Sanchez in bilico, catalani decisivi
Finanziaria al voto oggi, in caso di bocciatura si andrà alle elezioni anticipate Il budget anti-austerity ha avuto già il via libera della Commissione Ue
Il governo di Pedro Sanchez è appeso al voto degli indipendentisti catalani: se la manovra Finanziaria verrà bocciata oggi dal Parlamento sarà inevitabile per il premier socialista convocare le elezioni anticipate per metà aprile o al più tardi per fine maggio.
Nella politica spagnola, tra Madrid e Barcellona, si stanno intrecciando, pericolosamente, le rivendicazioni catalane - ieri ha preso il via il processo penale nel quale sono imputati per ribellione i leader indipendentisti - e le strategie del governo centrale per sostenere la crescita e «ridare equilibrio allo sviluppo dopo anni di austerity» - come ha sottolineato Sanchez - senza perdere di vista il risanamento di bilancio.
La legge di bilancio messa a punto da Sanchez è stata concordata con la sinistra radicale di Podemos ma ha bisogno del sostegno dei partiti regionali nazionalisti: i socialisti possono infatti contare su soli 84 deputati sui 350 della Camera bassa e con Podemos possono arrivare a 151 voti. I secessionisti catalani, che si sono uniti alla sinistra nel mettere fine al governo conservatore di Mariano Rajoy, sono quindi ora necessari per la sopravvivenza di Sanchez.
Nella Finanziaria 2019, Sanchez e Pablo Iglesias, il leader di Podemos, hanno previsto un aumento del 22% del salario minimo mensile, a 900 euro da 736. Hanno inoltre deciso di indicizzare le pensioni all’inflazione. E sempre con l’obiettivo di «ridare uguaglianza di opportunità e coesione sociale», di «curare le cicatrici dell’austerity, chiudere le ferite sociali» hanno aumentato le imposte sui grandi patrimoni e sui redditi più alti. Il governo vuole inoltre introdurre una tassa sui big di internet e sulle transazioni finanziarie. E ha annunciato l’intenzione di rivedere la riforma del lavoro del 2012 per favorire la contrattazione collettiva.
Sanchez ha un grande alleato nella crescita economica spagnola, che continua a tenere il ritmo più sostenuto tra le grandi economie dell’Eurozona. «L’espansione dell’economia spagnola proseguirà nei prossimi anni, anche se il rallentamento della crescita continuerà», spiegano gli analisti di Bbva Research che prevedono «un aumento del Pil del 2,4% nel 2019 e del 2% nel 2020» con una costante e sostenuta «creazione di posti di lavoro» in un «contesto di aggiustamento della crescita mondiale» e di «crescente incertezza, tanto dentro i confini nazionali che sulla scena internazionale». La Commissione europea ha già dato il via libera alla manovra spagnola, confortata dal fatto che le misure espansive dovrebbero essere compensate dalle entrate e dovrebbero comunque portare, secondo le previsioni comunitarie, a un deficit non superiore al 2% con il debito ormai avviato su un percorso di graduale riduzione intorno al 96% del Pil. Anche in questi giorni di incertezza i rendimenti dei bonos non hanno avuto reazioni particolari: «La reazione dei mercati è limitata perché l’economia spagnola è ancora forte», sostiene Nadia Gharbi, analista di Pictet Wealth Management.
Ma l’approvazione della manovra finanziaria non riguarda i contenuti e le politiche di redistribuzione del reddito, né tantomeno il contenimento del deficit concordato con Bruxelles. A dividere Sanchez dai voti indispensabili per arrivare alla maggioranza in Parlamento sono le rivendicazioni dei partiti catalani, che stanno cercando di approfittare della debolezza del governo socialista sul budget.
Sanchez si è sempre mostrato molto più morbido del suo predecessore Rajoy nei confronti della Catalogna, ma la differenza sta tutta nell’approccio al dialogo dimostrata dall’attuale premier. Sanchez infatti, come Rajoy, ha continuato a negare ai nazionalisti catalani ogni possibilità di arrivare a un referendum legale per decidere sulla secessione. Non ha mai minacciato di tornare a commissariare la Generalitat ma ha fatto capire - rifacendosi «al rispetto della Costituzione spagnola» - di non volersi spingere oltre una revisione dell’attuale Statuto catalano per concedere più autonomia alla regione
Il ministro del Tesoro, Maria Jesus Montero, ha difeso ieri nel dibattito in Parlamento il piano di spesa «necessario per proteggere la crescita e la coesione sociale del Paese» ma ha respinto il ricatto del fronte catalano. Lo stesso Sanchez ha chiuso ogni possibilità di scambio tra Madrid e Barcellona: «La politica a volte porta a strane alleanze: gli indipendentisti catalani voteranno contro misure sociali che aiuterebbero la Spagna e lo stesso faranno i partiti di destra», ha detto Sanchez accusando nazionalisti e conservatori di volere «una Catalogna e una Spagna divise e in conflitto». Gli indipendentisti catalani avrebbero tutto da perdere da elezioni anticipate nelle quali dovesse prevalere un’alleanza delle destre: dai Popolari a Ciudadanos fino al partito xenofobo Vox. È questo l’ultimo debolissimo filo di speranza al quale è appeso Sanchez.