Vestirsi bene aiuta a scrivere meglio
«Vai da un sarto di Londra: avrai un taglio migliore e un credito più lungo», è il consiglio elargito, in Ritorno a Brideshead di Evelyn Waugh, a un debuttante nella vita mondana. Non sempre un uomo elegante poteva ricompensare immediatamente l'artefice del suo stile. Alcuni ricorrevano alle rate, altri ai debiti, non sempre onorati a tempo debito.
Per sottrarsi ai creditori, Balzac viveva in un pied-à-terre di proprietà del suo sarto. Scelto per la sua abilità e la sua rinomanza, Buisson era rapidamente diventato amico di quello strano cliente che non onorava mai le cambiali, ma lo lusingava citandolo nei suoi romanzi come il sarto più celebre di Parigi. In un mese Balzac era capace di farsi confezionare sei pantaloni, cinque panciotti, una vestaglia e una redingote.
Un secolo dopo Jean Cocteau aveva firmato sulla rivista di moda maschile «Mylord», un articolo pubblicitario per il suo sarto, André Bardot, puntando sull'omonimia con Brigitte Bardot. Grande frequentatore di sarti, Cocteau voleva che evidenziassero la sua snellezza e quando si era trovato alle prese con il fastoso costume dell’Académie française aveva intimato: «Mi stringa il più possibile, accosti al massimo il collo!»
Neanche la guerra mondiale aveva limitato la vanità dei combattenti. Francis Scott Fitzgerald si sentiva a suo agio solo nella divisa cucita da Brooks. Cocteau si era fatto disegnare un’aderente divisa dal celebre Poiret, mentre Ernest Hemingway si era fatto fare da un noto sarto militare, Spagnolini, una divisa all’inglese di saia spigata grigioverde.
Una nuova città può favorire l’incontro con un nuovo sarto. A Torino, prima di sprofondare nella follia, Friedrich Nietzsche aveva molto apprezzato un disinvolto soprabito azzurro che lo ringiovaniva di dieci anni. Quando Boris Pasternak era arrivato a Parigi per il Congresso internazionale degli scrittori, la prima preoccupazione di André Malraux e di Louis Aragon era stata quella di di rivestirlo per non svelare la diffusa miseria dell’Urss. Alla prima seduta quindi aveva indossato un vestito di Malraux, poi via dal sarto.
Quando Charles Baudelaire si faceva fare un abito erano necessari molti incontri col sarto. Ogni minima piega era frutto di un meditato ragionamento. Non era stato facile venire a capo di un frac blu con i bottoni d’ottone. Il poeta non era mai contento e le prove si succedevano senza interruzione. Le maniche non facevano abbastanza pieghe, le falde erano troppo strette, il collo troppo basso. Finalmente, dopo un’estenuante ricerca, Baudelaire soddisfatto ne ordinò dodici esemplari all’esterrefatto artigiano. Brano tratto dalla prefazione alla Filosofia del sarto di Louis Huart (Edizioni Suv, Follina,
pagg132, €.12,50)