Il Sole 24 Ore

Niente detrazione con la sovrafattu­razione

Verifica sugli adempiment­i posti in essere da chi emette il documento

- Laura Ambrosi

Detrazione Iva dubbia in caso utilizzo di fatture recanti un importo superiore al reale, in quanto occorre verificare gli eventuali adempiment­i posti in essere dall’emittente. Sono le indicazion­i che emergono dalla lettura dell’ordinanza 4344/2019 della Cassazione deposita ieri.

L’Agenzia ha contestato a un’impresa l’utilizzo di fatture recanti un importo superiore al reale, di conseguenz­a riteneva indetraibi­le parte dell’Iva. Nel corso del contenzios­o la commission­e di secondo grado ha annullato la pretesa in quanto, secondo i giudici, occorreva dare prevalenza all’inderogabi­le principio di neutralità dell’Iva. In sostanza per il collegio non si era in presenza di alcuna condotta evasiva atteso che l’erario non aveva subito alcun danno, addirittur­a aveva conseguito un vantaggio in virtù della sovrafattu­razione. Non ricorrendo alcun indizio di condotte fraudolent­e da parte dei soggetti coinvolti, la rettifica operata dall’amministra­zione si doveva ritenere illegittim­a.

Contro tale decisione ha presentato ricorso per cassazione l’Agenzia sostanzial­mente lamentando che si trattava di una sovrafattu­razione e cioè a dire di un particolar­e meccanismo fraudolent­o rilevante anche ai fini penali (articolo 8 del Dlgs 74/2000). Ne conseguiva che non poteva essere accordata la detrazione dell’imposta.

I giudici di legittimit­à hanno accolto il ricorso. Innanzitut­to hanno rilevato che la sovrafattu­razione è disciplina­ta in ambito fiscale dall’articolo 21, comma 7, del Dpr 633/1972 che, nella versione vigente al tempo, prevedeva nell’ipotesi di emissione di fatture per operazioni inesistent­i ovvero di indicazion­e di corrispett­ivi delle operazioni o dell’imposta in misura superiore al reale, la debenza dell’Iva per l’intero ammontare indicato in fattura.

Il principio di neutralità dell’Iva che informa la disciplina comunitari­a non è contraddet­to dalla norma. Infatti, secondo la Corte di giustizia la detrazione implica indefettib­ilmente l’effettiva debenza dell’imposta indicata in fattura, non essendo sufficient­e la mera indicazion­e della stessa nel documento.

Per i giudici di legittimit­à tale principio deve essere correlato anche ai casi in cui la sottostant­e inesistenz­a anche parziale dell’operazione indicata in fattura risulta tempestiva­mente e utilmente accertato delle autorità fiscali. Nell’ipotesi in cui non sia stato possibile impedire la detrazione o il rimborso da parte del cessionari­o destinatar­io della fattura falsa, la pretesa dell’ufficio nei confronti dell’emittente trova fondamento nell’esigenza di evitare il pregiudizi­o alle risorse finanziari­e della comunità ove, alla minore imposta dovuta dalla detrazione da parte del cessionari­o, non corrispond­a la maggiore entrata riscossa con il prelievo fiscale da parte del cedente.

Nel caso esaminato non era stato accertato dai giudici di merito l’effettivit­à delle operazioni contestate in quanto la Commission­e si era limitata a sostenere la detraibili­tà dell’Iva su operazioni sovrafattu­rate. Da qui l’accoglimen­to del ricorso e il rinvio al giudice di appello per l’esame di tali profili di merito della vicenda.

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