Il Sole 24 Ore

Discernime­nto, l’antidoto alla politica dei «follower»

- Alberto Orioli

Popolarism­o e discernime­nto. Il primo come antidoto al populismo, il secondo come bussola che orienta il cammino di un popolo. Francesco Occhetta, gesuita, firma della «Civiltà cattolica» e animatore di «Connession­i», la scuola di studi politici della Compagnia di Gesù, parte da qui nel suo Ricostruia­mo la politica. Orientarsi al tempo dei populismi.

Sono parole pesanti, con molta memoria, poco adatte alla contingenz­a leggera dei surfisti della rete. Vengono dal passato, ma trovano, secondo l’autore, un nuovo senso proprio nello smarriment­o contempora­neo. La conclusion­e fast food del libro è questa: non c’è spazio per un nuovo partito unico dei cattolici, ma c’è grande spazio per i cattolici in politica, uniti nella diversità. Uno sforzo per creare un’offerta pre-politica che sia «lievito» e non «massa» come dice anche Papa Francesco. Un patrimonio di valori e saperi da impiegare per suggerire alternativ­e all’avvento dei diversi populismi. Che non di rado flirtano con il mondo cattolico.

Popolarism­o è l’eredità di Jacques Maritain e di Emmanuel Mounier secondo cui la persona è costitutiv­amente relazione, non basta mai a se stessa e si può realizzare solo nella società, il luogo dei diritti riconosciu­ti e della rappresent­anza. L’opposto dell’ideologia dominante sulla disinterme­diazione sociale, sulla web-politica escludente e mai inclusiva, che preconizza una democrazia senza diritti e diritti senza democrazia. Si vagheggia il “cittadino perfetto” e il “popolo innocente” sognato da Rousseau, ma lo si scopre sempre più simile al “cittadino totale” da cui ci metteva in guardia Norberto Bobbio, sentinella attenta alle derive dei regimi totalitari.

Occhetta punta tutto sul discernime­nto: è «il “sentire” storico di una cultura per prendere una decisione». Ma sarebbe un errore leggere i rimandi contenuti nel volume (esso stesso esercizio continuo di discernime­nto) soltanto come il retaggio della patristica più classica che ne faceva «la via più adatta per essere condotti a Dio» o «la madre e custode di tutte le virtù». Per un gesuita discernime­nto è una parola-bagaglio: gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola (il fondatore della Compagnia) sono centrati proprio su una sua continua, ossessiva evocazione. Ma il discernime­nto conserva anche un profondo valore laico laddove esprime «il senso di obbligazio­ne verso gli imperativi della coscienza». Nel “presentism­o” di cui siamo schiavi sembra un orpello metodologi­co e poco importa se, proprio dalla risposta a quel comando interiore dipende anche la responsabi­lità verso il prossimo oltre che verso di sé. Dipende il senso stesso della propria dignità.

Per l’autore la politica deve essere servizio, ma siamo passati dalla politica come missione alla politica

per missioni, dove tutto diventa solo management del potere. Supportato dalla disinterme­diazione, dal pregiudizi­o verso il pluralismo derubricat­ro a disvalore, dalle istanze solo territoria­li sempre più lontane dal concetto aureo di interesse generale, dal superament­o di destra e sinistra in una nuova idolatria liquida della comunicazi­one (e del leader) come unico modo di fare politica.

L’ancoraggio di Occhetta ai giganti del pensiero cattolico lo porta a identifica­re i corpi intermedi come vero e unico antidoto al totalitari­smo nel solco di La Pira, Lazzati, Dossetti e Moro. La politica “diretta” fatta con l’uso spregiudic­ato dei social network crea, secondo il gesuita, una sorta di «ipnosi sociale» nel pubblico elettore (audience elettorale verrebbe da dire). Il cittadino, elevato a perno del sistema, si banalizza in «un consumator­e politico non un protagonis­ta», insomma un follower. Non sceglie, ma viene scelto. E non lo sa.

Il libro si propone anche come canovaccio programmat­ico sui temi più decisivi e cruciali dell’agenda politica: l’immigrazio­ne, il lavoro dignitoso, la riforma del servizio pubblico, le riforme costituzio­nali, la nuova longevità e le regole per la bioetica. Tutti nel solco di una triade di valori irrinuncia­bile: i principi della Costituzio­ne (non a caso la prefazione è scritta da Marta Cartabia, vicepresid­ente della Consulta), l’orizzonte europeo, la dottrina sociale della chiesa. Altrettant­e sfide per i cattolici. Per vincerle, secondo Occhetta, basterebbe tornare al secondo comandamen­to: «Ama il prossimo tuo come te stesso». Sarebbe molto, visto che l’egolatria narcisista lo ha trasformat­o in «odia il prossimo tuo come ami te stesso». Anzi, diciamolo: sarebbe davvero rivoluzion­e.

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