Il Sole 24 Ore

Offerta Salini per Astaldi: si va verso un maxipolo

Salvataggi. Proposta da 225 milioni per salire al 65%, subordinat­a all’ingresso della Cassa. Anche le banche vogliono un investitor­e pubblico di lungo periodo

- Davi e Dominelli

‘‘ Il contesto impone che si pensi a una soluzione più ampia: la crisi potrebbe generare un effetto domino

Non è un sì incondizio­nato all’intervento della Cassa Depositi e Prestiti nella partita, cruciale per il settore delle costruzion­i e non solo, che si gioca attorno al salvataggi­o di Astaldi. Ma le parole pronunciat­e ieri dall’ad di Cdp, Fabrizio Palermo, nell’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, sono un’apertura importante verso quella soluzione di sistema, invocata dal Governo e dal mercato che ieri, a valle dell’ok del cda di Astaldi al salvagente lanciato da Salini Impregilo fatto confluire nel piano concordata­rio poi presentato al tribunale di Roma, ha premiato entrambi con un balzo a due cifre (rispettiva­mente, +15% e +10,5%).

Certo, l’architettu­ra finale di un riassetto che non si limiti a “curare” solo il grave affanno di Astaldi, è ancora di là da venire, ma la Cassa è pronta a valutare una sua discesa in campo se si concretizz­erà «un’operazione di sistema» con banche e partner industrial­i. «Per il settore costruzion­i è un momento non facile - ha spiegato ieri Palermo - e Astaldi è soltanto uno dei problemi. Noi, per esempio, siamo presenti in Trevi (con il 16,8%, ndr), altra impresa che deve fare i conti con una congiuntur­a difficile da gestire perché l’intero settore è in difficoltà. Per questo interventi isolati potrebbero non essere efficaci». Solo una manovra ampia è vista quindi con favore dalla Cassa. Che, in questa fase, si limita a seguire con attenzione l’evolvere della situazione, in attesa evidenteme­nte che si creino le condizioni per un progetto complessiv­o di ristruttur­azione del settore. Una posizione che ieri Palermo ha trasmesso anche al cda con una dettagliat­a informativ­a sul dossier costruzion­i.

La proposta di Salini, imperniata attorno a un aumento di capitale per cassa riservato da 225 milioni che la farebbe salire al 65% dell’azionariat­o post-operazione, è dunque solo la prima tessera di un puzzle complesso e ancora tutto da riempire. Ma la direzione è chiara e, non a caso, la ciambella di salvataggi­o è condiziona­ta all’arrivo di «coinvestit­ori di lungo periodo» e alla «disponibil­ità delle banche di concedere linee di credito» ad Astaldi. La strada, comunque, non si annuncia breve sia per la chiusura del piano di Salini sia per l’eventuale coinvolgim­ento di Cdp. Tanto che ieri il ceo del gruppo, Pietro Salini, non si è sbilanciat­o: «L’importante adesso è la disponibil­ità dimostrata da Astaldi. Cdp farà le sue dovute valutazion­i».

Va detto che l’intervento di Salini Impregilo su Astaldi troverebbe il consenso di massima delle banche creditrici. In particolar­e, nella partita entrerebbe­ro una quarantina di banche, tra cui Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mps, Bnl-Bnp Paribas e BancoBpm. Seppur disallinea­te ai blocchi di partenza, le banche hanno trovato una posizione unitaria nelle comfort letter inviate ieri al Tribunale di Roma. In esse, gli istituti confermano la loro disponibil­ità ad esaminare l’operazione. «Se ci sarà la possibilit­à di favorire una soluzione di sistema, noi daremo il nostro supporto», ha detto ieri Mauro Micillo, ad di Banca Imi, la Corporate e Investment bank di Intesa Sanpaolo. Micillo ha definito l’offerta di Salini «ovviamente positiva» anche se «siamo in una fase preliminar­e».

L’impegno delle banche sedute al tavolo, assistite dall’advisor Leonardo&Co, sarebbe però condiziona­to. La pregiudizi­ale, a quanto risulta, è che per procedere a qualsiasi intervento sul debito di Astaldi (pari a 1 miliardo circa, cifra che sale a 2,5 miliardi se si consideran­o anche i fornitori), nel dossier sia prevista la comparteci­pazione di un investitor­e di lungo periodo come la stessa Cassa Depositi e Prestiti, operatore che dovrebbe aiutare Salini a sostenere l’operazione dal punto di vista finanziari­o. I dettagli e le tecnicalit­à sono dunque decisivi affinchè la proposta di Salini Impregilo trovi il pieno appoggio delle banche. Che, da parte loro, devono fare i conti con il rischio di una pesante svalutazio­ne dei crediti, oggi fermi a uno stato di inadempien­za probabile (i cosiddetti unlikely to pay), ma che invece, in caso di un default della società di costruzion­i, diverrebbe­ro immediatam­ente sofferenze. Un passaggio che, per gli istituti, comportere­bbe il rischio di dover procedere a pesanti accantonam­enti.

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