Per Generali la sfida è spingere i ricavi legati alle commissioni
La compagnia prosegue nel focus di ampliare l’asset management anche con l’M&A di boutique d’investimento Rischio spread: la società dice che nello scenario estremo del 2011 la sua Regulatory Solvency II sarebbe del 180%
Tra i molteplici grafici del business plan di Generali al 2021 ce n’è uno molto significativo. È quello che, stimando la crescita media annua ponderata nell’arco di piano dell’utile per azione tra il 6 e l’8%, illustra il contributo delle varie “strategie” all’aumento stesso. Orbene: l’ “Innovazione e trasformazione digitale” e il “Capital management e ottimizzazione finanziaria” valgono ciascuno l’1% dell’incremento previsto. Il rimanente 4-6%, invece, è da ricondursi alla cosiddetta “Crescita profittevole”.
Quest’ultima, quindi, ha un’importanza non da poco. All’interno di essa i focus sono molteplici: dal continuo miglioramento della gestione tecnica all’incremento della profittabilità (ad esempio con prodotti ibridi nel Vita) fino al consolidamento del business in Europa e alla sua espansione sui mercati emergenti ad alto potenziale (ad esempio Asia).
La gestione degli asset
Tra le priorità, però, deve anche ricordarsi la spinta sull’asset management. La strategia, va detto, è stata avviata nel 2017. Il gruppo assicurativo, di cui la “Lettera al risparmiatore” ha incontrato i vertici finanziari, punta ad estrarre maggiore redditività dagli asset in gestione.
Si tratta di un progetto articolato. Tra le tessere del puzzle c’è quella di aumentare la quota di prodotti (ad esempio le “unit linked”) gestiti direttamente, in modo da incrementare i ricavi da commissioni. Altro punto rilevante è ampliare il portafoglio prodotti, allargando anche la quota in gestione per conto di terzi, offerti a diversi soggetti: dal singolo cliente alle imprese fino alle numerose piccole-medie assicurazioni in Europa.
In tal senso Generali, da un lato, va ulteriormente diversificando gli investimenti in “asset reali” (ad esempio private equity, debito infrastrutturale o real estate); e, dall’altro, prosegue nella costruzione della piattaforma “multiboutique”.
Su quest’ultimo fronte, ad esempio, il Leone di Trieste ha siglato l’accordo per l’acquisito dalla tedesca Union Asset Management Holding del 100% della polacca Union Investments Tfi. Più di recente poi, oltre all’avvio di negoziazioni esclusive con la francese Sycomore AM per fare sua la quota di maggioranza, ha rilevato CM Investment Solutions Limited da Bank of AmericaML. Insomma: un mix di azioni che, confermando l’obiettivo già annunciato al mercato di 300 milioni di utile annuale nell’asset management entro il 2020, sono volte a sostenere la crescita di quest’area. Un “Insurance asset & Wealth management” che, ritornando all’incremento medio annuo ponderato dell’Eps, dovrà per l’appunto dare il suo importante contributo all’aumento annuale in oggetto.
Tra Mifid2 e volatilità
Sennonchè il risparmiatore esprime una perplessità. La strategia implica l’incremento dei ricavi da commissioni. Quelle «fee» che, con l’entrata in vigore della Mifid2, sono oggetto di maggiori requisiti informativi in favore del cliente. Un contesto che può incidere sullo sviluppo dell’asset management delle società, compresa Generali. La compagnia, sottolineando comunque la positività delle novità previste dalla Mifid2, non condivide il timore. Il gruppo indica che la sua struttura commissionale è già ampliamente adeguata alla nuova normativa. Con il che non c’è alcun problema su questo fronte. A ciò, tuttavia, può ulteriormente obiettarsi un altro aspetto: la debacle dei mercati nel 2018 e l’attuale volatilità degli stessi può essere un freno alla crescita della gestione stessa. Generali, nuovamente, fa professione d’ottimismo. Dapprima ricorda che un focus è sui prodotti ibridi. Cioè soluzioni dove la tradizionale componente assicurativa necessariamente limita il rischio della volatilità. Oltre a ciò la compagnia sottolinea la sua diversificazione nella strategia d’investimento. È il caso ad esempio dei “real asset” che, oltre a garantire rendimenti più alti, sono meno soggetti agli umori dei mercati.
Fin qui alcune considerazioni sulle strategie di crescita del gruppo. Quale però il concreto andamento del business? Nei primi nove mesi del 2018, ultimo dato disponibile, Generali è stata contraddistinta dal risultato operativo consolidato e da quello netto (prima delle attività operative cessate) in rialzo rispettivamente del 3,9 e 4,8%. I numeri in aumento, a ben vedere, caratterizzano sia il ramo Vita che quello Danni. Nel primo la redditività operativa è salita del 3,3% mentre nel secondo del 2,1%. Le due aree hanno beneficiato anche, e soprattutto, del miglioramento della gestione tecnica. Un incremento che continua ad essere obiettivo primario della società.
Ciò detto quali le strategie concrete, soprattutto nell’attuale contesto di tassi rasoterra, per sostenere la redditività? Una priorità in Europa, è proseguire nella spinta sui prodotti “capital light” che, tra le altre cose, riconoscono un ritorno garantito più basso al cliente. Così il gruppo, dal 2016 alla metà del 2018, ha visto la differenza tra il ritorno del portafoglio Vita e le garanzie dei suoi prodotti aumentare. Una dinamica, peraltro ancora più marcata sulla nuova produzione, che aiuta i margini. A ciò si aggiunge, in Europa, il continuo sforzo sulla riduzione dei costi. L’impegno, trasversale al Danni, implica il target globale al 2021 di diminuire di 200 milioni le spese totali consolidate.
Dal ramo Vita al “Protection & Casualty”. Qui una delle priorità di Generali è sviluppare il settore “non motor”. In tal senso il gruppo vuole vendere più polizze alle piccole e medie imprese: dalla “semplice” assicurazione anti-incendio fino a quelle contro l’interruzione dell’attività commerciale. Inoltre il Leone di Trieste punta alla cosiddetta “smarting insurance”. Un esempio? La polizza che sfrutta la domotica. Il cliente, nel momento in cui possiede nella propria abitazione un sistema che consenta ad esempio di monitorare da remoto il rischio incendio, può essere assicurato con modalità particolari. Un contesto in cui, privilegiando il concetto di “prevenzione” del danno, la sinistralità è destinata a migliorare.
Nel ramo Danni si punta anche al settore “non motor” con, ad esempio, polizze per le Pmi
La solidità patrimoniale
Ma non è solamente una questione di gestione tecnica o di strategie di prodotto. Il risparmiatore volge lo sguardo verso il portafoglio di Titoli di stato italiani che, al 30/9/2018, è di circa 58 miliardi. Una cifra che induce il timore per l’eventuale shock da spread legato al “rischio Italia”. Generali non condivide il dubbio. Il gruppo, sottolineando che il graduale aumento dei rendimenti dei BTp è positivo, ricorda dapprima la caratteristica internazionale del suo business. Una condizione che, come ha indicato la stessa Moody’s, induce a dire che la somma dei BTp è comunque limitata rispetto al totale dei suoi asset. Al di là di ciò il Leone di Trieste ricorda un altro elemento. Nello scenario estremo della crisi del debito sovrano vissuta dall’Italia nel 2011 (quando lo spread BTp-Bund arrivò oltre 575 punti base, ndr) Generali afferma che, alle attuali sue condizioni, la Regulatory Solvency II del gruppo si assesterebbe in teoria intorno al 180%. Vale a dire, sottolinea sempre la compagnia, una percentuale che, da un lato, esprimono la solidità patrimoniale di Generali; e che, dall’altro, è lontana dalla soglia (150%) al di sotto della quale potrebbe esserci la modifica nel pay out.
Al di là di ciò non c’è, però, il rischio legato all’eventuale downgrade dell’Italia? Generali risponde negativamente. In primis perchè, dice la compagnia, lo stesso scenario del 2011, in cui la regulatory Solvency II arriverrebe al 180%, è di fatto equiparabile alla perdita dell’investment grade dell’Italia. E poi perchè la solidità finanziaria e patrimoniale è mostrata dallo stesso rating del gruppo (Baa1/stabile per Moody’s e A-/Negative secondo Fitch) che, ricorda Generali, è come minimo due gradini sopra il livello “non investment”.
A fronte di un simile contesto generali conferma i target finanziari 2015-2018. Vale a dire: più di 7 miliardi di net operating cash cumulata; oltre 5 miliardi di dividendi cumulati e il Roe operativo medio oltre il 13%.