Il Sole 24 Ore

Pensionati in fuga all’estero, secondo assegno con tasse leggere

I trattament­i percepiti per attività non dipendente tassati in Portogallo Fine rapporto di un agente di commercio da tassare invece nel nostro paese

- F. Cancellier­e e G. Ferlito

Tassato in Portogallo anche l’assegno percepito per attività diverse da quella di lavoratore dipendente.

Un pensionato italiano trasferito­si in Portogallo pagherà le tasse nello Stato di residenza, anche per le pensioni percepite a fronte di attività diverse da quelle di lavoro dipendente. Dice questo la risposta a interpello n. 35, pubblicata ieri dall’agenzia delle Entrate: è la più rilevante di un ampio pacchetto dedicato al tema della fuga di cervelli e pensionati e della concorrenz­a fiscale tra Stati.

Le risposte fornite dall’amministra­zione finanziari­a su questi temi sono state, infatti, ben cinque: tre per il regime dei «rimpatriat­i» (articolo 16, commi 1 e 2 Dlgs n. 147/2015) e due per regimi previsti dai trattati a favore dei pensionati. Tra le prime, la risposta 32 ha vietato l’applicabil­ità del regime per il rimpatrio dei cervelli (comma 2) ad un lavoratore che, nel periodo precedente al rimpatrio in Italia, aveva sì trascorso all’estero un periodo complessiv­amente superiore a due anni, ma alternando un periodo di studio ad un altro di lavoro, senza dunque integrare – per nessuno di essi considerat­o singolarme­nte– il requisito della continuità biennale.

Sullo stesso regime è incentrata la risposta n. 36, che è invece positiva, in quanto chiarisce il principio secondo cui i requisiti della residenza estera e della continuità almeno biennale dell’attività, non devono necessaria­mente coincidere sul piano temporale. Nello specifico, prima di tornare in Italia nel 2019, la lavoratric­e aveva svolto attività di lavoro all’estero dal 2013 al 3 ottobre 2017, ma risultava fiscalment­e residente all’estero solo dal 2016.

La risposta n. 34 (positiva) riguarda il regime dei lavoratori rimpatriat­i (comma 1) e affronta il caso di un lavoratore rimpatriat­o in data 20 luglio 2018, per il quale è confermata la fruibilità dal regime, ma solo a partire dal primo anno di residenza fiscale in Italia, vale a dire dal 2019, e non anche per i mesi di lavoro da luglio a dicembre 2018.

Le altre due risposte riguardano la fiscalità dei pensionati residenti fiscalment­e in uno Stato ma percettori di pensione di fonte estera. La prima (n. 35), riguarda il caso del pensionato italiano trasferito in Portogallo, ormai frequente, ma è interessan­te perché chiarisce che le pensioni percepite a fronte di attività diverse da quelle di lavoro dipendente (nel caso specifico, Inps ed Enasarco percepite da un agente di commercio) sono sempre tassate nello Stato di residenza, qualunque sia la provenienz­a. Ai fini del trattato, si qualifican­o infatti come «altri redditi» ex articolo 21, e non come «redditi di pensione» ex articolo 18, limitato ai solo dipendenti.

Invece, l’indennità di fine rapporto percepita dall’agente si qualifica ai fini italiani come reddito di lavoro autonomo e come tale rientra nell’ambito dell’articolo 14 del trattato: pertanto, la stessa va in ogni caso tassata in Italia, per la quota maturata negli anni in cui il lavoratore era ivi residente, mentre la quota residua può essere tassata in Italia solo se attribuibi­le ad una base fissa ivi situata. La risposta n. 40, infine, si occupa della «New State Pension», percepita nel Regno Unito da un residente in Italia: secondo l’Agenzia va trattata come una «pensione di Stato» e non è assimilabi­le ad una forma di previdenza complement­are, anche se in parte alimentata da versamenti di natura volontaria. Come tale, va integralme­nte tassata in Italia, a prescinder­e dalla mancata deduzione dei contributi a suo tempo versati.

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