Industria aeronautica A380, gli ordini non bastano Airbus cancella il superjumbo
Bene il bilancio del 2018, l’utile netto è cresciuto a 3,054 miliardi di euro
L’attesa fine del jumbo europeo, l’Airbus 380 è arrivata ieri senza appello. Ad annunciarla è stato il presidente del gruppo di Tolosa, Tom Enders a poche settimane dalla scadenza della sua presidenza, prevista il prossimo aprile. Spetterà al suo successore Guillaume Faury il compito di gestire la chiusura degli impianti di produzione del velivolo, a partire dal 2021. A contribuire ad affossare il gigante dei cieli, con una capacità di oltre 800 passeggeri, è stata la cancellazione da parte di Emirates di 39 ordini. Un duro colpo dal momento che la compagnia di Dubai è il principale acquirente dell’A380 e con i suoi 162 ordini rappresenta il 50% della produzione, lontana dai 24 di Singapore Airlines, 14 di Lufthansa, 12 British Airways, 10 di Air France e degli altri 11 clienti.
«La conseguenza di questa decisione è che il nostro portafoglio ordini non è più sufficiente per permetterci di mantenere la produzione dell’A380 - ha detto Enders -. Gli ultimi aerei saranno consegnati entro il 2021. Nel mondo degli affari, dobbiamo basare le nostre decisioni non sulle emozioni, ma sui fatti». Per Emirates si è trattato di convertire parte delle cancellazioni degli A380 in 40 ordini di A330 neo da destinare alle rotte regionali e in 30 velivoli A350 più flessibile nel lungo raggio. Su Emirates pesa il rallentamento dei risultati finanziari e oggi fatica a riempire i grandi aerei wide-body come l’A380 e il Boeing 777 per la carenza di domanda. Se lo scambio dal punto di vista finanziario compensa le cancellazioni degli A380, per Airbus è un duro colpo alla sua immagine.
La decisione storica del produttore arriva nel momento dei festeggiamenti per i 50 anni del Boeing 747, il primo Jumbo Jet nella storia dell’aviazione civile di cui l’A380 doveva raccoglierne il testimone. Oggi il colosso americano è collocato esclusivamente nella versione cargo, ma nel corso dei suoi primi 50 anni l’iconico velivolo ha venduto 1572 esemplari - il primo fu della Pan Am - mentre l’A380 quando terminerà la produzione non avrà piazzato più di 250 aerei.
Fin dal suo esordio, arrivato tardi rispetto all’evoluzione del mercato, si capì che il modello prevalente point-to-point poco si adattava a un velivolo pensato per grandi hub, ma destinato ai pochi aeroporti che potevano accogliere le sue gigantesche dimensioni da double deck. Se i clienti sono diventati sempre più rari, è anche perché Airbus non ha voluto investire in una versione Neo meno avida di carburante.
A livello industriale, la cessazione della produzione dell’A380 non dovrebbe avere impatto sull’occupazione e i 3.500 dipendenti che al momento lavorano per il superjumbo dovrebbero essere ricollocati sulle linee di produzione A330 e A350.
La decisione storica di interrompere la produzione dell’A380, costato miliardi in termini di ricerca e di sviluppo, sovvenzionato in buona parte con fondi pubblici, ha messo in ombra i buoni risultati conseguiti dal produttore di Tolosa: nel 2018, Airbus ha registrato un fatturato di quasi 64 miliardi di euro contro i 59 miliardi di euro dell’anno precedente, con un incremento dell’8 per cento. A questo risultato si aggiunge quello dell’utile netto cresciuto del 29 per cento raggiungendo 3,054 miliardi di euro contro i 2,36 miliardi di euro nel 2017. Una crescita spiegata dalla positiva performance commerciale: l’anno scorso, Airbus ha consegnato 800 aerei e registrato 747 ordini netti. In totale, ha un backlog di 7.577 velivoli che rappresentano almeno otto anni di produzione, anche senza il gigante dei cieli.