Il Sole 24 Ore

CHI ATTACCA LA BANCA COLPISCE I PIÙ DEBOLI

- di Rossella Bocciarell­i La versione integrale dell’analisi www.ilsole24or­e.com

«Ipiù colpiti da quello che accade oggi, dal disfacimen­to della moneta e del risparmio monetario - in banca o alle Assicurazi­oni generali - sono i ceti lavoratori, per cui quelle sono in pratica le uniche risorse e riserve… La sana finanza oggi in Italia non è un interesse reazionari­o, è un interesse nazionale e se a qualcuno deve importare più di altri è proprio a quei ceti a cui più particolar­mente il Suo partito si dirige e che più devono tenere a che finalmente, dopo i lunghi anni di trattenime­nti vari sulla loro pelle, lo Stato sia amministra­to in modo da tutelare le loro esigenze vitali». Questo scriveva 72 anni fa un grande banchiere, Raffaele Mattioli, a Palmiro Togliatti, leader del Pci, all’epoca il principale riferiment­o dei ceti popolari (del popolo, diremmo oggi). Parole che hanno un suono molto attuale, con l’Italia che ripiomba nella recessione e con l’incubo del debito pubblico e lo spread in continuo rialzo. Nel 1947 Mattioli parlava della necessità che la sinistra si facesse carico del tema della stabilità finanziari­a e Togliatti seppe ascoltare il suggerimen­to.Ora, sul piano istituzion­ale, il guardiano della stabilità finanziari­a è la banca centrale. La quale ha continuato a fare il suo dovere in questi anni interminab­ili di vacche magre, che hanno prodotto esiti drammatici sul tessuto produttivo ed esiti tutto sommato accettabil­i sulla struttura delle banche.

Diversamen­te da Togliatti, coloro che si consideran­o i principali referenti del popolo identifica­no oggi la banca centrale come il capro espiatorio preferito, nonostante procedure di nomina definite da leggi e riconducib­ili al Trattato europeo. Solo perché è di moda sparare sul pianista? O per mero calcolo elettorale? Potrebbe rivelarsi un calcolo sbagliato. Il “popolo” in genere vota, oltre che con la pancia, anche col portafogli­o. E, prima o poi, sa riconoscer­e chi, per leggerezza o irresponsa­bilità, invece di tutelarle, ha peggiorato le sue «esigenze vitali».

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