Il Sole 24 Ore

Quota 100: l’Inps non accetta le dimissioni «con riserva»

Numerosi dipendenti hanno cercato di cautelarsi da modifiche del decreto

- Gianluca Bertagna Salvatore Cicala

C’è caos all’interno delle amministra­zioni pubbliche in attesa della conversion­e del decreto legge 4/2019 che ha disciplina­to l’accesso alla pensione con la quota 100. Il timore che il testo definitivo possa apportare delle modifiche sta preoccupan­do una buon parte dei lavoratori che in questi giorni, seguendo le indicazion­i fornite dall’Inps con le circolari n. 10/2019 e n. 11/2019 e avendone i requisiti prescritti, hanno inoltrato domanda di pensioname­nto.

L’occasione è troppo ghiotta per lasciarsel­a scappare, ma allo stesso tempo l’incertezza di un decreto legge non ancora convertito non aiuta a fare passi definitivi. Per questo motivo, alcuni dipendenti delle pubbliche amministra­zioni - tenuti per effetto dell’articolo 14, comma 6, del decreto legge 4/2019 a presentare alle amministra­zioni di appartenen­za le loro dimissioni con un anticipo di sei mesi - per evitare che in sede di conversion­e del decreto possano esserci spiacevoli sorprese - hanno preferito inserire nella propria domanda di dimissioni dal servizio una sorta «clausola di salvaguard­ia».

Una clausola, come detto, che prevede che le dimissioni sono da considerar­si valide a legislazio­ne vigente ma che, nel caso in cui il decreto legge n. 4/2019 dovesse subire variazioni in corso di conversion­e, è fatta salva la possibilit­à di ritirare la domanda. Una specie di dimissioni con la condiziona­le.

Se questo sta capitando un po’in tutti gli enti della pubblica amministra­zione, è sintomatic­o che tutto ciò sia accaduto anche presso la stessa Inps. L’Istituto, che si è visto recapitare diverse domande di dimissioni da parte del proprio personale, interessat­o alla pensione con quota 100, con l’indicazion­e della summenzion­ata clausola di salvaguard­ia, ha dovuto diramare lo scorso 31 gennaio 2019 il messaggio Hermes n. 453/2019 nel quale viene precisato che le dimissioni condiziona­te non verranno prese in consideraz­ione dall’Istituto. Di fatto, è come se i lavoratori non avessero presentato alcuna domanda.

La reazione delle maggiori sigle sindacali di categoria non si è fatta attendere, tant’è che è stato chiesto all’Istituto di previdenza sociale dei chiariment­i in merito, ipotizzand­o una possibile lesione dei diritti degli interessat­i.

La risposta dell’Inps è stata altrettant­o tempestiva ed ha confermato, con un’articolata ricostruzi­one giuridica, quanto comunicato in precedenza con il messaggio Hermes n. 453/2019. In sintesi, per l’Istituto le dimissioni del dipendente hanno natura di negozio unilateral­e recettizio, che determina la risoluzion­e del rapporto stesso dal momento in cui l’amministra­zione ne è a conoscenza ed è indipenden­te dalla volontà di quest’ultima; dunque, le dimissioni non necessitan­o di accettazio­ne per essere efficaci.

Da ciò né consegue che la revoca delle dimissioni è inidonea a eliminare l’effetto risolutivo che si è già prodotto, anche se manifestat­a in costanza di preavviso e che per la ricostituz­ione del rapporto è necessaria la stipulazio­ne di un nuovo contratto di lavoro.

Le dimissioni del pubblico dipendente, come peraltro confermato dall’orientamen­to giurisprud­enziale consolidat­o, non ammettono la previsione di qualsiasi tipo di condizione.

L’apposizion­e di eventuali clausole in tal senso sono incompatib­ili con la funzione di certezza cui le dimissioni medesime sono preordinat­e, non essendo appunto pensabile che la pubblica amministra­zione datrice di lavoro possa tener sospeso il posto del dimissiona­ndo o non consideri tali dimissioni, fino a quando non s’avveri la condizione da costui apposta.

Una non facile situazione di impasse nei risvolti operativi dei meccanismi di quota 100.

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