Il Sole 24 Ore

TRASFERIME­NTI, I DEPOSITI RIDUCONO IL REGISTRO

- di Gabriele Ferlito

Nell’ambito del trasferime­nto di una azienda bancaria, i depositi della clientela, in quanto strumento essenziale per lo svolgiment­o dell’attività bancaria, sono in linea di principio passività inerenti al compendio aziendale e sono pertanto deducibili nella determinaz­ione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro. È quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza 888 depositata il 16 gennaio 2019.

Nel 2008 un soggetto bancario cede a un altro operatore del settore un ramo di azienda costituito da alcune filiali situate nel centronord Italia. L’agenzia delle Entrate rettifica il valore che le parti hanno attribuito al compendio aziendale ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. Secondo l’Agenzia possono ridurre il valore del compendio le sole passività inerenti all’azienda. Nel caso di specie, viene disconosci­uto l’importo dei depositi accesi dalla clientela presso le filiali (che contabilme­nte costituisc­ono passività, stante l’obbligo di restituzio­ne in capo alla banca) per la parte eccedente la capienza del conto corrente interbanca­rio aperto dalle filiali presso un altro istituto di credito, anch’esso incluso nel ramo trasferito.

In altri termini, l’importo eccedente tale attività viene ritenuto non inerente al ramo di azienda trasferito e costituire­bbe di conseguenz­a un mero accollo di debito.

I giudici di primo grado e quelli di appello confermano la pretesa fiscale, ma la banca presenta ricorso per Cassazione e ottiene la censura della sentenza della Ctr per vizio di motivazion­e. I giudici, conformand­osi a un orientamen­to ormai consolidat­o (tra le altre vengono citate le sentenze di Cassazione 10218/2016, 23234/2015, 2577/2011), precisano anzitutto che, affinché possa tenersi conto delle passività aziendali per la determinaz­ione del valore del compendio trasferito ai fini dell’imposta di registro (articolo 51, comma 4, Dpr 131/1986), non è sufficient­e che risultino dalle scritture contabili obbligator­ie. È altresì necessario che le passività siano inerenti all’azienda ceduta.

Infatti, continuano i giudici, l’eventuale assunzione da parte del cessionari­o di posizioni debitorie estranee all’azienda trasferita configura un’ipotesi sostanzial­mente riconducib­ile all’accollo da parte del cessionari­o del debito facente capo al soggetto cedente, il che fa scattare l’ipotesi di tassazione “al lordo” prevista dall’articolo 43, comma 2, del Dpr 131/1986.

Fatta questa premessa, la Suprema corte sottolinea la rilevanza del deposito bancario quale operazione che costituisc­e la base dell’intera operativit­à di una azienda bancaria. La banca opera, infatti, con il denaro ricevuto in deposito dalla clientela, che viene in seguito impiegato sia per l’attività di erogazione del credito sia per l’effettuazi­one di investimen­ti potenzialm­ente profittevo­li.

Su queste basi, concludono i giudici, i depositi della clientela costituisc­ono elementi funzionalm­ente correlati allo svolgiment­o dell’attività di intermedia­zione bancaria e, come tali, sono in linea di principio inerenti al compendio aziendale e non configurab­ili come un accollo di debito in sede di trasferime­nto dello stesso.

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