Tassa piatta negata se il conduttore è una banca
In riferimento alla cedolare secca, vorrei sapere se l’estensione di tale regime alle locazioni commerciali possa implicitamente consentire di superare l’interpretazione restrittiva fornita in passato dall’agenzia delle Entrate. Mi riferisco alla non applicabilità di tale agevolazione nel caso in cui il locatario agisca in regime di impresa, pur rimanendo l’utilizzo dell’immobile a fini abitativi (ad esempio, un appartamento locato da persona fisica a istituto bancario e dato in uso al dipendente).
La risposta è negativa. Nella disciplina dell’articolo 3 del Dlgs 23/2011, l’applicazione della cedolare è limitata alle locazioni da parte di persone fisiche che non agiscono nell’esercizio d’impresa, arti o professioni. E secondo l’interpretazione delle Entrate, la qualifica di soggetto non imprenditore deve sussistere sia per il locatore che per il locatario (circolare 26/E/2011). Ne consegue che i contratti abitativi stipulati, ad esempio, nei riguardi di un istituto di credito, che adibisce l’immobile locato a foresteria per i propri dipendenti, non possono rientrare nel regime.
La legge di Bilancio 2019 (145/2018), introducendo la nuova cedolare secca per i negozi, non prevede condizioni di carattere soggettivo per il conduttore: trattandosi di locazioni commerciali, sarebbe incongruo impedirne la conclusione con soggetti imprenditori. Tuttavia, resta fermo quanto già affermato dalle Entrate: salvo successivi chiarimenti da parte dell’Agenzia, non c’è possibilità di applicare la cedolare secca nel caso in cui il locatario sia un istituto bancario che agisce in regime di impresa.