DI MAIO TORNA MA CON SALVINI NUOVO FRONTE SULL’AUTONOMIA
Sono bastati due giorni di silenzio per far parlare di una “sparizione” di Luigi Di Maio e ieri di un suo ritorno dopo la sconfitta alle regionale abruzzesi. «Ho riflettuto», ha detto il vicepremier mettendo in fila, con rispettabile senso critico, tutte le cose che nel Movimento non hanno funzionato. «Ci sono problemi di fondo che dobbiamo affrontare: il tema dell’organizzazione nazionale e locale, dobbiamo aprire ai mondi con cui sui territori non abbiamo mai parlato a partire dalle imprese, dobbiamo decidere se guardare alle liste civiche radicate sul territorio». Tutti punti, in effetti, da cui nasce la fatica dei grillini nelle competizioni locali ma Di Maio trascura il vero nodo, che lo riguarda molto più da vicino: il rapporto con Salvini.
Quello è il “non detto” del chiarimento che ieri ha cercato con gli elettori in rete. Perché è vero che le sconfitte regionali sono determinate dall’isolamento in cui si sono rinchiusi i 5 Stelle ma il dato abruzzese non è solo la vittoria del candidato di centrodestra Marsilio – sostenuto da vari partiti – e il sorpasso pure del candidato di centro-sinistra Legnini – appoggiato da 7 liste civiche più il Pd – ma il vantaggio che la Lega ha preso sul Movimento. Fino a qualche anno fa il partito di Salvini nemmeno esisteva in Abruzzo, oggi supera il 27% staccando di più di 7 punti i 5 Stelle che alle elezioni di marzo 2018 aveva sfiorato il 40 per cento. Una conferma di quelli che sono i sondaggi nazionali.
È questo che non va: l’alleato che gli sta rubando voti. Raccontano le analisi dei flussi elettorali dell'Istituto Cattaneo come i consensi persi dai grillini siano stati assorbiti in gran parte dalla Lega e per una parte inferiore sono tornati verso il centro-sinistra. Davanti a questo quadro, è utile ripensare al tema delle alleanze e ancora di più arrivare a dialogare con mondi – come quello delle imprese – che i 5 Stelle avevano additato come “prenditori” ma una messa a punto va fatta soprattutto nella dinamica di governo con Salvini. Qui Di Maio non ha dato risposte. Quale sarà la sua strategia per competere con la Lega alle elezioni europee? Farà o no pesare le differenze?
Quell’affermazione fatta ieri per cui «siamo l’unico argine a Berlusconi ministro della Giustizia o dell’Economia», che vuol dire? Che loro impediscono la nascita di un Esecutivo di centro-destra? Ma se già gli italiani non danno più chance al Cavaliere - relegato sotto quota 10% vuol dire che il bersaglio è sbagliato. E che forse ci sono altre questioni politiche su cui l’elettorato grillino diffuso soprattutto al Sud, è più attento.
Ieri, per esempio, la Lega ha messo in rampa di lancio la legge sull’autonomia rafforzata con compartecipazione di tasse come Irpef e Iva delle Regioni. Un meccanismo che col tempo rischia di spostare sempre più risorse verso il Nord - più ricco sguarnendo il Sud. Anche qui cederà il passo alla Lega? O farà come Salvini fa con la Tav: si metterà di traverso? E l’altra domanda riguarda Di Battista, richiamato per fare interpretare ai 5 Stelle il ruolo di partito di governo e di opposizione. Sembra non aver funzionato.