Un freno dalla mancanza di lavoratori qualificati
Mancano ingegneri ma anche camerieri e autisti Le aziende li cercano all’estero e tra i rifugiati
Dal nostro inviato
Ipiù ambiti, nella fascia alta delle qualifiche, sono i laureati in informatica, gli ingegneri, gli sviluppatori di software, l’ampia gamma di tecnici IT, i matematici, gli esperti di intelligenza artificiale e cyber-sicurezza. Talmente desiderati da permettersi il lusso di scegliere l’azienda in un ampio ventaglio di offerte e anche di non presentarsi il primo giorno di lavoro perché nel frattempo hanno trovato di meglio.
Cronache dal Baden-Württemberg, il Land tedesco leader dell’innovazione 4.0, la roccaforte dell’industria dove si produce il 15% del Pil della Germania e lo stipendio medio per queste figure professionali si attesta a 50mila euro lordi annui. Se in tutto il Paese mancano 1,2 milioni di lavoratori specializzati, è in questo Stato del Sud-Ovest con 11 milioni di abitanti che il gap tra domanda e offerta colpisce maggiormente le imprese, rallentando l’economia e addensando nubi sul futuro. Qui è in corso la caccia grossa agli stranieri, in primo luogo europei, corteggiati fin dai banchi dell’università e negli Erasmus, e le autorità regionali, con le Camere dell’industria e del commercio (IHK) hanno creato network avanzati per la formazione e l’integrazione di immigrati e rifugiati.
Nel Land di Porsche, Bosch e Daimler, affollato di Mittelstand (medie imprese familiari), struttura portante dell’industria tedesca, ogni anno mancano 200mila lavoratori esperti. La carenza si fa sentire anche nelle qualifiche basse e medie: non si trovano autisti e magazzinieri per la logistica; camerieri e cuochi per la ristorazione; muratori, giardinieri, maestre d’asilo, infermieri, assistenti per case di riposo.
La piena occupazione, che spinge in alto i salari, è solo una delle ragioni a monte della crisi, insieme all’inesorabile calo demografico che tra dieci anni avrà eroso la forza lavoro tedesca di un 8 per cento. A questi fattori si aggiungono la spedita rivoluzione digitale dell’industria manifatturiera, che ha creato un gap di competenze, e una mutata scala di valori in chi si affaccia alla vita lavorativa. «La situazione è cambiata, quindi anche noi dobbiamo cambiare. Come datori di lavoro osserviamo un’attitudine diversa nei confronti del bilanciamento tra impiego e vita privata» spiega Oliver Maassen, direttore delle Risorse Umane di Trumpf, storica azienda familiare da 3,6 miliardi di vendite annue, 13.400 dipendenti in tutto il mondo, leader nelle macchine laser per l’industria e pioniera d’innovazione. Al quartier generale di Ditzingen, a pochi chilometri da Stoccarda, la smart factory ha dotato ogni operaio di un monitor per controllare il processo di produzione e le macchine modellano le lamine d’acciaio con il laser quasi senza far rumore. Le stampanti 3D sibilano e accumulano i pezzi nel loro ventre mentre i potenziali clienti visitano l’impianto, attraversando corridoi abbelliti da opere d’arte moderna.
«Le giovani generazioni, per esempio, non hanno voglia di viaggiare molto - prosegue il manager c’è più ricchezza e meno bisogno di lavorare e infine una maggiore competizione tra le imprese». Questa miscela ha innescato la gara a offrire qualcosa in più di un buono stipendio. In un Land ricco come il BadenWürttemberg la leva retributiva non è sufficiente. «Tre anni fa le vacanze venivano coperte subito, adesso - dice Maassen - servono fino a sei mesi per trovare il candidato giusto».
Che fare? Rimboccarsi le maniche e cambiare paradigma. «Abbiamo iniziato una campagna di “branding” del datore di lavoro - racconta il manager -. Offriamo un migliore bilanciamento tra lavoro e vita con giorni in più di assenza consentiti, periodi sabbatici e tempo per la famiglia». L’azienda prospetta ai candidati flessibilità. «Permettiamo di decidere l’orario da un minimo di 15 a un massimo di 40 ore settimanali; i lavoratori possono “risparmiare” le ore di straordinario accumulandole su un proprio conto dal quale ritirarle e usarle quando sono fuori dall’azienda». I dipendenti possono svolgere le proprie mansioni da casa fino a un massimo del 20 per cento dell’orario settimanale.
La flessibilità ha fatto breccia anche nella tetragona idea che in un’azienda meccanica nei ranghi di quadri e management ci sia posto solo per ingegneri. «Cerchiamo diversità - conclude Maassen - e non più, come prima, solo l’ingegnere standard tedesco». Le assunzioni attingono a background universitari differenti e sono sempre più internazionali: nel 2018 l’impresa contava 75 nazionalità rispetto alle 65 del 2017. «Utilizziamo sempre più l’inglese e nel lungo periodo potremmo adottarlo come lingua aziendale».
Che questo possa essere il punto di arrivo in tutta la Regione non è però scontato. A Stoccarda, nel corso di una delle tante fiere del lavoro presso la Camera dell’industria e del commercio dedicata a immigrati e rifugiati, le aziende sottolineano che serve una conoscenza del tedesco almeno al livello B1. Ma lo fanno con sfumature differenti. «Accettiamo candidati in possesso delle qualifiche ricercate che parlino bene l’inglese. Il tedesco, poi, lo impareranno» dice Andreas Streit, direttore generale di mm-lab, società che sviluppa software per l’automotive.
Verena Andrei, responsabile del Welcome Center, l’ufficio regionale per l’accoglienza e l’orientamento degli stranieri in cerca di lavoro, mette in evidenza che più la qualifica è elevata, meglio si deve conoscere la lingua. Sono tanti gli italiani che si rivolgono alla rete regionale dei Welcome Center, aggiunge. «Per questo già nel 2015 con l’Agenzia del Lavoro, il Consolato Generale d’Italia a Stoccarda e il Patronato ACLI del Baden-Württemberg abbiamo creato un network specifico per l’integrazione degli italiani nel mercato del lavoro. In tre anni sono state 1.500 le consulenze fornite. L’anno scorso il network ha organizzato cinque eventi in italiano per dare informazioni sul sistema scolastico tedesco e il riconoscimento delle qualifiche». Il prossimo incontro sarà il 3 aprile.
Il calo demografico «ci ha messo di fronte a una difficile sfida» è il messaggio sulle brochure di Nils Schmid, ministro statale dell’Economia: «Vogliamo essere un posto attraente per lavoratori qualificati da tutto il mondo».
STOCCARDA