Terzo round e (forse) una proroga
Il terzo round Cina-Stati Uniti si preannuncia difficile, con segnali contrastanti da parte dell’Amministrazione americana, che continua a soffiare il caldo e il freddo sull’evoluzione dei negoziati. Se da Washington il consigliere economico della Casa Bianca Larry Kudlow parlava ieri di «atmosfera positiva», una fonte vicina all’amministrazione, citata da Bloomberg, citava differenze ancora sostanziali su alcuni aspetti, a cominciare dal dossier degli investimenti. Oggi dovrebbe essere lo stesso presidente cinese Xi Jinping a incontrare i due inviati di Donald Trump. vale a dire il segretario al Tesoro Steve Mnuchin e il rappresentante al Commercio Robert Lighthizer. Ancora nessuna parola definitiva, invece, sulle indiscrezioni sempre più insistenti di una proroga di due mesi alla fatidica scadenza del 1° marzo, data oltre la quale i dazi americani del 10% già imposti su 200 miliardi di dollari di prodotti cinesi dovrebbero salire al 25 per cento. Sembra comunque chiaro che le parti abbiano bisogno di più tempo, data la complessità e l’ampio raggio delle tematiche affrontate, per chiudere un’intesa di massima ed evitare una guerra tariffaria senza ritorno. «Al momento non è stata presa alcuna decisione», ha detto Kudlow rispondendo a chi chiedeva se davvero le trattative commerciali avranno bisogno di una proroga di 60 giorni.