«OGNI ITALIANO DEVE SENTIRE CHE IL PAESE È ANCHE SUO»
Claudia Parzani
DOBBIAMO SVILUPPARE UN SENSO DI APPARTENENZA. IO IN QUESTO CI CREDO
A tu per tu. La manager Claudia Parzani, reduce da Davos, dove ha «impersonato» e capito le difficoltà che hanno i rifugiati, riflette sul futuro, le imprese, l’educazione e il ruolo delle donne nella modernizzazione del Paese
Ameera ha 27 anni e due figli che le sono stati già portati via da tempo e di cui non sa più nulla. Deve tenere i capelli coperti, gli occhi bassi e parlare solo se interrogata. Gira per il campo con un portafoglino di plastica e poche monete dentro e la paura di essere fermata. Ameera è il nome scritto sui documenti consegnati a Claudia Parzani all’ingresso di “A day in a life of a Refugee” organizzato da Crossroads Foundation a Davos, in partnership con Linklaters. Per un paio d’ore lei sarà la giovane rifugiata nel viaggio nella vita dei rifugiati. «Ti trovi in un garage in cui viene riprodotto un campo profughi e con la tua nuova identità cominci una vita fatta di file, per qualunque cosa, dal mangiare ai vestiti. Vivi in tende, fuori solo spari, e se sei una donna ti capita di essere scelta e portata nella stanza del generale. Per terra c’è di tutto, preservativi, carte, liquidi. Vieni sbattuta faccia al muro e senti qualcuno che ti annusa sul collo, oppure buttata per terra con una pistola puntata alla tempia. Molti non resistono e chiedono di uscire prima. Con la simulazione si può fare, nella vita reale, invece, la condizione di rifugiato dura in media 27 anni», racconta Claudia Parzani, managing partner per l’Europa di Linklaters, presidente di Allianz Italia e vicepresidente di Borsa Italiana, al suo ritorno da Davos. L’esperienza “da rifugiata” è stata particolarmente forte, anche perché una volta tornata a casa si è trovata a fare i conti con se stessa: «Al termine del percorso gli ex rifugiati, che ti hanno accompagnato, ti danno una cartolina su cui scrivere tre cose che intendi fare per cambiare la loro condizione. La cartolina poi ti viene recapitata a casa un mese dopo in modo da metterti di fronte alla distanza che c’è tra la reazione emotiva del momento e quanto hai fatto o stai facendo». E da Davos Parzani è tornata anche con altre riflessioni: «Quest’anno, più che tematiche nuove o temi che mi abbiano sorpreso, porto a casa la percezione di una gran fatica. I traguardi sono sempre più lontani, come se andassimo lenti. Restano gli stessi obiettivi degli anni passati, basti la Brexit. E le grandi assenze non hanno aiutato, anzi pesano come i silenzi».
Nel guscio del suo ufficio, che ha poco dell’avvocato, la manager parla disegnando linee su un foglio bianco, come a voler seguire i pensieri e le riflessioni. Alle spalle un grande quadro dai colori sgargianti e di fronte alla sua scrivania un quadro altrettanto grande e colorato a firma Timoty Wilkinson, che ritrae Margaret Thatcher con un casco da pilota, sulla cui visiera è riflessa la bandiera britannica. D’altra parte i colori sono una delle cifre stilistiche di Claudia Parzani, classe 1971, a partire dall’abbigliamento raramente nero o blu scuro. Così come lo è il sorriso, l’ironia e la capacità di andare oltre, probabilmente frutto della meditazione che si concede anche nelle giornate più complesse. Giornate, che per lei, sono sempre più spesso divise fra capitali europee diverse, in una giostra di viaggi e incontri che le permettono di avere una visione di più ampio respiro. «Siamo in un momento di fragilità per l’Europa con le eterne incertezze di Brexit e le sempre più vicine elezioni europee. Penso che se la Brexit fosse stata gestita da privati sarebbe andata diversamente, perché ad oggi è già costata troppo», sottolinea Parzani, per la quale bisogna guardare ad orizzonti più ampi un po’ come quando da piccola si arrampicava sugli alberi nelle campacne della Franciacorta: «Ho incontrato diverse famiglie asiatiche, che hanno costruito imperi imprenditoriali nel giro di una manciata di anni e crescono a tassi di miliardi all’anno».
Appassionata di vintage, tanto che ovunque si trovi si alza all’alba per girare fra le bancarelle di mercatini dell’antiquariato, Parzani negli anni si è professionalmente specializzata in equity capital market e M&A e guarda ai mercati con la lente della finanza: «C’è molta attenzione degli investitori istituzionali nei confronti dell’Europa. Nel prossimo futuro il campo di gioco sarà sempre più quello globale anche per le imprese che saranno portate a fare più operazioni di merger and acquisition crossborder. La spinta è per una dimensione più europea e meno legata al mercato domestico». Eppure in Italia il discorso è diverso e Parzani, che respira aria di imprenditoria italiana grazie al papà da quando è nata, osserva: «Gli imprenditori italiani sono eccellenti battitori liberi spesso non attratti dall’idea di fondersi con altre realtà industriali. Da qui la difficoltà di consolidamenti. Pensiamo solo all’esempio delle fiere: in Germania aziende dello stesso comparto collaborano e affrontano questi eventi unendo le forze, da noi invece risulta impensabile andare alle manifestazioni con un nostro competitor per abbattere costi. Dovremmo fare iniziative di aggregazione per essere più forti una volta che andiamo sui mercati internazionali. Anche perché il 2019 non sarà un anno semplice a livello industriale e di accessibilità ai mercati azionari. Proprio per questo si dovrebbero valutare aggregazioni per avere la possibilità di dare respiro alle aziende. Una nuova spinta in questo senso potrebbe venire dalle imprese familiari, da cui mi aspetto un nuovo rifiorire nei prossimi anni grazie anche a molti cambi generazionali e a una crescente internazionalizzazione», sottolinea Parzani, che aggiunge: «Un nodo fondamentale resta poi quello della capacità di avere validi piani di successione dei vertici aziendali e governance ben strutturate, come ad esempio in Allianz Italia».
Linklaters, Allianz Italia, Borsa Italiana. Un tris di ruoli che farebbe perdere il sonno a molti, ma nel caso di Claudia Parzani non è così perché gli spazi della vita privata e della famiglia sono sacri e servono a rigenerarsi. Un equilibrio difficile, che si mantiene solo dedicandosi del tempo, come quando in aereo al posto di lavorare legge l’ultimo libro di Gabriele Romagnoli o quando da sola canta a squarciagola le canzone di Raffaella Carrà e di Jovanotti. E poi ci sono le persone: l’interesse per l’umano la porta a creare connessioni impensabili che mischiano lo statista con l’artista, la manager con l’attrice. D’altra parte Claudia Parzani ha sempre lavorato per costruire network sia nel suo lavoro sia nel suo impegno associativo. Ne è un esempio la sua esperienza alla presidenza di Valore D, ruolo che ha interpretato per la costruzione di una rete fra aziende oltre che fra talenti femminili. «Ci sono ambiti, come la presenza delle donne nei consigli di amministrazione, in cui l’Italia a livello europeo è stata tra i Paesi che ha fatto da apripista sulle tematiche di genere. La legge Golfo-Mosca ha portato una vera rivoluzione anche culturale posizionando il nostro Paese fra i più virtuosi a livello internazionale in questo», commenta l’avvocata. Per la legge, che scadrà nel 2022, è stata avanzata una proposta, a prima firma di Cristina Rossello (Fi) con adesioni trasversali, per la proroga di 3 mandati di rinnovo dei cda: «Sulla proposta di reiterazione della legge 120 del 2011 per altri tre mandati bisogna ricordare che la legge era stata pensata fin dall’inizio come temporanea e abbiamo fatto bene a scriverla così. Ora gli obblighi di legge sono stati raggiunti e Borsa Italiana ha anche inserito delle raccomandazioni in questa direzione nel codice di autodisciplina per andare ben oltre gli obblighi della norma. Inoltre ci sono aziende virtuose come Enel che hanno fatto delle scelte interne inserendo la norma nel proprio statuto e altre società stanno lavorando in questa direzione. Forse in questo momento, quindi, bisognerebbe puntare sull’autodeterminazione delle aziende che dovrebbero scegliere, in maniera indipendente, di garantire la diversità nei propri board». Per la manager è il momento di allargare lo sguardo e cercare di dare opportunità ad un numero più grande di donne: «Dirigerei le energie sui cambiamenti culturali contro gli stereotipi della ragazze. In seconda battuta, poi, lavorerei sulla crescita dell’occupazione femminile, che in Italia resta inchiodata attorno al 49 per cento. Ora bisogna ripartire dalle giovani e assicurare loro un percorso più equo per poter cambiare i numeri nel lungo termine a tutti i livelli professionali».
La restituzione. Alle giovani e ai giovani, appunto, per dare loro un futuro. E lei lo fa in prima persona: «Non nego 15 minuti a nessuno. Che mi chieda un incontro un neolaureato o una persona che ho conosciuto all’evento, io fisso l’appuntamento costringendo la mia segretaria a fare lo slalom fra gli impegni della mia agenda. Credo sia fondamentale l’apertura agli altri e la gentilezza. Per le mie tre figlie mi auguro che abbiano radici solide per saper volare ed essere felici portando il sorriso nella vita degli altri». I bambini e i ragazzi sono il futuro a cui Parzani si dedica anche attraverso il progetto Inspiring Girls di Valore D, con il quale entra nelle scuole. Perché è proprio dall’educazione che a suo avviso bisognerebbe ripartire: «Fra i temi fondamentali per il futuro dell’Italia c’è innanzitutto l’educazione, per andare oltre gli stereotipi e prepararsi al lavoro di domani. E possono fare la loro parte anche le imprese private: Allianz, ad esempio, ha sviluppato Dualità ScuolaLavoro, che integra formazione e occupazione con l’assunzione di 30 giovani ogni anno con contratto di 2 anni di apprendistato part-time al 30%. Solo in questo modo si potrà permettere ai talenti di fare scelte adeguate». Nell’ottica del futuro del Paese, poi, «la seconda direttrice su cui lavorare è quella del sostegno alle Pmi con investimenti mirati per il loro sviluppo, mentre la terza cosa che può essere determinante per il futuro dell’Italia è la capacità di coinvolgere gli italiani, ognuno per quello che può e sa. Bisognerebbe dare un messaggio semplice ma potente: “Questo Paese è tuo”. Nella mia esperienza associativa ho imparato che le persone sono spesso meravigliose e sono pronte a fare la propria parte se lo si chiede loro nell’ottica del bene comune. Dovremmo sviluppare un senso di appartenenza. Ognuno può portare il cambiamento nel proprio ambito. Io ci credo».