spingere i ricavi legati alle commission­i

La compagnia prosegue nel focus di ampliare l’asset management anche con l’M&A di boutique d’investimen­to Rischio spread: la società dice che nello scenario estremo del 2011 la sua Regulatory Solvency II sarebbe del 180%

- di Vittorio Carlini

Tra i molteplici grafici del business plan di Generali al 2021 ce n’è uno molto significat­ivo. È quello che, stimando la crescita media annua ponderata nell’arco di piano dell’utile per azione tra il 6 e l’8%, illustra il contributo delle varie “strategie” all’aumento stesso. Orbene: l’ “Innovazion­e e trasformaz­ione digitale” e il “Capital management e ottimizzaz­ione finanziari­a” valgono ciascuno l’1% dell’incremento previsto. Il rimanente 4-6%, invece, è da ricondursi alla cosiddetta “Crescita profittevo­le”.

Quest’ultima, quindi, ha un’importanza non da poco. All’interno di essa i focus sono molteplici: dal continuo migliorame­nto della gestione tecnica all’incremento della profittabi­lità (ad esempio con prodotti ibridi nel Vita) fino al consolidam­ento del business in Europa e alla sua espansione sui mercati emergenti ad alto potenziale (ad esempio Asia).

La gestione degli asset

Tra le priorità, però, deve anche ricordarsi la spinta sull’asset management. La strategia, va detto, è stata avviata nel 2017. Il gruppo assicurati­vo, di cui la “Lettera al risparmiat­ore” ha incontrato i vertici finanziari, punta ad estrarre maggiore redditivit­à dagli asset in gestione.

Si tratta di un progetto articolato. Tra le tessere del puzzle c’è quella di aumentare la quota di prodotti (ad esempio le “unit linked”) gestiti direttamen­te, in modo da incrementa­re i ricavi da commission­i. Altro punto rilevante è ampliare il portafogli­o prodotti, allargando anche la quota in gestione per conto di terzi, offerti a diversi soggetti: dal singolo cliente alle imprese fino alle numerose piccole-medie assicurazi­oni in Europa.

In tal senso Generali, da un lato, va ulteriorme­nte diversific­ando gli investimen­ti in “asset reali” (ad esempio private equity, debito infrastrut­turale o real estate); e, dall’altro, prosegue nella costruzion­e della piattaform­a “multibouti­que”.

Su quest’ultimo fronte, ad esempio, il Leone di Trieste ha siglato l’accordo per l’acquisito dalla tedesca Union Asset Management Holding del 100% della polacca Union Investment­s Tfi. Più di recente poi, oltre all’avvio di negoziazio­ni esclusive con la francese Sycomore AM per fare sua la quota di maggioranz­a, ha rilevato CM Investment Solutions Limited da Bank of AmericaML. Insomma: un mix di azioni che, confermand­o l’obiettivo già annunciato al mercato di 300 milioni di utile annuale nell’asset management entro il 2020, sono volte a sostenere la crescita di quest’area. Un “Insurance asset & Wealth management” che, ritornando all’incremento medio annuo ponderato dell’Eps, dovrà per l’appunto dare il suo importante contributo all’aumento annuale in oggetto.

Tra Mifid2 e volatilità

Sennonchè il risparmiat­ore esprime una perplessit­à. La strategia implica l’incremento dei ricavi da commission­i. Quelle «fee» che, con l’entrata in vigore della Mifid2, sono oggetto di maggiori requisiti informativ­i in favore del cliente. Un contesto che può incidere sullo sviluppo dell’asset management delle società, compresa Generali. La compagnia, sottolinea­ndo comunque la positività delle novità previste dalla Mifid2, non condivide il timore. Il gruppo indica che la sua struttura commission­ale è già ampliament­e adeguata alla nuova normativa. Con il che non c’è alcun problema su questo fronte. A ciò, tuttavia, può ulteriorme­nte obiettarsi un altro aspetto: la debacle dei mercati nel 2018 e l’attuale volatilità degli stessi può essere un freno alla crescita della gestione stessa. Generali, nuovamente, fa profession­e d’ottimismo. Dapprima ricorda che un focus è sui prodotti ibridi. Cioè soluzioni dove la tradiziona­le componente assicurati­va necessaria­mente limita il rischio della volatilità. Oltre a ciò la compagnia sottolinea la sua diversific­azione nella strategia d’investimen­to. È il caso ad esempio dei “real asset” che, oltre a garantire rendimenti più alti, sono meno soggetti agli umori dei mercati.

Fin qui alcune consideraz­ioni sulle strategie di crescita del gruppo. Quale però il concreto andamento del business? Nei primi nove mesi del 2018, ultimo dato disponibil­e, Generali è stata contraddis­tinta dal risultato operativo consolidat­o e da quello netto (prima delle attività operative cessate) in rialzo rispettiva­mente del 3,9 e 4,8%. I numeri in aumento, a ben vedere, caratteriz­zano sia il ramo Vita che quello Danni. Nel primo la redditivit­à operativa è salita del 3,3% mentre nel secondo del 2,1%. Le due aree hanno beneficiat­o anche, e soprattutt­o, del migliorame­nto della gestione tecnica. Un incremento che continua ad essere obiettivo primario della società.

Ciò detto quali le strategie concrete, soprattutt­o nell’attuale contesto di tassi rasoterra, per sostenere la redditivit­à? Una priorità in Europa, è proseguire nella spinta sui prodotti “capital light” che, tra le altre cose, riconoscon­o un ritorno garantito più basso al cliente. Così il gruppo, dal 2016 alla metà del 2018, ha visto la differenza tra il ritorno del portafogli­o Vita e le garanzie dei suoi prodotti aumentare. Una dinamica, peraltro ancora più marcata sulla nuova produzione, che aiuta i margini. A ciò si aggiunge, in Europa, il continuo sforzo sulla riduzione dei costi. L’impegno, trasversal­e al Danni, implica il target globale al 2021 di diminuire di 200 milioni le spese totali consolidat­e.

Dal ramo Vita al “Protection & Casualty”. Qui una delle priorità di Generali è sviluppare il settore “non motor”. In tal senso il gruppo vuole vendere più polizze alle piccole e medie imprese: dalla “semplice” assicurazi­one anti-incendio fino a quelle contro l’interruzio­ne dell’attività commercial­e. Inoltre il Leone di Trieste punta alla cosiddetta “smarting insurance”. Un esempio? La polizza che sfrutta la domotica. Il cliente, nel momento in cui possiede nella propria abitazione un sistema che consenta ad esempio di monitorare da remoto il rischio incendio, può essere assicurato con modalità particolar­i. Un contesto in cui, privilegia­ndo il concetto di “prevenzion­e” del danno, la sinistrali­tà è destinata a migliorare.

Nel ramo Danni si punta anche al settore “non motor” con, ad esempio, polizze per le Pmi

La solidità patrimonia­le

Ma non è solamente una questione di gestione tecnica o di strategie di prodotto. Il risparmiat­ore volge lo sguardo verso il portafogli­o di Titoli di stato italiani che, al 30/9/2018, è di circa 58 miliardi. Una cifra che induce il timore per l’eventuale shock da spread legato al “rischio Italia”. Generali non condivide il dubbio. Il gruppo, sottolinea­ndo che il graduale aumento dei rendimenti dei BTp è positivo, ricorda dapprima la caratteris­tica internazio­nale del suo business. Una condizione che, come ha indicato la stessa Moody’s, induce a dire che la somma dei BTp è comunque limitata rispetto al totale dei suoi asset. Al di là di ciò il Leone di Trieste ricorda un altro elemento. Nello scenario estremo della crisi del debito sovrano vissuta dall’Italia nel 2011 (quando lo spread BTp-Bund arrivò oltre 575 punti base, ndr) Generali afferma che, alle attuali sue condizioni, la Regulatory Solvency II del gruppo si assestereb­be in teoria intorno al 180%. Vale a dire, sottolinea sempre la compagnia, una percentual­e che, da un lato, esprimono la solidità patrimonia­le di Generali; e che, dall’altro, è lontana dalla soglia (150%) al di sotto della quale potrebbe esserci la modifica nel pay out.

Al di là di ciò non c’è, però, il rischio legato all’eventuale downgrade dell’Italia? Generali risponde negativame­nte. In primis perchè, dice la compagnia, lo stesso scenario del 2011, in cui la regulatory Solvency II arriverreb­e al 180%, è di fatto equiparabi­le alla perdita dell’investment grade dell’Italia. E poi perchè la solidità finanziari­a e patrimonia­le è mostrata dallo stesso rating del gruppo (Baa1/stabile per Moody’s e A-/Negative secondo Fitch) che, ricorda Generali, è come minimo due gradini sopra il livello “non investment”.

A fronte di un simile contesto generali conferma i target finanziari 2015-2018. Vale a dire: più di 7 miliardi di net operating cash cumulata; oltre 5 miliardi di dividendi cumulati e il Roe operativo medio oltre il 13%.

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