Domotica e automotive alla guerra dei micro brevetti
Migliaia di standard tecnici sviluppati nelle Tlc con l’internet delle cose diventeranno risorse da gestire anche in altri settori - Nuovi spazi per gli avvocati, opportunità per i tecnici e gli specialisti delle licenze
Circa 250mila. Sono tanti gli standard tecnici che uno smartphone può arrivare a contenere e che servono a garantire che quell’apparecchio sia in grado di dialogare con i suoi simili, attraverso la trasmissione dei dati più diversi.
Dietro questa valanga di brevetti (tecnicamente definiti «essenziali»), ci sono sviluppatori che hanno definito per primi quegli standard e che li concedono ad altri attraverso licenze a pagamento, negoziate con accordi bilaterali. Un processo che non si ferma mai: solo nel 2018 sono stati presentati quasi mille brevetti per il solo 5G, la tecnologia per le reti di ultima generazione. E che genera rapporti di complessità crescente, perché a volte tutto si risolve con una transazione, altre volte si arriva davanti a un giudice.
Questa guerra dei brevetti essenziali, dopo avere caratterizzato per anni le Tlc, si sta diffondendo ad altri settori. Spiega Vittorio Cerulli Irelli, socio dello studio Trevisan & Cuonzo, che ha da poco dedicato un incontro proprio alle questioni che nascono per le imprese dalla connettività e dall’internet delle cose: «Accade che dinamiche tipiche dell’industria delle Tlc si stanno declinando in altri settori, come quello automobilistico».
Ma lo stesso sta accadendo anche per la domotica, gli elettrodomestici e la produzione di macchinari industriali. Tutti comparti che dovranno fare i conti, nella propria pianificazione, con i costi delle licenze e dovranno iniziare a lavorare con professionisti in grado di maneggiare una materia complessa.
Cosa sono gli standard
I brevetti essenziali sono, per definizione, diritti di proprietà intellettuale che risultano essenziali per realizzare uno standard tecnologico: dal momento che, per garantire il funzionamento del sistema, non possono coesistere alternative, chi detiene i diritti sulla tecnologia dominante ha un elevatissimo potere di mercato. Un esempio che aiuta a capire questo meccanismo è quello che è accaduto con i videoregistratori, dove il sistema Vhs ha estromesso con il tempo tutte le alternative.
A volte, però, non è solo il mercato a governare questo processo: ci sono, invece, organismi di standardizzazione, che raggruppano imprese ed enti pubblici e che si riuniscono periodicamente per produrre specifiche tecniche. Nel caso delle telecomunicazioni, quello più rilevante è l’Etsi (European telecommunication standardization institute).
È proprio nelle telecomunicazioni che il tema dei brevetti essenziali è diventato strategico. Qui, con il passare degli anni, c’è stata una moltiplicazione di questi micromonopoli. «Si tratta - dice ancora Cerulli Irelli - di un settore caratterizzato da una grande dinamicità, che tradizionalmente ha cercato di sfruttare i brevetti come fonte di remunerazione».
Dentro gli smartphone
Basta fare qualche numero per comprendere la portata del fenomeno. Un moderno smartphone ha al suo interno potenzialmente circa 250mila brevetti essenziali. Solo per citarne qualcuno: 2G, 3G e 4G per connettersi alla rete, Jpeg per gestire le immagini, Mp3 per ascoltare musica, Bluetooth per scambiare informazioni, Sd card per memorizzare i dati. Solo i brevetti essenziali legati al 5G sono oltre 5mila.
La caratteristica di questa gigantesca massa di brevetti essenziali è la grande complessità della loro gestione. Non c’è, infatti, un ente terzo che vigila sulle licenze ma tutto è rimesso alla negoziazione bilaterale tra le parti. Considerando che domina un principio, declinato nella sentenza della Corte di Giustizia Ue nel caso Huawei contro Zte (C-170/2013): i propri diritti economici vanno rivendicati senza bloccare il mercato.
Negoziati «equi e ragionevoli»
All’inizio, allora, è possibile usare uno standard anche senza autorizzazione. È, poi, onere del titolare del brevetto essenziale attivarsi per chiedere un compenso per la propria licenza. Per evitare abusi, queste licenze devono essere concesse in regime cosiddetto «Frand» (fair, reasonable and non-discriminatory, cioè equo, ragionevole e non discriminatorio). In caso contrario, si finirà davanti a un giudice o a un arbitro.
Nel settore delle telecomunicazioni questo sistema ha portato, già da tempo, le aziende a organizzarsi per gestire processi così complessi. Seguendo la filiera, ci sono, quindi, addetti allo sviluppo degli standard, esperti nel monitoraggio del mercato, per verificare che non siano commessi abusi, specialisti nel settore delle licenze, per negoziare volta per volta gli accordi bilaterali, e anche avvocati che gestiscono l’eventuale contenzioso. Insomma, un piccolo esercito di consulenti che ruota attorno ai brevetti essenziali.
Nei prossimi anni, però, assisteremo a un fenomeno che in parte è già in atto: la moltiplicazione di questo schema. Non sono, infatti, più solo le Tlc ad essere interessate dalle applicazioni legate a una connessione internet. Ci sono anche l’automotive, la domotica, gli elettrodomestici e i macchinari industriali. In altre parole, molti altri comparti dovranno porsi il problema della gestione organizzata dei brevetti essenziali.
I brevetti essenziali servono a realizzare prodotti hi-tech: chi detiene gli standard acquisisce un elevato potere di mercato
Le imprese dovranno considerare nei loro piani industriali ancheil costo delle licenze
L’impatto
Con risvolti che Cerulli Irelli spiega così: «Un primo passaggio è acquisire consapevolezza di questi problemi perché impattano sulla sostenibilità dei piani industriali. Bisognerà allocare delle somme per prevenire alcuni rischi. Non dovrò, cioè, considerare come costo prodotto solo il costo del chip ma anche quello dei brevetti da prendere in licenza». C’è, poi, una questione organizzativa: «Si può fare l’esempio dell’industria elettronica - dice ancora Cerulli Irelli -. Prima gli uffici di contenzioso brevettuale erano molto meno sviluppati di quelli di oggi. Ci sono professionalità di questo settore che tra poco diventeranno utili anche ad altri». E il tema non riguarderà solo i giganti: «Anche la piccola impresa dovrà esserne consapevole».
Le opportunità per i professionisti saranno molte. Simone Bongiovanni, consigliere dell’Ordine dei consulenti della proprietà industriale, spiega che «quello dei brevetti essenziali è un settore in fortissimo sviluppo, che porterà molto lavoro nei prossimi anni». E lo farà privilegiando chi si dota di competenze miste: «Sono lavori multidisciplinari nei quali serve un pool di avvocati esperti in licenze, ma servono anche informatici e specialisti in grado di interpretare i brevetti».