Allarme imprese, dal legno al tessile: mercato francese cruciale
Dai settori chiave del «made in Italy» un coro di no alle tensioni bilaterali
«Se continuiamo così, quando saranno attivi i navigator previsti dal decreto sul Reddito di cittadinanza, mi domando dove manderanno a lavorare le persone. Forse in Francia». Il presidente di Confindustria Ceramica, Giovanni Savorani, prova a scherzarci su, ma non nasconde la forte preoccupazione delle imprese de settore per la crescente tensione politica tra il nostro Paese e i cugini d’Oltralpe. Un mercato di sbocco cruciale per il comparto ceramica, come per tutti i settori italiani della manifattura: «Con circa 700 milioni di euro di esportazioni, è uno dei nostri partner principali, secondo soltanto alla Germania – spiega Savorani -. Le vendite verso la Francia sono tornate ai livelli pre-crisi e questo Paese vale il 15% circa dell’export complessivo».
C’è poco da scherzare, dunque: «Già la situazione da qualche mese è stata complicata dalle proteste dei Gilet Gialli – aggiunge il presidente – che hanno costretto le nostre aziende a tenere chiusi gli showroom parigini al sabato, giorno di picco degli acquisti, causando un calo delle vendite. Ci mancava questa crisi diplomatica: i francesi ci mettono un attimo a cambiare fornitori e rivolgersi agli spagnoli, che negli ultimi anni sono cresciuti moltissimo in Francia e rischiano di superarci».
L’allarme tra gli imprenditori è alto: i dati diffusi dall’Istat in questi ultimi giorni, che rilevano un crollo della produzione industriale a dicembre e un rallentamento dei consumi domestici, fanno temere una nuova recessione e, in un simile contesto, non è possibile perdere posizioni sui mercati esteri, a maggior ragione in Francia, secondo mercato di sbocco per il made in Italy.
Addirittura il primo per l’industria del legno-arredo, che Oltralpe esporta 2,5 miliardi di euro all’anno. «In un contesto macroeconomico che registra preoccupanti previsioni al ribasso dell’economia e incertezze causate da tensioni geopolitiche internazionali, non possiamo mettere a rischio i rapporti con partner storici», dice il presidente di Federlegno-Arredo, Emanuele Orsini. La perdita di competitività in Europa, che rappresenta oltre la metà dell’export della filiera, avrebbe gravi ripercussioni sull’occupazione: Fla stima che per ogni miliardo di produzione quasi 12mila posti di lavoro andrebbero persi.
Non meno preoccupato è il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio: «Confido in un intervento del Capo dello Stato per ricomporre questa crisi – dice –. Sembra di assistere a un film già visto: a cinque mesi dalle elezioni i politici devono trovare un nemico per motivare la loro base elettorale. Non vedo altre spiegazioni per quello che sta accadendo». Ma anziché nemici, osserva Vacondio, in questo momento di debolezza l’Italia avrebbe bisogno di alleati. Si teme il possibile danno economico per le imprese del settore, che Oltralpe hanno il terzo mercato dopo Germania e Stati Uniti per quanto riguarda l’alimentare (con 3,2 miliardi di euro di esportazioni nei primi dieci mesi del 2018) e il secondo per l’agroalimentare (4 miliardi).
Il vaso «è colmo» per Marino Vago, presidente di Sistema Moda Italia: «La sensazione tra gli associati è che la pazienza si stia esaurendo – ammette -. Voglio sperare che queste schermaglie politiche non abbiano effetti su relazioni industriali e commerciali costruite in tanti anni e basate su rapporti di fiducia e stima, tuttavia queste tensioni diplomatiche non fanno bene a noi imprenditori quando andiamo in giro per il mondo». Il sistema moda (che comprende anche tessile e accessori) esporta il 66% della produzione e la Francia è il primo mercato di sbocco. Nei primi dieci mesi del 2018 il comparto nel suo complesso ha venduto Oltralpe 5,6 miliardi di euro di prodotti (+2,4% sullo stesso periodo dell'anno precedente). «Ma non si tratta solo di numeri – precisa Vago -. Il nostro rapporto con la Francia è molto più profondo: siamo la fabbrica della moda francese, le nostre aziende producono per molti dei loro marchi e i due più grandi gruppi francesi hanno acquisito brand italiani facendoli crescere e portando occupazione in Italia».
Economie territoriali confinanti con la Francia, come quella piemontese sono in fibrillazione: «È il nosto primo partner commerciale – spiega Vincenzo Ilotte, presidente di Unioncamere Piemonte -. Le nostre Camere di commercio da anni condividono progetti di sviluppo economico e di crescita con le regioni francesi. Il rapporto di amiciza che ci lega deve essere preservato a garanzia del benessere dei nostri territori».