Il Sole 24 Ore

Relazione anonima sul filo di guerra

- Renato Palazzi

Uninterven­to, il testo del giovane autore inglese Mike Bartlett che ha debuttato al Teatro Filodramma­tici di Milano, con la regia di Fabrizio Arcuri, è la radiografi­a di un’amicizia che nasce, si alimenta del bisogno che due persone hanno l’una dell’altra e poi, come spesso accade, si esaurisce, muore. Non badate al fatto che le due persone coinvolte dissentano sull’intervento militare in Iraq, contestato dall’una e sostenuto dall’altra: questo è il sintomo, la cartina di tornasole. Ciò che conta non è il tema civile, è il diagramma di una relazione umana messa sotto un microscopi­o, analizzata come in vitro. L’altro aspetto determinan­te è, a mio avviso, l’identità di genere dei due, che Bartlett indica sempliceme­nte come A e B, senza ulteriori precisazio­ni. Fermo restando che B dovrebbe essere un uomo, giacché mette al mondo una bambina con la ragazza che sarà causa della fine della loro amicizia, la qualità di quest’ultima cambia non poco se A è una donna, come nello spettacolo prodotto dal CSS di Udine, o un uomo.

Nel primo caso rimane inevitabil­mente qualcosa di sospeso, di tacitament­e possessivo, quasi la guardinga sensazione, da parte di chi lo vive, che quel legame potrebbe essere sostitutiv­o di un rapporto di coppia, anche se ciò non accade. Nel secondo prevarrebb­e la solidariet­à maschile, l’ istintiva condivisio­ne di comuni debolezze-Ab evetr op po,Bètormenta­t oda un amore sbagliato -che è cosa ben diversa. Sarebbe interessan­te vedere realizzate inscena entrambe le ipotesi. Questa dimensione fluida, d’altronde, sembra la caratteris­tica principale dello stile dell’autore, che non sviluppa una trama particolar­mente significat­iva, anzi inquadra una vicenda un po’ banale, limitandos­i a portare inscena una mera scheggia di vita, sviscerata però nelle sue pieghe più riposte. Come tanta drammmatur­gia inglese di questi anni, Un intervento rivela una scrittura accurata, ben tradotta da Jacopo Gassman, un’abile mistura di compassion­e e ironia nell’evocare queste due solitudini. La pièce è acuta, qua e là amaramente divertente. Che poi ci ponga delle questioni irrinuncia­bili, questo proprio non si può dire. La regia di Arcuri asseconda questo andamento per così dire minimalist­a. L’azione, alquanto ridotta, si svolge in uno spazio neutro, davanti a un metaforico sipario, fra pochi oggetti emlematici che l’inservient­e di scena sostituisc­e a vista fra un quadro e l’altro. La trovata più pungente sta nel fatto che i due personaggi vestono in modo sempre uguale fra loro - ora degli strani abiti mimetici con impressa l’immagine di Tony Blair, ora dei buffi completi ricavati dalle fodere delle poltrone - come gli specchi di una stessa infelicità. Gli interpreti, Rita Maffeie Gabriele Benedetti, tratteggia­no con affettuosa delicatezz­a le figurette di A e B, identifica teda cartelli che spostano loro stessi secondo i propri movimenti alla ribalta. Lavorano sul non detto, sulle sfumature: ne pongono in luce vizi e smarriment­i, ma senza giudicarli.

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