I CINQUE STELLE E LA SFIDA SUL RUOLO DELLE CAMERE
Il “no” dei 5 Stelle al progetto di autonomia rafforzata, non racconta solo un'altra pagina delle tensioni tra Di Maio e Salvini, o lo scontro tra due rappresentanze di elettorati diversi – il Nord della Lega e il Sud grillino – ma porta pure un nuovo elemento di differenza tra i due partiti. Se finora entrambi avevano “trattato” il Parlamento con la stessa attitudine, da ieri i Cinque Stelle si sono messi sulla linea della difesa delle Camere e contro il previsto azzeramento dei passaggi parlamentari. O meglio, secondo l'interpretazione data alle intese tra Governo e le Regioni, queste sarebbero inemendabili, quindi non soggette a correzioni. Un testo blindato, insomma, off limits per i parlamentari. E su questo si sono impuntati i Cinque Stelle che oltre contestare punti di merito del progetto, respingono anche l'idea di scavalcare il Parlamento.
Si potrebbe dire una difesa tardiva visto che dalla nascita del Governo, non si erano sentiti allarmi sulle Camere “a rischio” come invece è accaduto ieri. Basta poco per ripassare tutti i decreti da quello Dignità sul lavoro, al decreto sicurezza, a quello fiscale fino alla legge di bilancio su cui c'è stata una pubblica censura del capo dello Stato e della Consulta per il voto di fiducia e la compressione dei tempi. E pure le due misure bandiera – quota 100 e reddito di cittadinanza viaggiano su un provvedimento d'urgenza su cui è appena iniziato l'esame e che deve essere convertito entro fine marzo. Come mai, quindi, i Cinque Stelle riscoprono il ruolo delle Camere?
Non è chiaro se anche questo faccia parte di una correzione della strategia che sta impegnando il gruppo grillino dopo la sconfitta in Abruzzo. Sta di fatto che una delle difficoltà dei Cinque Stelle è che lentamente Salvini ha occupato tutti gli spazi della politica fuori dalle istituzioni, vincendo la sfida della propaganda. Solo ieri - lui che è ministro dell’Interno - ha voluto partecipare al tavolo di trattativa sul prezzo del latte su cui protestano i pastori sardi (in Sardegna si vota per le regionali il 24 febbraio) e nel frattempo faceva sapere che la Lega sta lavorando a un nuovo progetto di riforma fiscale con l’Irpef al 15 per cento. Una “macchina” di comunicazione che non si ferma mai e che è difficile da fermare se non, forse, in Parlamento dove le intese vanno trovate con la mediazione e i numeri.
Ed è quello che ora provano a fare i Cinque Stelle: bloccare o cambiare i piani di Salvini - come quello sull’autonomia - cercando di spostare le divergenze in Parlamento dove le prove di forza potrebbero avere più possibilità di successo visto il vantaggio del gruppo grillino molto più ampio di quello leghista. Tra l’altro, arginare il ministro dell’Interno sul suo stesso terreno si è rivelato perdente perfino facendo scendere in campo Di Battista, che come il leader leghista, la politica la fa fuori dalle istituzioni.
È molto probabile, poi, che sul coinvolgimento del Parlamento, Di Maio trovi la sponda del Quirinale che già ha lasciato capire le sue preoccupazioni su un progetto di riforma controverso sul piano della coesione nazionale.