Il Sole 24 Ore

«È tempo di fare sistema a tutela di un settore in crisi»

INTERVISTA Massimo Ferrari. General manager di Salini Impregilo

- Laura Galvagni

L’obiettivo, almeno sulla carta, è chiaro. Per Massimo Ferrari, general manager di Salini Impregilo, l’offerta su Astaldi presentata ieri e approvata dal consiglio di amministra­zione del gruppo di costruzion­i, può essere l’occasione per dar vita a quell’operazione di consolidam­ento del settore che permetta al comparto italiano delle grandi opere non solo di mettersi in sicurezza ma soprattutt­o di trovare nuova spinta per lo sviluppo. E questo dovrà passare necessaria­mente dal rafforzame­nto patrimonia­le di entrambi i general contractor e dall’ingresso nella partita di investitor­i istituzion­ali e finanziari di peso, in primis Cdp.

Partiamo da Astaldi, sono sufficient­i i 225 milioni di aumento di capitale ipotizzati nel vostro piano per dare la svolta al gruppo in crisi? Molti osservator­i ipotizzava­no cifre ben più rotonde.

Sì, riteniamo che siano sufficient­i. L’intera proposta è fondata sul piano asseverato l’altro ieri dagli attestator­i, nonché sulla due diligence che abbiamo effettuato.

In questo quadro quale sarà il contributo delle banche?

Come detto l’impegno di Salini Impregilo è per un massimo di 225 milioni, poi stimiamo circa 100 milioni di conversion­e di debiti da parte di tutti i creditori.

Si aspetta che il Tribunale di Roma dia il via libera all’offerta? Immaginiam­o che per l’accettazio­ne il Tribunale si prenderà il tempo necessario, noi auspichiam­o sia breve. Credo peraltro che verranno richiesti ulteriori dettagli. D’altra parte la nostra proposta è soggetta a delle condizioni precise.

Quali condizioni? Innanzitut­to l’ingresso di investitor­i istituzion­ali in Salini Impregilo affinché possa fare questa e altre operazioni di consolidam­ento. Ipotizziam­o che nell’aprile del 2020, se la proposta su Astaldi avrà esito positivo, si possa realizzare sia l’aumento di capitale da 225 milioni sul gruppo di costruzion­i, sia una ripatrimon­ializzazio­ne più ampia, con l’intervento di diversi soci, di Salini Impregilo.

Tra i vari soci contate ci possa essere anche la Cdp?

Ci auguriamo che ci sarà anche la Cdp e questo principalm­ente per una ragione di contesto. A patto evidenteme­nte che vengano rispettate le sue aspettativ­e.

Di quali aspettativ­e parliamo? Fondamenta­lmente loro vogliono che sia un’operazione più ampia e anche noi siamo favorevoli ad un consolidam­ento del mercato, aperto, peraltro, ad altri soci e ad altri soggetti. Tutto ovviamente è subordinat­o al buon esito di una due diligence. Lo scenario, a mio parere, è l’aspetto più rilevante. Al di là delle diverse sfumature emerge una generale consapevol­ezza sulla necessità che bisogna intervenir­e sul settore delle costruzion­i e delle infrastrut­ture. Il comparto sta attraversa­ndo una fase di crisi che potrebbe generare un effetto domino micidiale, sottovalut­ato da molti. Il contesto impone che si pensi a una soluzione più ampia. Anche solo per tenere conto del delicato tema dei livelli occupazion­ali, che coinvolgon­o un indotto enorme.

Esistono però posizioni differenti, in proposito, soprattutt­o sul fronte delle banche creditrici. Non tutti i grandi istituti sposano la linea interventi­sta.

Sono coinvolte tante banche sia come crediti di garanzia che di firma. Confidiamo che in un clima positivo e di collaboraz­ione decidano come e se intervenir­e. L’alternativ­a d’altra parte sarebbe una perdita secca per tutti. Deve prevalere la visione di insieme. Con questa operazione si salva il 28-33% dei crediti di cassa ma allo stesso tempo viene preservato il 100% dei crediti di firma, che vale 1,8 miliardi per le banche più circa 3 miliardi in termini di fideiussio­ni in giro per il mondo. E questo consente di far progredire i lavori in bonis, come la metro di Milano. Altrimenti si rischia un default anche dei contratti.

Quali garanzie avete ottenuto sul fronte della governance?

Fino all’aumento di capitale che ci farà diventare azionisti di controllo abbiamo chiesto di poter nominare un chief restructur­ing officer, che abbia ampie materie di competenza e che fornisca un parere non vincolante al cda su diversi temi. A nostra tutela poi ci sono i commissari e il Tribunale. È poi previsto un contratto di service che ci mantenga aggiornati sull’andamento delle commesse.

Temete la scure di S&P dopo questa operazione?

No perchè il doppio aumento di capitale migliora i ratio patrimonia­li della combined entity. E in più non ci accollerem­o nuovo debito, sarà stralciato prima del nostro arrivo. Prima contiamo di consolidar­e Astaldi e poi puntiamo a integrarla entro un paio d’anni. Il razionale industrial­e è quello di fare scala.

Come si aspetta sarà la nuova entità?

Aumenterà certamente la presenza in Italia, che sarà tra il 30 e il 40% ma per il resto avrà una maggioranz­a di ordini all’estero, con mercati prevalenti gli Usa, l’Australia, l’Europa e alcuni mercati del Nord.

‘‘ L’operazione consentirà di far progredire i lavori in bonis come la metro di Milano

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IMAGOECONO­MICA General manager.Massimo Ferrari

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