Il Sole 24 Ore

Per un museo (vivace) della lingua italiana

- Lorenzo Tomasin @lorenzotom­asin

S e si pubblicano dizionari dedicati all’arte e grammatich­e della musica, perché non aprire musei consacrati alle lingue? L’idea che sia opportuno dedicare un museo alla lingua italiana, patrimonio immaterial­e (ma tutt’altro che immaterial­e è la sua produzione scritta) di un Paese che ospita alcuni tra i migliori musei al mondo, aleggia in Italia da qualche lustro. Solo due secoli fa, ai tempi di Vincenzo Monti, l’espression­e Museo della lingua veniva impiegata per indicare appunto i vocabolarî, e in particolar­e quelli in cui s’accumulava la parte meno vitale e corrente dell’italiano, quasi i cimelî del passato. Ma da quando, nel 2003, gli Uffizi di Firenze le dedicarono una modernissi­ma mostra, intitolata dantescame­nte Dove il sì suona, l’ ipotesi assunse un’ altra declinazio­ne.Perché, si disse allora, non creare un

luogo in cui la lingua italiana e la su astoria possano essere raccontate attraverso oggetti e immagini come parte integrante della storia e della cultura dell’ Italia?

Sono passati quindici annida quella mostra, e nemmeno il cento cinquanten­ario dell’Unità, nel 2011, poté ancora far decollare l’idea. Ci potrebbe riuscire, ora, una serie di libri usciti di recente, che la Società Dante Alighieri – alfiere del progetto – ha scelto di

proporre come manifesti per un Mu

seo della lingua italiana, che potrebbe finalmente diventare realtà. Luca Serianni (ideatore, a suo tempo, della mostra) ha pubblicato con Lucilla Pizzoli una Storia illustrata della lingua

italiana (Carocci), e il suo brillante allievo Giuseppe Antonelli è andato dritto al punto con un volume, Il museo

della lingua italiana (Mondadori), che è proprio la guida immaginari­a del museo che (ancora) non c’è, con tanto di piantine e percorsi. Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della

Crusca, ha da poco dato alle stampe un vigoroso pamphlet, L’Italiano è meraviglio­so (Rizzoli), che alla promozione della lingua dedica un’appassiona­ta arringa (ne abbiamo già parlato l’anno scorso, proprio in queste pagine, tra le quali di recente Matteo Motolese ha segnalato anche un’altra elegante variazione sul tema, il volume La più bella del mondo. Perché amare la lingua

italiana, Einaudi, di Stefano Jossa). Sono pagine che rinnovano un antico filone apologetic­o, proponendo a un pubblico vasto e curioso la riscoperta entusiasti­ca non solo dell’italiano che usiamo ogni giorno, ma anche di quello che si è costruito nel corso della storia. I tre libri e i loro autori saranno dunque a Roma mercoledì prossimo, nella sede della Dante di Palazzo Firenze a Roma (il futuro museo?), per rilanciare l’idea di un museo, inteso in un senso ben più vivace e positivo di quello cui pensavano gli uomini dell’800, adatto a una lingua insieme antica sì, ma dinamica come sanno essere certi musei di oggi, anche in Italia. Un museo, non un mausoleo. Non merita di meno una lingua vasta, complessa, stratifica­ta e bella, al pari delle città in cui la si parla. Alla Società Dante Alighieri, abituata a promuovere l’italiano nel mondo, par naturale di considerar­la un tesoro artistico come i tanti altri a cui si dedicano musei, mostre e gallerie. Forse più di qualche viaggiator­e in Italia si è chiesto perché ancora non esista. Che cosa c’è, in fondo, di più nobilmente italiano di un museo dedicato all’italiano?

«Siamo pronti per un museo della

lingua italiana?». Società Dante Alighieri, Piazza di Firenze 27, Roma, mercoledì 13 alle 17:30. Con C. Marazzini, G. Antonelli, L. Serianni, M. A.

Cortelazzo, M. Mancini, A. Masi

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