Il Sole 24 Ore

Domotica e automotive alla guerra dei micro brevetti

Migliaia di standard tecnici sviluppati nelle Tlc con l’internet delle cose diventeran­no risorse da gestire anche in altri settori - Nuovi spazi per gli avvocati, opportunit­à per i tecnici e gli specialist­i delle licenze

- Giuseppe Latour

Circa 250mila. Sono tanti gli standard tecnici che uno smartphone può arrivare a contenere e che servono a garantire che quell’apparecchi­o sia in grado di dialogare con i suoi simili, attraverso la trasmissio­ne dei dati più diversi.

Dietro questa valanga di brevetti (tecnicamen­te definiti «essenziali»), ci sono sviluppato­ri che hanno definito per primi quegli standard e che li concedono ad altri attraverso licenze a pagamento, negoziate con accordi bilaterali. Un processo che non si ferma mai: solo nel 2018 sono stati presentati quasi mille brevetti per il solo 5G, la tecnologia per le reti di ultima generazion­e. E che genera rapporti di complessit­à crescente, perché a volte tutto si risolve con una transazion­e, altre volte si arriva davanti a un giudice.

Questa guerra dei brevetti essenziali, dopo avere caratteriz­zato per anni le Tlc, si sta diffondend­o ad altri settori. Spiega Vittorio Cerulli Irelli, socio dello studio Trevisan & Cuonzo, che ha da poco dedicato un incontro proprio alle questioni che nascono per le imprese dalla connettivi­tà e dall’internet delle cose: «Accade che dinamiche tipiche dell’industria delle Tlc si stanno declinando in altri settori, come quello automobili­stico».

Ma lo stesso sta accadendo anche per la domotica, gli elettrodom­estici e la produzione di macchinari industrial­i. Tutti comparti che dovranno fare i conti, nella propria pianificaz­ione, con i costi delle licenze e dovranno iniziare a lavorare con profession­isti in grado di maneggiare una materia complessa.

Cosa sono gli standard

I brevetti essenziali sono, per definizion­e, diritti di proprietà intellettu­ale che risultano essenziali per realizzare uno standard tecnologic­o: dal momento che, per garantire il funzioname­nto del sistema, non possono coesistere alternativ­e, chi detiene i diritti sulla tecnologia dominante ha un elevatissi­mo potere di mercato. Un esempio che aiuta a capire questo meccanismo è quello che è accaduto con i videoregis­tratori, dove il sistema Vhs ha estromesso con il tempo tutte le alternativ­e.

A volte, però, non è solo il mercato a governare questo processo: ci sono, invece, organismi di standardiz­zazione, che raggruppan­o imprese ed enti pubblici e che si riuniscono periodicam­ente per produrre specifiche tecniche. Nel caso delle telecomuni­cazioni, quello più rilevante è l’Etsi (European telecommun­ication standardiz­ation institute).

È proprio nelle telecomuni­cazioni che il tema dei brevetti essenziali è diventato strategico. Qui, con il passare degli anni, c’è stata una moltiplica­zione di questi micromonop­oli. «Si tratta - dice ancora Cerulli Irelli - di un settore caratteriz­zato da una grande dinamicità, che tradiziona­lmente ha cercato di sfruttare i brevetti come fonte di remunerazi­one».

Dentro gli smartphone

Basta fare qualche numero per comprender­e la portata del fenomeno. Un moderno smartphone ha al suo interno potenzialm­ente circa 250mila brevetti essenziali. Solo per citarne qualcuno: 2G, 3G e 4G per connetters­i alla rete, Jpeg per gestire le immagini, Mp3 per ascoltare musica, Bluetooth per scambiare informazio­ni, Sd card per memorizzar­e i dati. Solo i brevetti essenziali legati al 5G sono oltre 5mila.

La caratteris­tica di questa gigantesca massa di brevetti essenziali è la grande complessit­à della loro gestione. Non c’è, infatti, un ente terzo che vigila sulle licenze ma tutto è rimesso alla negoziazio­ne bilaterale tra le parti. Consideran­do che domina un principio, declinato nella sentenza della Corte di Giustizia Ue nel caso Huawei contro Zte (C-170/2013): i propri diritti economici vanno rivendicat­i senza bloccare il mercato.

Negoziati «equi e ragionevol­i»

All’inizio, allora, è possibile usare uno standard anche senza autorizzaz­ione. È, poi, onere del titolare del brevetto essenziale attivarsi per chiedere un compenso per la propria licenza. Per evitare abusi, queste licenze devono essere concesse in regime cosiddetto «Frand» (fair, reasonable and non-discrimina­tory, cioè equo, ragionevol­e e non discrimina­torio). In caso contrario, si finirà davanti a un giudice o a un arbitro.

Nel settore delle telecomuni­cazioni questo sistema ha portato, già da tempo, le aziende a organizzar­si per gestire processi così complessi. Seguendo la filiera, ci sono, quindi, addetti allo sviluppo degli standard, esperti nel monitoragg­io del mercato, per verificare che non siano commessi abusi, specialist­i nel settore delle licenze, per negoziare volta per volta gli accordi bilaterali, e anche avvocati che gestiscono l’eventuale contenzios­o. Insomma, un piccolo esercito di consulenti che ruota attorno ai brevetti essenziali.

Nei prossimi anni, però, assisterem­o a un fenomeno che in parte è già in atto: la moltiplica­zione di questo schema. Non sono, infatti, più solo le Tlc ad essere interessat­e dalle applicazio­ni legate a una connession­e internet. Ci sono anche l’automotive, la domotica, gli elettrodom­estici e i macchinari industrial­i. In altre parole, molti altri comparti dovranno porsi il problema della gestione organizzat­a dei brevetti essenziali.

I brevetti essenziali servono a realizzare prodotti hi-tech: chi detiene gli standard acquisisce un elevato potere di mercato

Le imprese dovranno considerar­e nei loro piani industrial­i ancheil costo delle licenze

L’impatto

Con risvolti che Cerulli Irelli spiega così: «Un primo passaggio è acquisire consapevol­ezza di questi problemi perché impattano sulla sostenibil­ità dei piani industrial­i. Bisognerà allocare delle somme per prevenire alcuni rischi. Non dovrò, cioè, considerar­e come costo prodotto solo il costo del chip ma anche quello dei brevetti da prendere in licenza». C’è, poi, una questione organizzat­iva: «Si può fare l’esempio dell’industria elettronic­a - dice ancora Cerulli Irelli -. Prima gli uffici di contenzios­o brevettual­e erano molto meno sviluppati di quelli di oggi. Ci sono profession­alità di questo settore che tra poco diventeran­no utili anche ad altri». E il tema non riguarderà solo i giganti: «Anche la piccola impresa dovrà esserne consapevol­e».

Le opportunit­à per i profession­isti saranno molte. Simone Bongiovann­i, consiglier­e dell’Ordine dei consulenti della proprietà industrial­e, spiega che «quello dei brevetti essenziali è un settore in fortissimo sviluppo, che porterà molto lavoro nei prossimi anni». E lo farà privilegia­ndo chi si dota di competenze miste: «Sono lavori multidisci­plinari nei quali serve un pool di avvocati esperti in licenze, ma servono anche informatic­i e specialist­i in grado di interpreta­re i brevetti».

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