Discernimento, l’antidoto alla politica dei «follower»
Popolarismo e discernimento. Il primo come antidoto al populismo, il secondo come bussola che orienta il cammino di un popolo. Francesco Occhetta, gesuita, firma della «Civiltà cattolica» e animatore di «Connessioni», la scuola di studi politici della Compagnia di Gesù, parte da qui nel suo Ricostruiamo la politica. Orientarsi al tempo dei populismi.
Sono parole pesanti, con molta memoria, poco adatte alla contingenza leggera dei surfisti della rete. Vengono dal passato, ma trovano, secondo l’autore, un nuovo senso proprio nello smarrimento contemporaneo. La conclusione fast food del libro è questa: non c’è spazio per un nuovo partito unico dei cattolici, ma c’è grande spazio per i cattolici in politica, uniti nella diversità. Uno sforzo per creare un’offerta pre-politica che sia «lievito» e non «massa» come dice anche Papa Francesco. Un patrimonio di valori e saperi da impiegare per suggerire alternative all’avvento dei diversi populismi. Che non di rado flirtano con il mondo cattolico.
Popolarismo è l’eredità di Jacques Maritain e di Emmanuel Mounier secondo cui la persona è costitutivamente relazione, non basta mai a se stessa e si può realizzare solo nella società, il luogo dei diritti riconosciuti e della rappresentanza. L’opposto dell’ideologia dominante sulla disintermediazione sociale, sulla web-politica escludente e mai inclusiva, che preconizza una democrazia senza diritti e diritti senza democrazia. Si vagheggia il “cittadino perfetto” e il “popolo innocente” sognato da Rousseau, ma lo si scopre sempre più simile al “cittadino totale” da cui ci metteva in guardia Norberto Bobbio, sentinella attenta alle derive dei regimi totalitari.
Occhetta punta tutto sul discernimento: è «il “sentire” storico di una cultura per prendere una decisione». Ma sarebbe un errore leggere i rimandi contenuti nel volume (esso stesso esercizio continuo di discernimento) soltanto come il retaggio della patristica più classica che ne faceva «la via più adatta per essere condotti a Dio» o «la madre e custode di tutte le virtù». Per un gesuita discernimento è una parola-bagaglio: gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola (il fondatore della Compagnia) sono centrati proprio su una sua continua, ossessiva evocazione. Ma il discernimento conserva anche un profondo valore laico laddove esprime «il senso di obbligazione verso gli imperativi della coscienza». Nel “presentismo” di cui siamo schiavi sembra un orpello metodologico e poco importa se, proprio dalla risposta a quel comando interiore dipende anche la responsabilità verso il prossimo oltre che verso di sé. Dipende il senso stesso della propria dignità.
Per l’autore la politica deve essere servizio, ma siamo passati dalla politica come missione alla politica
per missioni, dove tutto diventa solo management del potere. Supportato dalla disintermediazione, dal pregiudizio verso il pluralismo derubricatro a disvalore, dalle istanze solo territoriali sempre più lontane dal concetto aureo di interesse generale, dal superamento di destra e sinistra in una nuova idolatria liquida della comunicazione (e del leader) come unico modo di fare politica.
L’ancoraggio di Occhetta ai giganti del pensiero cattolico lo porta a identificare i corpi intermedi come vero e unico antidoto al totalitarismo nel solco di La Pira, Lazzati, Dossetti e Moro. La politica “diretta” fatta con l’uso spregiudicato dei social network crea, secondo il gesuita, una sorta di «ipnosi sociale» nel pubblico elettore (audience elettorale verrebbe da dire). Il cittadino, elevato a perno del sistema, si banalizza in «un consumatore politico non un protagonista», insomma un follower. Non sceglie, ma viene scelto. E non lo sa.
Il libro si propone anche come canovaccio programmatico sui temi più decisivi e cruciali dell’agenda politica: l’immigrazione, il lavoro dignitoso, la riforma del servizio pubblico, le riforme costituzionali, la nuova longevità e le regole per la bioetica. Tutti nel solco di una triade di valori irrinunciabile: i principi della Costituzione (non a caso la prefazione è scritta da Marta Cartabia, vicepresidente della Consulta), l’orizzonte europeo, la dottrina sociale della chiesa. Altrettante sfide per i cattolici. Per vincerle, secondo Occhetta, basterebbe tornare al secondo comandamento: «Ama il prossimo tuo come te stesso». Sarebbe molto, visto che l’egolatria narcisista lo ha trasformato in «odia il prossimo tuo come ami te stesso». Anzi, diciamolo: sarebbe davvero rivoluzione.