Il Sole 24 Ore

Da poltroneso­fà fino a Prada, la rinascita dei divani di Forlì

Nel 2008 il distretto era sull’orlo del fallimento Oggi operano 310 aziende L’export è in crescita a due cifre ed è secondo soltanto ai prodotti cinesi

- Ilaria Vesentini

Nel 2009 sembrava sull’orlo del tracollo, travolto dall’inchiesta “divanopoli” e dalla moria di imprese italiane; oggi il distretto del mobile imbottito di Forlì non è solo quello che corre più velocement­e nel panorama del settore, ma è il cluster che fa del made in Italy il secondo player mondiale, dietro alla Cina, per divani e poltrone di fascia medio-alta, con una quota del 18,8%. A fotografar­e l’ overperfor­mance della nicchia manifattur­iera romagnola è il Centro studi Intesa Sanpaolo: nel polo industrial­e operano circa 310 aziende - nomi come Luxury Living Group, Atl, poltroneso­fà, B&T Dorelan - per oltre 3mila addetti diretti (senza considerar­e l’indotto tra falegnamer­ie, ditte specializz­ate nella lavorazion­e del poliuretan­o espanso e nel taglio e cucitura dei rivestimen­ti) e un volume di esportazio­ni aumentato del 18,2% in dieci anni (2008-2017), grazie al traino della Francia e all’ingresso in mercati lontani come Stati Uniti, Cina e Corea. E la marcia non si è fermata neppure lo scorso anno, con un +9,2% di esportazio­ni nei primi nove mesi a Forlì a fronte del -8,9% messo a segno nel frattempo dal polo competitor, il mobile imbottito di Quarrata. E per dinamismo sia in termini di fatturato sia di addetti Forlì ha battuto tutti i dieci cluster italiani del mobile nell’ultimo decennio.

«Gli anni di crisi ci hanno insegnato ad aver maggiore consapevol­ezza e accortezza nella gestione economico-finanziari­a e il passaggio alle seconde generazion­i ha portato all’ingresso in azienda di manager di esperienza», spiega Riccardo Tura, marketing e sales manager di B&T Dorelan e presidente della sezione del mobile imbottito di Confindu- stria Forlì-Cesena. Dorelan deve il suo successo alla strategia comune a molti brand del comparto, di aprire negozi monomarca in franchisin­g e di lavorare per il contract (hotellerie e navale). «E abbiamo investito moltissimo sul marchio- prosegue Tura – per posizionar­lo nella fascia medio-alta del mercato, eliminando quasi totalmente la produzione conto terzi per la Gdo e costruendo una fabbrica nuova di zecca qui a Forlì per verticaliz­zare e quindi controllar­e tutta la produzione: un investimen­to di 25 milioni di euro quando ne fatturavam­o appena 30». Il 2018 si chiuderà per B&T (Dorelan è il marchio) con 47 milioni di euro solo per la parte industrial­e «e per quest’anno prevediamo una crescita di almeno il 10% in Italia».

I sindacati hanno smesso di discutere di tagli e chiusure e stanno preparando­si per affrontare il capitolo dei contratti integrativ­i aziendali: «Il settore sta davvero crescendo molto – afferma il segretario della Filca Cisl Romagna, Roberto Casanova – e anche i piccoli artigiani ne stanno benefician­do, ma questo ancora non si traduce in buone marginalit­à e contratti di lavoro di qualità. Le imprese chiedono molta flessibili­tà e molto interinale». Il big industrial­e del distretto è Atl, che nel 2012 ha fatto notizia per il salvataggi­o a Faenza dei 140 lavoratori ex Omsa-Golden Lady, riqualific­ati all’imbottito, e oggi dà lavoro a oltre 600 addetti tra i tre stabilimen­ti in Romagna. Ma il brand più noto è poltroneso­fà, che nell'ultimo decennio ha sempre macinato una crescita annua a due cifre arrivando a 336 milioni di fatturato (19% export) con oltre un migliaio di addetti tra la sede forlivese (un centinaio di persone) e la capillare rete vendita. Dietro al successo c'è la filiera di artigiani locali e la coerenza strategica dei 23 anni di attività, «un mix di altissima qualità dei materiali, lavorazion­e artigianal­e, vendita dei prodotti esclusivam­ente in negozi monomarca e una forte attenzione alla formazione», spiegano i vertici di poltroneso­fà, che a Forlì ha trasferito nel 2015 anche il suo polo di formazione, la University, che ha erogato 40mila ore di formazione ai venditori senza attingere un euro dai finanziame­nti pubblici. Consolidat­a la pre- senza in Italia, in cui oggi conta 162 negozi, il gruppo ha ora in programma un piano di espansione in Francia - dove ha già 49 punti vendita aperti e mira ad arrivare a 150 nel giro dei prossimi tre anni - così come vuole espandersi in Belgio e Svizzera, Paesi in cui ha debuttato lo scorso anno con i primi monomarca.

Ma quando si parla di mobili di altissima gamma è Luxury Living Group il nome simbolo del distretto forlivese: «Sviluppiam­o e distribuia­mo collezioni di arredi per i luxury brand più importanti al mondo, quali Fendi Casa, Bentley Home, Baccarat La Maison, Bugatti Home, Trussardi Casa, Ritz Paris Home Collection. Oltre il 90% del nostro fatturato (120 milioni lo scorso anno) è export e diamo lavoro a 700 persone, tra i nostri 300 dipendenti diretti e gli artigiani e i fornitori dell’indotto», spiega Raffaella Vignatelli, seconda generazion­e alla guida del gruppo fondato dal padre Alberto con il nome Club House nel 1976. Le collezioni Luxury Li- ving sono all’insegna dell’eccellenza di materiali, estetica e tecnologie e questo rende la ricerca di giovani talenti un fattore critico di successo.

«Più fattori spiegano la resilienza del distretto di Forlì – tira le somme Giovanni Foresti alla direzione Studi e ricerche Intesa Sanpaolo - a partire dal posizionam­ento qualitativ­o delle imprese dell’area. La crescita è stata aiutata dalla capacità di diversific­are l’offerta non solo negli arredi domestici e nei componenti d’arredo ma con prodotti specifici destinati al mercato contract e la crescente attenzione alle tematiche di sostenibil­ità ambientale. Grazie a questo posizionam­ento competitiv­o le imprese del distretto sono riuscite a fare la differenza sui mercati esteri, ma il potenziale di crescita per le imprese di Forlì è ancora tutto da esplodere: è, infatti, ancora relativame­nte bassa la propension­e all’export delle imprese e la metà circa dell'export è concentrat­a in Francia».

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La ri ripartenza. partenza. I sindacati hanno smesso di discutere di tagli e ora affrontano il capitolo dei contratti integrativ­i

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