Per un museo (vivace) della lingua italiana
S e si pubblicano dizionari dedicati all’arte e grammatiche della musica, perché non aprire musei consacrati alle lingue? L’idea che sia opportuno dedicare un museo alla lingua italiana, patrimonio immateriale (ma tutt’altro che immateriale è la sua produzione scritta) di un Paese che ospita alcuni tra i migliori musei al mondo, aleggia in Italia da qualche lustro. Solo due secoli fa, ai tempi di Vincenzo Monti, l’espressione Museo della lingua veniva impiegata per indicare appunto i vocabolarî, e in particolare quelli in cui s’accumulava la parte meno vitale e corrente dell’italiano, quasi i cimelî del passato. Ma da quando, nel 2003, gli Uffizi di Firenze le dedicarono una modernissima mostra, intitolata dantescamente Dove il sì suona, l’ ipotesi assunse un’ altra declinazione.Perché, si disse allora, non creare un
luogo in cui la lingua italiana e la su astoria possano essere raccontate attraverso oggetti e immagini come parte integrante della storia e della cultura dell’ Italia?
Sono passati quindici annida quella mostra, e nemmeno il cento cinquantenario dell’Unità, nel 2011, poté ancora far decollare l’idea. Ci potrebbe riuscire, ora, una serie di libri usciti di recente, che la Società Dante Alighieri – alfiere del progetto – ha scelto di
proporre come manifesti per un Mu
seo della lingua italiana, che potrebbe finalmente diventare realtà. Luca Serianni (ideatore, a suo tempo, della mostra) ha pubblicato con Lucilla Pizzoli una Storia illustrata della lingua
italiana (Carocci), e il suo brillante allievo Giuseppe Antonelli è andato dritto al punto con un volume, Il museo
della lingua italiana (Mondadori), che è proprio la guida immaginaria del museo che (ancora) non c’è, con tanto di piantine e percorsi. Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della
Crusca, ha da poco dato alle stampe un vigoroso pamphlet, L’Italiano è meraviglioso (Rizzoli), che alla promozione della lingua dedica un’appassionata arringa (ne abbiamo già parlato l’anno scorso, proprio in queste pagine, tra le quali di recente Matteo Motolese ha segnalato anche un’altra elegante variazione sul tema, il volume La più bella del mondo. Perché amare la lingua
italiana, Einaudi, di Stefano Jossa). Sono pagine che rinnovano un antico filone apologetico, proponendo a un pubblico vasto e curioso la riscoperta entusiastica non solo dell’italiano che usiamo ogni giorno, ma anche di quello che si è costruito nel corso della storia. I tre libri e i loro autori saranno dunque a Roma mercoledì prossimo, nella sede della Dante di Palazzo Firenze a Roma (il futuro museo?), per rilanciare l’idea di un museo, inteso in un senso ben più vivace e positivo di quello cui pensavano gli uomini dell’800, adatto a una lingua insieme antica sì, ma dinamica come sanno essere certi musei di oggi, anche in Italia. Un museo, non un mausoleo. Non merita di meno una lingua vasta, complessa, stratificata e bella, al pari delle città in cui la si parla. Alla Società Dante Alighieri, abituata a promuovere l’italiano nel mondo, par naturale di considerarla un tesoro artistico come i tanti altri a cui si dedicano musei, mostre e gallerie. Forse più di qualche viaggiatore in Italia si è chiesto perché ancora non esista. Che cosa c’è, in fondo, di più nobilmente italiano di un museo dedicato all’italiano?
«Siamo pronti per un museo della
lingua italiana?». Società Dante Alighieri, Piazza di Firenze 27, Roma, mercoledì 13 alle 17:30. Con C. Marazzini, G. Antonelli, L. Serianni, M. A.
Cortelazzo, M. Mancini, A. Masi